Cercasi Barack

Creato il 16 febbraio 2011 da Fugadeitalenti

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Barack Obama taglia 1100 miliardi nella Manovra americana. L’obiettivo è una riduzione drastica del deficit. Ma non dimentica tre settori, dove continuare invece a investire: 1) scuola/istruzione (13 miliardi di finanziamenti aggiuntivi, assunzione di 100mila nuovi insegnanti); 2) ricerca; 3) infrastrutture.

Cambiamo scenario, veniamo al’Italia: la crisi pesa molto nel budget 2011 del Belpaese (dati della Ragioneria Generale dello Stato). Quest’anno gli stanziamenti pubblici faranno segnare un -4,8% nelle spese per l’istruzione scolastica; un -7,5% in ricerca e innovazione; un -41,9% per le infrastrutture. Male anche i beni culturali (-11,3%), lo sviluppo delle imprese (-18,1%), mentre l’università fa segnare un asfittico +1,2%. Unico segnale positivo: raddoppiano significativamente il budget le spese destinate alle politiche per il lavoro, che passano a 5678 miliardi (+108,2%). Purché non si dedichino solo a difendere l’esistente, ma a incentivare la creazione di lavoro nuovo, per i giovani… new jobs, new money.

Quale Paese guarda al futuro, e quale naviga nell’incerto destino del presente? Eppure basterebbe così poco, per far resuscitare un Pil italiano inchiodato -nel 2010- al +1,1%. Secondo “Il Sole 24 Ore”, una politica di liberalizzazioni reale porterebbe a un incremento del Pil compreso tra una forbice del 2,3-2,7% nel 2011, e fino al 3% nel 2012 (!)

Toc toc, dov’é il Governo? Basta cambiare tre articoli costituzionali (come fatto sei giorni fa), per avviare la ripresa? Quella di oggi è un’Italia che gioca in difesa, screditata a livello internazionale da scandali sessuali che insultano il concetto stesso di “meritocrazia”, nonché di selezione della classe dirigente. Il punto più basso toccato nella storia recente del nostro Paese, forse ancora peggiore rispetto a Tangentopoli.

C’è una speranza, esiste una speranza? . Quello che viviamo oggi è il passato. Il futuro non potrà che essere diverso. E per costruirlo serviranno i giovani che oggi sono all’estero, o che ancora oggi stanno fuggendo all’estero. I nostri “Barack”.

Forse l’Italia tornerà, un giorno, ad essere un Paese per loro. E avrà tanto bisogno della loro esperienza e voglia di ricostruire. Almeno così speriamo.