26 GENNAIO – E se la Bellezza non riguardasse solamente le persone, il modo in cui si abbigliano e gli accessori che indossano, ma anche i paesaggi nei quali vivono?
Questo il punto di partenza del Convegno tenutosi sabato 24 alla Fiera di Bergamo, organizzato dalla Fondazione Italcementi, su “Rammendo e rigenerazione urbana per il nuovo Rinascimento“: “Siamo in un Paese straordinario e bellissimo, ma allo stesso tempo molto fragile. E’ fragile il paesaggio e sono fragili le città, in particolare le periferie. Ma sono proprio le periferie la città del futuro, quella dove si concentra l’energia umana e quella che lasceremo in eredità ai nostri figli. C’è bisogno di una gigantesca opera di rammendo e ci vogliono delle idee“. Queste le parole di Renzo Piano, senatore a vita per meriti architettonici, fondatore del “Metodo Piano – Gruppo G124“, per il rammendo e la rigenerazione, con dei bandi anonimi in rete che hanno selezionato giovani architetti italiani per un progetto di rinnovo delle periferie, ritenute appunto il futuro delle nostre città.
Non se ne possono costruire delle altre se si vuole rispettare il principio di sostenibilità ambientale; quindi bisogna rinforzarle, costruendo sul costruito. Ovvero è necessario costruire per “implosione” e non per “esplosione”, intensificando i centri abitati già esistenti nelle periferie delle nostre grandi città. Quando si parla di metropoli si pensa spesso a Los Angeles. Questa enorme città ha un’estensione territoriale equivalente allo spazio compreso tra Milano, Torino e Genova, quindi molto lontana dal panorama italiano; ma l’ottica della sostenibilità vede proprio un futuro fatto di città italiane che possano diventare metropoli, includendo quelle che oggi vengono considerate come delle periferie degradate o quartieri malfamati. I centri storici di oggi sono belli e fotogenici ma stanno diventando sempre più degli shopping center, cioè dei semplici luoghi di consumo; la campagna invece si è degradata perché si è persa quella che era la cultura della campagna, che dovrebbe invece recuperare il suo fascino bucolico e pànico.
In seguito alla Bolla Finanziaria e alla Politica Immigratoria – secondo l’analisi di Gemellino Alvi, scrittore ed economista – su 17 milioni di ettari agricoli in Italia se ne sono persi 5 milioni in quarant’anni per via dell’urbanizzazione, dei quali solamente negli ultimi dieci anni ben un milione e mezzo per costruire capannoni industriali. Su questi dati e sull’analisi dettagliata del territorio lombardo si basa il “Progetto RIFO” per rifare le città, a cura della Professoressa Ordinaria di Geografia dell’Università di Bergamo Emanuela Casti e il suo gruppo di Ricerca. L’edilizia popolare costruita tra gli anni Cinquanta e gli anni Ottanta è infatti priva di norme di sicurezza e igienico-sanitarie alle quali si associano estese aree dismesse obsolete. Il progetto prevede di poter far spostare gli abitanti di certe periferie per ricostruirle nel frattempo e farli poi tornare una volta realizzati i lavori. L’obiettivo sarebbe quindi quello di restituire suolo rigenerando le città. Ma il rammendo e la rigenerazione delle periferie è possibile se si riesce a darne un valore economico e sociale ma anche e soprattutto se a questo si associa la volontà di chi ci abita di pensare al futuro: le politiche urbane devono essere accompagnate da politiche di accompagnamento e il business deve compendiare le convenienze economiche a quelle sociali, come sostiene il Professore Ordinario di Politica Economica dell’Università di Parma Francesco Daveri, economista ed editorialista del Corriere della Sera.
Si tratta quindi di una socialità alla base dell’urbanistica, dell’architettura e delle costruzioni. A Los Angeles non hanno la cultura del mangiare insieme come si sente in Italia, uno dei primi Paesi in Europa per la sua produzione agricola e uno dei più rinomati per i suoi vini; e in questo verte la sensibilità legata all’alimentazione e sostenibilità di Expo: il nutrirsi insieme, convivendo insieme in un ambiente ecosostenibile.
Gloria Girometti
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