Cervelli plastici

Creato il 24 settembre 2010 da Gianluca1
Da tempo si sa che l'attività fisica fa bene al corpo: consente una maggiore ossigenazione dell'organismo, mantiene giovani i tessuti, abbassa la pressione, rinforza le ossa… Quel che però non si sapeva è che l'attività fisica ha un'influenza diretta anche sul cervello. Stando, infatti, alle conclusioni di un team di studiosi americani, lo sport effettuato con giudizio e continuità, migliora notevolmente le capacità cognitive e mnemoniche di una persona. Non solo. Le ultime ricerche dimostrano che, addirittura, un individuo che pratica regolarmente sport, fa sì che il suo cervello possa addirittura accrescersi. È questo il succo di una ricerca condotta dagli esperti dell'University of Illinois (USA). Gli studiosi hanno coinvolto 49 bambini di età compresa fra 9 e 10 anni. Ad ognuno di essi è stato chiesto di compiere degli esercizi fisici sul tapis roulant. Alla fine il cervello dei piccoli è stato esaminato con la risonanza magnetica e messo a confronto con quello di bambini inattivi. L'esito ha lasciato sbalorditi gli stessi scienziati: il cervello di chi pratica attività fisica, infatti, è risultato più grande del 12% rispetto a quello dei bambini sedentari. Secondo gli esperti il riferimento è specificatamente a un'area del cervello legata alle funzioni mnemoniche e all'apprendimento: l'ippocampo. Precedenti studi avevano, infatti, dimostrato che l'assenza di questa area cerebrale crea profondi disagi legati alla memorizzazione degli eventi. In sostanza nei bambini che fanno sport l'ippocampo è decisamente più ampio rispetto alla norma e questo fa sì che il loro rendimento scolastico sia migliore di quello degli altri compagni. È il contrario di ciò che avviene nel cervello degli insonni, dove, si è visto, la massa neuronale tende a ridursi. Da un recente studio pubblicato sulla rivista Biological Psychiatry emerge che la carenza di sonno predispone all'atrofia di varie strutture cerebrali. Con ciò i ricercatori suggeriscono l'importanza di indirizzare il più presto possibile i propri figli verso una disciplina sportiva, di cui poi beneficerà per tutta la vita. "È la prima volta che arriviamo a conclusioni di questo tipo tramite la risonanza magnetica", affermano i ricercatori americani sulla rivista Brain Research. "Prima d'ora si poteva solo ipotizzare un fatto del genere". Gli esperti hanno anche analizzato il cervello d'individui appassionati di videogiochi e anche in questo caso è stato riscontrato un aumento del volume di particolari aree cerebrali: nucleo accumbes e nucleo caudato. Su PNAS invece s'è parlato del fatto che l'attività fisica è in grado di facilitare la produzione di fattori di crescita neuronale, capaci di riparare gravi danni cerebrali: test sui roditori hanno evidenziato che i "topi sportivi" presentano maggiori concentrazioni di "neurotrofica", proteina che - prodotta durante un esercizio fisico - favorisce la rigenerazione di fibre nervose. In generale, comunque, il beneficio sportivo per il cervello va allargato anche ad altre classi di età. Tenuto conto del fatto che dai 20 ai 45 minuti di attività fisica al giorno, regala migliori prestazioni mnemoniche e cognitive a qualunque persona. Accade anche con la meditazione. Ad Harvard hanno, infatti, verificato che la meditazione può influire sulla anatomia del cervello, coinvolgendo soprattutto aree cerebrali legate all'attenzione e all'acquisizione di stimoli sensoriali: questi distretti anatomici subirebbero un ispessimento, direttamente legato al buon funzionamento dei processi emozionali. Ma un cervello più grande potrebbe anche preservare da malattie gravi come l'Alzheimer? Per ora è solo un'interessante ipotesi, che abbisogna di ulteriori approfondimenti. Qualcosa, in ogni caso, è già stato fatto. Lindsay Farrer, infatti, della Boston University School of Medicine, ha osservato attentamente il cervello di 300 anziani malati di demenza, evidenziando una netta correlazione fra grandezza del cervello e malattia neurodegenerativa. In particolare la studiosa ha rivelato che la progressione di malattie come l'Alzheimer è meno evidente in chi ha il cervello più ampio. In pratica in questi soggetti l'atrofia cerebrale va più a rilento e sconvolge meno la vita di un paziente: "Una testa più grande contiene più cellule nervose e più connessioni fra le singole cellule", afferma Robert Perneczky, collega di Farre, "ci vuole perciò più tempo prima che vanga oltrepassata la soglia del danno neurologico".

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