L’uomo è un potente onorevole del Pdl detto «a’ Purpetta». Da sempre legato a Cosentino, è indicato da un pentito come fiduciario della camorra.
Presidente della Provincia di Napoli…..forse intendeva Diktat?
Ma chi e’ Luigi Cesaro?
Lo dico, lo chiedo da tempo: può essere un caso che i vertici della destra campana, cioè Cosentino, Cesaro, Landolfi siano tutti imputati per collusione con la camorra, tutti nell’ambito del traffico dei rifiuti?
E può essere una coincidenza l’attuale profilarsi di una nuova emergenza, gli scontri a sulla discarica di Terzigno, il ritornale alla munnezza per strada?
Spero che almeno ora le gente apra gli occhi e la smetta di votare certe persone. Altrimenti poi la smettano di lamentarsi della munnezza, delle discariche a cielo aperto senza controlli nè sicurezza, della delinquenza, della mancanza di soluzioni ai problemi.
Ma che risposte potrebbe mai dare un Cesaro?
Gli amici lo chiamano Giggino ‘a purpetta (la polpetta). Per la sua riconosciuta voracità (e abilità) nelle frequenti spartizioni di posti e prebende. Lui fa il modesto. E minimizza i complimenti. Confonde Marchionne con Melchiorre, uno dei re Magi. Pronuncia Fiàt alla francese (o quasi). E sottolinea che il «pobblema, credetemi amici, è serio e impottante».
Le sue interviste, poche ma solenni, spopolano su Youtube, cliccate sull’onda di un linguaggio irresistibile e una grottesca comicità.
Contestato, discusso, pluri-accusato dai pentiti di camorra e da imprenditori vicini ai clan che lo definiscono «organico» prima al boss Raffaele Cutolo, fondatore negli anni Ottanta della Nuova Camorra Organizzata, e poi ai Casalesi.
L’OMBRA DEI CLAN. Eppure, finora, non è mai stato rinviato a giudizio. Nonostante un arresto, una condanna a cinque anni di reclusione azzerata in appello dal giudice Corrado Carnevale, decine di storie criminali in cui compare e ricompare il suo citatissimo cognome.
Un tenente colonnello dei carabinieri, Antonio Sessa, in un’informativa lo ha definito «un uomo di cattiva condotta morale e civile, che è solito associarsi a pregiudicati di spicco della malavita organizzata».
È a quest’uomo, Luigi Cesaro, 58 anni, avvocato di sant’Antimo, paese di 33 mila abitanti a nord di Napoli, ex dipendente Asl, fornitore ufficiale di mozzarelle di bufala (spedite ogni settimana, in confezioni da venti chili) per il presidente Berlusconi, che lo Stato italiano ha affidato il compito di escogitare una soluzione (temporanea) al dramma rifiuti di Napoli e dei suoi 92 Comuni limitrofi.
Uomo di Cosentino e imprenditore edile alla disperata ricerca di una discarica
Parlamentare, presidente della provincia di Napoli, coordinatore provinciale Pdl, Cesaro è una formidabile macchina di consensi (e di tessere). Oggi gode di pieni, assoluti poteri sul tema rifiuti. Il suo compito, in questo momento, è di individuare una discarica. E deve farlo subito, perchè si avvicina la primavera e sono già diecimila le tonnellate di immondizia accumulate in strada.
Ma tutti i sindaci finora gli hanno risposto picche. E lui è in difficoltà. Anche perchè dal palazzo della Regione il governatore Stefano Caldoro, che è targato Pdl ma è nemico di Cosentino (detto dai pentiti Nick ‘o ‘mericano), che è lo sponsor di Cesaro, non gli sta danto per niente una mano. Anzi, sta lì immobile a guardare i rifiuti che si accumulano e le sue difficoltà.
NOMINA PARADOSSO. C’è chi ha osservato allarmato: «Siamo al paradosso: vi sembra normale che proprio nelle mani del politico locale più citato dai pentiti venga affidata la soluzione del problema più drammatico, quello in cui più consistenti appaiono gli interessi milionari dei clan di camorra?».
Famiglia di imprenditori edili, quella di Cesaro. Tanti fratelli, molto uniti e compatti. A Sant’Antimo hanno investito nell’Igea, mega-centro poli-diagnostico. E nella Polisportiva, cittadella dotata di palestre, piscine e campi di calcio dove perfino il Milan alloggia prima delle partite contro il Napoli. Se ti ammali, ti cura l’Igea. Se guarisci, ti ritempra la Polisportiva. Sant’Antimo non ha semafori. Nemmeno uno. Le strisce blu sono ormai scolorite. Non si vedono vigili urbani.
I RIFIUTI DI SANT’ANTIMO. «Qui vige libertà di parcheggio», c’è scritto su un muro all’ingresso del paese. E non solo. Raccontano “divertiti” che in campagna elettorale la compravendita dei voti avviene davanti ai supermercati, alla luce del sole, come a un’asta con tanto di banditori.
Il paese del leader cui è affidata la soluzione del problema rifiuti è letteralmente sommerso dai rifiuti. Perchè di raccolta differenziata qui non esiste traccia. Non solo. Il 7 novembre del 2010, «per risparmiare», il sindaco amico di Cesaro ha azzerato l’assessorato all’igiene. Cioè proprio quello che si occupa dei rifiuti.
Nel contempo, c’è chi mostra meraviglia per i 500 mila euro spesi per remunerare i membri delle commissioni consiliari. Un mare di commissioni. E di denaro. Eppure, a Frattamaggiore e a Grumo Nevano, paesi limitrofi, non si trova una carta in strada.
Qui la differenziata è al 70 per cento. Da molto tempo.
Cesaro, l’ombra della camorra
di Claudio Pappaianni da L’Espresso
Arrestato come uomo di Cutolo, condannato e poi assolto nonostante i rapporti con il boss. Il passato di Cesaro, il deputato che guida la Provincia di Napoli
(19 novembre 2009)
Da don Raffaè a Berlusconi, da messaggero di “lady camorra” Rosetta Cutolo a corriere di bufale per Silvio Berlusconi. Luigi Cesaro, presidente della Provincia di Napoli, vive da sempre all’ombra di qualcuno. Nel bene e nel male. Finito in carcere a metà degli anni Ottanta per i suoi rapporti di «amicizia con tutti i grossi esponenti della Nuova Camorra Organizzata in sigla N.c.o», il leader del Pdl napoletano vede oggi materializzarsi scenari cupi per le nuove rivelazioni dei pentiti. Stavolta i clan sono diversi – nei verbali degli ultimi mesi si parla di Casalesi – il tema però è lo stesso: l’intreccio tra criminalità, politica e cemento. Una sorta di déjà vu per l’uomo che da gennaio avrà il controllo della gestione dei rifiuti a Napoli e provincia. Il cui curriculum giudiziario è rimasto finora dimenticato negli archivi.
Il blitz
Quando gli uomini della squadra mobile di Napoli bussarono di notte alla sua porta, lui era già lontano. Passò qualche giorno prima che si presentasse in Questura: «Sono Luigi Cesaro di Francesco, nato a Sant’Antimo il 19 febbraio 1952». Quello del 1984 fu il compleanno più amaro per l’attuale presidente della Provincia di Napoli, coinvolto nell’operazione della polizia contro i cutoliani, all’epoca l’organizzazione criminale più famosa, che si era infiltrata negli appalti del dopo terremoto in Irpinia e aveva gestito assieme ai servizi segreti le trattative con le Brigate rosse per la liberazione del presidente dc Ciro Cirillo. Cesaro era un giovane avvocato, rampollo di una dinastia di costruttori. Ma due pentiti, Mauro Marra e Pasquale D’Amico, lo chiamano in causa. Marra sostiene che aveva «favorito i collegamenti tra i vertici della N.c.o.» e «ripetutamente finanziato» il gruppo camorrista. Accuse pesanti: aver garantito l’ospitalità, la latitanza, gli spostamenti dei boss e aver fatto da postino del clan, consegnando lettere e pizzini. Diciotto mesi dopo, il 18 maggio del 1985, il Tribunale di Napoli condannava Luigi Cesaro a cinque anni di reclusione.
Da accusato a vittima
In Appello Cesaro riuscì a far prevalere la sua versione dei fatti: non era il finanziatore del clan, si difese, ma solo una vittima. Le continue richieste degli “amici” erano diventate insopportabili per i Cesaro, costruttori in continua espansione in quegli anni. Ma l’attuale presidente della Provincia non si rivolse alle forze dell’ordine: chiese aiuto direttamente a Rosetta Cutolo, sorella di don Raffaele, come lui stesso ammise durante il processo. «Il Cesaro – scrivono i giudici nella sentenza di secondo grado – ha spiegato che al fine di sottrarsi alle pesanti richieste estorsive del gruppo di Pasquale Scotti (ammesse dal Marra) chiese i buoni uffici di Rosetta Cutolo la quale inviò una lettera di “raccomandazione” allo Scotti». Siamo negli anni della mattanza di camorra in Campania: 1.500 morti ammazzati tra il 1978 e il 1983 nella guerra tra i cutoliani e i rivali della Nuova Famiglia. ‘O Professore è in isolamento all’Asinara: il clan, decimato dal maxi-blitz del giugno 1983, è nelle mani proprio di Pasquale Scotti. Che è latitante, come donna Rosetta, quando Cesaro gli consegna personalmente la “lettera di protezione”. Ma secondo la Corte d’appello le prove per dimostrare che Cesaro fosse a tutti gli effetti organico alla N.c.o. non sono sufficienti: il 29 aprile 1986 viene assolto. I giudici però non nascondono i loro sospetti: «Il quadro probatorio relativo alla posizione del Cesaro non può definirsi tranquillante». E ancora: «Il dubbio che l’imputato abbia, in qualche modo, reso favori ai suddetti personaggi per ingraziarseli sussiste e non è superabile dalle contrastanti risultanze processuali». Un anno dopo arriverà l’assoluzione anche in Cassazione: «Per non aver commesso il fatto ». Firmato: Corrado Carnevale.
Il presidente postino
Quell’incontro fra Cesaro e il latitante Scotti era stato raccontato dallo stesso boss, dieci giorni dopo il suo arresto avvenuto il 17 dicembre 1983 dopo un violento conflitto a fuoco. Confessioni che, tuttavia, non sono mai entrate nel procedimento aperto contro il giovane avvocato. Scotti non era uno qualunque: capo del gruppo di fuoco della N.c.o. al quale furono attribuiti più di 40 omicidi, era diventato il reggente del clan di Cutolo. Cesaro lo incontrò nel mese di ottobre del 1983, quando era il ricercato numero uno. Poche settimane dopo Scotti fu sorpreso e catturato. È il 28 dicembre 1983 quando il boss parla negli uffici della Questura di Caserta: «Circa un mese, un mese e mezzo fa, ricevetti un biglietto tramite l’avvocato Cesaro di Sant’Antimo, figlio del costruttore Francesco Cesaro, il quale a sua volta l’aveva ricevuto dalla suocera di Raffaele Cutolo». Non dice nulla sulla presunta “raccomandazione” da parte di donna Rosetta in quelle righe: ignora cioè la versione che Cesaro darà ai giudici e che gli garantirà l’assoluzione. Secondo il racconto del boss, il messaggio consegnato nelle sue mani da Cesaro indicava solo il luogo per un appuntamento telefonico con Raffaele Cutolo che avrebbe poi chiamato dalla Sardegna C’era da organizzare la fuga di Marco Medda, altro nome leggendario di quella stagione sanguinosa, che mitra alla mano poi tenterà di risollevare con Scotti le sorti dell’armata cutoliana.
La scalata al potere
Un anno dopo quel racconto, Pasquale Scotti riuscì a evadere e a oggi resta il più longevo latitante di camorra. Per Luigi Cesaro, invece, dopo l’assoluzione è iniziata una lunga scalata al potere, accompagnata negli anni dalla crescita esponenziale degli affari di famiglia che, mattone su mattone, ha cementato rapporti con il territorio fino a estendere i propri interessi alla provincia di Caserta. Soldi, cemento e consenso: per Cesaro l’ingresso in Forza Italia diventa un approdo naturale. Dal 1996 sarà eletto tre volte alla Camera e una volta a Strasburgo. Ma, soprattutto, conquista nel tempo un solido ascendente su Silvio Berlusconi, a suon di tessere e mozzarelle freschissime fatte consegnare ad Arcore. Così nessuno osa opporsi un anno fa alla sua candidatura alla Provincia, dove Giggino raccoglierà più voti del Cavaliere. Una campagna bulgara, con città e provincia tappezzate di manifesti giganti con l’immagine sua e del premier sorridenti. Lo slogan era: “Riprendiamoci la dignità”. E l’unico imperativo del suo staff per non perderla davvero resterà quello di limitare al minimo i comizi, per nascondere l’accento e il lessico approssimativo sottolineato in decine di video rilanciati su YouTube. Ma gli elettori lo premiano e Cesaro stravince, festeggiando per giorni. A Sant’Antimo il bar Eiffel offrirà mille caffè gratis; poi la celebrazione di Bagnoli, con un party per oltre 10 mila persone fra torte, spumanti e fuochi d’artificio. Sul palco per acclamarlo si schiera tutto il Pdl campano, a partire dagli amici Nicola Cosentino e Mario Landolfi. Mancherà solo Berlusconi, che pure concludeva sempre le sue incursioni napoletane a cena con Giggino: un’abitudine che si è interrotta bruscamente dopo la festa di compleanno di Noemi a Casoria, feudo elettorale di Cesaro.
Come presidente della Provincia, costruisce una squadra ricca di professionisti. C’è pure uno dei legali di Sandra Mastella, Severino Nappi, che un anno prima era nella segreteria provinciale dei Ds. Come assessore alla legalità sceglie Franco Malvano, il capo della squadra mobile che lo aveva arrestato nell’84.
Uno dei tre pm che emisero l’ordine di cattura, invece, Arcibaldo Miller, oggi capo degli ispettori del ministero della Giustizia, ha fatto da testimone di nozze al fratello Aniello. Il segno che le frequentazioni del passato sono state dimenticate.
fonti : http://www.altrestorie.org/print.php?news.2629
https://infosannio.wordpress.com/2011/02/10/giggino-a-purpetta-chi-e-cesaro-luomo-dellemergenza-rifiuti-a-napoli/