Dopo Fortapàsc, Marco Risi torna dietro la macchina da presa per girare un noir classico, che progressivamente diviene sempre meno invitante.
Corso è un investigatore privato che sta tenendo d’occhio il sedicenne Tommaso, figlio dell’ex-attrice Michelle e sua ex (fugace) amante. Quando il ragazzo è coinvolto in un incidente anomalo, Corso comincia a indagare e scopre che lo stesso giorno è stato trovato il cadavere di un ingegnere. Che i due delitti siano collegati?
Noir moderno, Cha cha cha mette in mostra una Roma cinica, grigia e oscura, attraversata da intrighi, giochi di potere e intercettazioni. E Risi sposa il classicismo e si fa carico di qualsiasi stereotipia faccia parte del genere, a partire dalla costruzione narrativa, che ostenta l’eroe, la bionda e i cattivi. Non importa se i cattivi sono servitori dello Stato o affini, la pellicola diretta da Risi difficilmente riesce a mantenere alta la tensione. Difatti il regista, inizialmente, affronta l’adolescenza difficile e burrascosa di Tommaso, per poi rendere funzionale la sua uccisione per andare a indagare (nemmeno troppo a fondo) in marce relazioni tra uomini di potere (avvocati miliardari) e lo Stato (polizia). A cercare la verità c’è un investigatore, un eroe romantico che sfoggia come (super)poteri la moralità, l’onore e la tenacia nel non voler consegnare la sua vita e il suo paese in mano a chi calpesta ogni giorno le nostre leggi e le nostre coscienze. Risi rende tutto questo molto edificante, ma il film si perde per strada, facendosi sempre meno accattivante e coinvolgente. Le scene si susseguono in modo piatto e incolore, mantenendo sullo sfondo una Roma notturna, invisibile e surreale.
L’impressione di fondo è che Cha cha cha sia un film abbozzato, nel quale vengono sfiorati tanti temi e argomenti cari all’attuale situazione italiana, senza realmente voler mettere il dito nella piaga e girarlo dolorosamente. Lo spettatore si aspetta che si condannino in modo più deciso gli affari sporchi e gli intrighi politici dei quali Cha cha cha si fa portatore (in)sano. E invece quello che rimane in modo indelebile è esclusivamente l’approccio alla vita e alla verità da parte di Corso (un Argentero che si limita a svolgere il compitino), con i suoi dubbi, la riemersione del suo passato e il rapporto controverso con la sua cliente Michelle (ex-attrice interpretata da Eva Herzigova, che dimostra come le rughe non la invecchino, ma anzi la rendano ancora più affascinante). Non c’è quell’impegno civile che si palesava vividamente in Fortpàsc, ma solo qualche ripresa dall’alto, che ricorda quell’ultimo viaggio di Giancarlo Siani verso la morte. Risi figlio è sempre stato un autore eclettico e versatile e ha spaziato in molti generi cinematografici; è passato dalla commedia para-demenziale (Vado a vivere da solo) ai racconti trash e grotteschi (L’ultimo capodanno), dai film biografici (Maradona – La mano de Dios) a quelli d’inchiesta (Il muro di gomma). Il noir non è chiaramente il suo genere, perché il regista non riesce a plasmare in modo convincente una verità generica, necessitando della verità storica, quella che si può raccontare con passione e coinvolgimento. Infatti Cha cha cha si rivela monocorde e sbiadito; una pellicola che non suscita nello spettatore la curiosità e quel sano istinto indagatore, immediatamente smorzato dall’esibizione di un caso prevedibile, che ostenta un finale (quasi) consolatorio.
Uscita al cinema: 20 giugno 2013
Voto: **