“Se non invii questa mail a quattro amici morirai”
Quante volte abbiamo ricevuto una mail del genere… o un sms dello stesso tenore?
Ecco… in Chain Letter si muore davvero… questa l’idea inquietante ma non certo originalissima di Deon Tyler.
Gli studenti di un college iniziano a ricevere la classica catena di Sant’Antonio, con la differenza che chi decide di cestinare il noioso messaggio muore veramente, e con modalità alquanto articolate e dolorose.
Solo dopo una serie di omicidi per tutti misteriosi sarà Jessie ad intuire il legame tra gli eventi e a provare a trovare una soluzione con l’aiuto di un ispettore di polizia.
Il film non è obiettivamente un capolavoro ma è innegabile che dentro ci siano diverse cose buone.
Insomma la sequenza della doccia mutuata da Psycho con cui si apre Chain Letter fa temere peggio di quello che poi invece vediamo.
La tensione infatti non manca, come anche gli aspetti thriller dovuti al tentativo di raggiungere il cattivo (o i cattivi) di turno.
Le cose migliori sono però le sequenze degli omicidi con le catene ampiamente protagoniste (e non sfugga il giochino sul significato di “chain”, anche in italiano catena sia fisica che virtuale).
E le catene fisiche sferragliano e si annodano con grande fantasia intorno a braccia, gambe, bocche, volti, avvolgono fino a rendere bozzoli, scorrono fino a segare, vanno in trazione fino a strappare arti e lacerare carni.
Un bel divertimento per gli amanti del crudo più crudo.
Meno interessanti gli aspetti legati al rifiuto della tecnologia (telefonini ed internet) come fattore scatenante della follia (ma una scusa doveva pure esserci).
Il cast (compresa Nikki Reed) non lascia granchè il segno. Tra tutti la figura migliore la fa Michael Bailey Smith (l’uomo con le catene), che in pratica non si vede mai.
Una curiosità sulla percezione del blogger.
Ho creduto fino all’ultimo minuto che la sequenza iniziale (il primo omicidio che ci viene mostrato) fosse anche temporalmente il primo ad essere compiuto.
Solo ad un passo dai titoli di coda mi sono reso conto che si trattava in realtà di uno sguardo sul finale.
Dal punto di vista narrativo non cambia nulla… ma non è un buon segno.
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