Chateau Angèlus

Da Vini&terroir

Saint Emilion, Château Angelus fa ormai parte dei quattro grandi della denominazione grazie alla ultima classifica , del 2012, come grand cru classè A. Pochi chateau hanno scalato i vertici della gerarchia  in un tempo cosi ridotto. Una prodigiosa ascensione in due decenni, firmata Hubert de Bouard: vinificatore modernista, grande comunicatore, consulente internazionale.

Sempre attento alla tradizione, Hubert si è servito ditutti gli atout per raggiungere la vetta della denominazione. Angelus illustra il meglio della perfezione dei grandi bordeaux odierni: colorato, raffinato e preciso. La storia inizia qualche centinaio di anni addietro quando Catherine de Bouard de Laforest venne a vivere a Saint Emilion in una proprietà conosciuta come Château Mazerat, intorno al XVIII secolo. In seguito Maurice de Bouard de Laforest aumento il patrimonio vinicolo aggiungendo 13 ettari di vigneto in un luogo detto Clos de l’Angelus che poi diede il nome all’intera azienda. Il nome Angelus deriva dal fatto che i lavoranti della vigna sentivano chiaramente il suono delle campane delle tre chiese di Saint Emilion.

Ecco perché Angelus, perché era come il richiamo dell’angelo. Il Château è sempre stato gestito dalla famiglia de Bouard  e fino all’avvento di Hubert, la proprietà è sempre stata considerata come una delle migliori aziende del Libournais ma che non produceva vini di classe come il terroir permetteva. Fino al 1950 l’azienda produceva ottimi vini, poi dagli anni 60′ la qualità scese drasticamente. Ecco allora l’arrivo di Hubert, che entrò a fare parte dell’affare di famiglia dopo essersi laureato all’università di Bordeaux, dopo avere studiato con il mitico professore Emile Peynaud. Naturalmente ci volle un po’ di tempo per rimettere le cose a posto. In annate magiche come 1982 e 1985, i vini di Château Angelus sono stati non all’altezza delle annate. Hubert prese la direzione del chateau nel 1988 ed iniziò una serie di innovazione tecniche che furono poi adottate dai top chateaux bordolesi; in pratica si produce vino come nei mitici anni 50′ ma con in più l’aggiunta della tecnologia moderna. Hubert fece modifiche anche nel nome: lo cambiò da L’Angelus in Angelus in modo che secondo l’ordine alfabetico apparisse prima.

Il vigneto copre 34 ettari, 27 di quali sono classificati come premiere cru. Le vigne sono piantate in due tipi di suolo: argilla e calcare, sabbia con argilla e calcare. I vitigni sono al 50% Merlot, 47% Cabernet Franc ed un 3% di Cabernet Sauvignon con un’età media del vigneto intorno a 38 anni. Le vigne più vecchie dell’azienda, Merlot, risalgono al 1918 ed alcune parcelle di Cabernet Franc hanno più di 60 anni. Il vigneto è piantato con una densità di 6500 a 8000 ceppi per ettaro, i nuovi impianti hanno una densità maggiore.

scena del film casino royal con Angelus 1982

La notorietà del vino ebbe un boost grazie al film Casino Royal, della serie di James Bond, quando l’agente segreto domandò una bottiglie del Château annata 1982.Anche Angélus, dopo una rigorosa selezione delle uve (le rese annue sono tra i 35 e i 40 q.li per ha.), e dopo la pigiatura, fa fermentare il suo vino in legno o acciaio, con una macerazione a freddo per alcuni giorni. Completata la malo-lattica, completa la sua maturazione in barriques per 18-22 mesi, prima dell’affinamento in bottiglia. Angelus dal 2012 è stato promosso ai vertici della gerarchia di Saint Emilion come grand cru classè A insieme a Cheval Blanc, Ausone e Pavie. La proprietà , dal 2012, ha come executve manager la figlia di Hubert: Stephanie de Bouard-Rivoal. Le altre aziende di proprietà sono: Château Bellevue a St.Emilion; La Fleur de Bouard a Lalande de Pomerol; Château de Francs nella Cote de Francs.

Lo stile dell’Angelo è un vino setoso, vellutato, con ottima concentrazione e corpo. Mantiene la freschezza mitica del cabernet franc, che lo ha reso celebre negli anni 50′, e regala aromi e profumi di frutta nera, liquirizia, spezie, tartufo con un’ottima propensione all’invecchiamento. Purtroppo da cinque anni a questa parte i prezzi si sono involati verso l’alto.

Massimo Sacco


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