Chàvez. Se ne va un grande uomo, una nazione intera lo piange

Creato il 06 marzo 2013 da Ilkomboloi @IlKomboloi

Si è spento Hugo Chàvez, presidente del Venezuela, dopo aver cambiato dalle fondamenta il suo Paese, e soprattutto dopo aver vinto democraticamente tutte le elezioni che ha affrontato nel suo percorso politico. Odiato e inviso dalla stampa occidentale, Chàvez ha fatto però moltissimo per il suo popolo, che in lacrime ha gremito le strade per tributare un caloroso abbraccio al suo “soldato”. Ora la sua Rivoluzione nel nome di Bolivàr continuerà, come chiedono a gran voce centinaia di migliaia di cittadini.

La Lucha Sigue” e “El Pueblo Unido jamas sera vencido“, questi sono i cori intonati da un’intero popolo in lacrime, il popolo del Venezuela, orfano del suo “Libertador”. E’ un personaggio controverso  Hugo Rafael Chavez Frias, un soldato che ha donato sè stesso, corpo e anima, alla Rivoluzione bolivariana e socialista con la quale ha guidato il suo popolo e un’intero continente, il Sudamerica, verso il siglo XXI, il secolo socialista. E anche oggi, quando si è spento al termine di una lunga e martoriante malattia, i media occidentali hanno cominciato il consueto bombardamento di bugie, forse confidando che con la morte di Chàvez ora la Rivoluzione possa essere sabotata, per la felicità delle multinazionali del petrolio. La morte di Chàvez e i vergognosi epiteti di “dittatore” e “caudillo” con cui la nostra informazione ha commentato la notizia, ci mostra ancora una volta come per essere definiti personaggi negativi dal capitalismo basti osare proporre un modello alternativo. Chàvez però ha vinto tutte le tornate elettorali in Venezuela, con elezioni assolutamente democratiche, e ha subito persino un tentativo di golpe, questo per far capire che la Rivoluzione Bolivariana è stata portata avanti democraticamente e con largo consenso popolare, e questo a dispetto di qualsiasi bugia pronunciata dai pennivendoli del mainstream.

Chàvez amava dire di sè: “Son un soldato”, e così è stato fino alla fine, scegliendo di morire a casa sua, a Caracas, per tacitare coloro i quali lo hanno accusato di essere fuggito a Cuba, abbandonando la barca che con tanto amore aveva messo tra i flutti. La risposta del suo popolo però è stata struggente, non ci sono stati i caroselli festanti che ci hanno raccontato i giornalisti americani  i giornalisti inviati dei quotidiani europei, ovviamente tutti profumatamente pagati. Eh sì perchè i dieci anni e più di Rivoluzione Bolivariana per gli affaristi delle multinazionali, per i latifondisti, per la ricca e parassitaria classe borghese, è stata un vero inferno, ed è all’umore di queste categorie che si adegua il giudizio dei nostri inviati. Il polso del popolo, quello vero, quello che prima di Chàvez moriva letteralmente di fame condannato all’ignoranza, è il popolo che si è preso le strade, affollando le vie di ogni città venezuelana con un trasporto che, a chi scrive, ha fatto tremare i polsi. E’ il Venezuela che piange il suo padre più amato, un popolo in lacrime, inconsolabile, che grazie a lui ha imparato a credere nel progresso e nel futuro. Figlio di due maestri elementari, nato nella provincia del Los Llanos, una pianura semideserta all’ombra della cordigliera delle Ande, Chàvez proveniva dal ventre del Venezuela, un ventre che ha nutrito fino ai suoi ultimi giorni. Da giovane intraprese la carriera militare, trascorsa sui libri da autodidatta favoleggiando del suo mito di sempre, quello di Simon Bolivar, il “Libertador”. Importante, anzi importantissimo, il suo legame indissolubile con Fidel Castro, che seppe accoglierlo a L’Avana dopo il suo colpo di stato fallito negli anni Novanta contro il corrotto governo di CaracasNel 1998 poi la grande vittoria, e da allora Chàvez avrebbe sempre trionfato a ogni chiamata alle urne, con la significativa interruzione del golpe subito nel 2002, quando dovette lasciare il palazzo presidenziale sotto il tiro dei golpisti. Manco a dirlo si sedette al suo posto il presidente della confidustria locale, Pedro Carmona, che come primo atto sciolse il Parlamento. Carmona però non verrà ricordato come caudillo, Chàvez sì, misteri della nostra informazione…Dopo nemmeno due giorni però, acclamato dalla folla, Chàvez rientrava in Parlamento, varando una nuova epoca politica, quella della Revoluciòn.

In meno di dieci anni Chàvez è stato capace di formare una nuova classe dirigente, di sconfiggere l’analfabetismo, ridurre il crimine e la corruzione e soprattutto aumentare il benessere degli ultimi, quelli di cui il capitalismo non si cura minimamente, tanto per intenderci. Ha utilizzato il petrolio per far grande il suo Stato, ed è riuscito a ottenere consenso tanto tra i militari, quanto tra la società civile. Forse il modo migliore per ricordare il suo straordinario contributo all’emancipazione dei popoli oppressi è citr una frase di uno dei suoi avversari politici, l’ex alleato Rangel, esponente della vecchia sinistra socialdemocratica venezuelana: “E’ un errore demonizzare Chavez, così come sarebbe un errore santificarlo. Se non fosse comparso lui, ce ne sarebbe stato un altro. Fortunatamente con lui abbiamo modo di trasformare il Venezuela pacificamente. Per come eravamo ridotti, avremmo potuto avere un Pinochet“.
Ma Chàvez è stato molto, molto di più e una cosa è certa, la Rivoluzione cominciata da lui ha lasciato il segno nel Paese, e difficilmente ora il Venezuela tornerà indietro dalla strada verso il socialismo. I milioni di persone in lacrime in piazza a intonare “Hasta la Victoria” stanno lì a dimostrarlo, così come il nuovo presidente Maduro, scelto direttamente da Chàvez prima della morte come suo successore. Spetterà a lui ora salvare la Rivoluzione dall’ingordigia imperialista…e il presidente degli Stati Uniti Obama, col tempismo di un avvoltoio, ha subito commentato la morte di Chàvez dicendosi disponibile a “una fase costruttiva”. Costruttiva per chi?

                                                                                                                              Daniele Cardetta



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