A Kathmandu si contano 4 morti a causa del crollo dei un muraglione che cnge l’ambasciata inglese a Lainchour (l’ambasciata ha chiesto scusa….). Sfiga dannata per i poveri passanti. Fortunatamente i danni umani e materiali sono stati limitati, ogni anno, durante il monsone, muoiono un centinaio di persone fra frane, smottamenti e inondazioni. Ogni mese sulle strade distrutte dall’acqua, non curate dai governi muoiono decine di persone sui bus stracarichi e guidati da autisti ubriachi. Ma le scosse di Kathmandu, iperpopolata e costruita, rimettono nel pensiero degli abitanti i rischi di un terremoto più forte come già accadde nel passato.
Abbiamo già scritto su questo problema e su quanto poco è stato fatto per prevenirlo malgrado tutti ne parlino da decenni e milioni di euro siano stati spesi in dubbie attività di “prevenzione dei disastri”. Basta girare per Kathmandu vedere l’accumulo di case costruite con materiali scadenti che, paurosamente, sembrano perennemente traballanti. Nelle zone di nuova costruzione (anni 80, 90) quali quelle esterne a Ring Road , sono talmente vicine che non ci sono nemmeno strade per garantire vie d’uscita. Il centro è soffocante con palazzoni di mattoni che salgono, come piramidi rovesciate, verso il cielo.
Insomma, non è stato fatto niente, per dare alla città un minimo di senso urbanistico, tutto è stato costruito senza regole né controlli. Le responsabilità non sono solo dei nepalesi ma anche di noi occidentali che avremmo dovuto imporre, visto le nostre esperienze d’urbanizzazione distruttiva, regole e piani dirette a salvaguardare l’immenso patrimonio artistico e paesaggistico, ormai distrutto, e costruzione che prevedessero un minimo di sicurezza in casi di disastri naturali. Kathmandu e gran parte del Nepal è zona altamente sismica, l’Himalaya continua a schiacciarsi sul plateau tibetano e infatti cresce di qualche centimetro all’anno, provocando continui sommovimenti della crosta terreste che, con frequenza, si trasformano in terremoti più o meno intensi.