Che cosa produce uno scrittore? La risposta più neutra dice: un bene. Concordo, anche perché ci sono (semplifico), due letterature. Quella che resta, e quella che intrattiene. Ma è indubbio questo: le spese ci sono, e un editore deve guadagnare almeno quel tanto che gli permetta di non chiudere. Deve sottostare a certe leggi; quelle del mercato. Però di solito di questo aspetto si parla poco perché c’è questa bizzarra idea che se uno accanto a “letteratura” scrive “denaro”, provocherebbe un corto circuito.
Se stai leggendo queste parole, il corto circuito non c’è stato. È una buona notizia, vero?
Prendiamo a esempio Charles Dickens. Ci troviamo alle prese con un autore attentissimo al pubblico. Buona parte delle sue opere erano pubblicate su giornali, e adesso sono dei classici. Certo, lui rappresenta un esempio raro: un incredibile insieme di determinazione, talento, capacità di inventare, talento, fiuto per gli umori del pubblico, talento.
Dickens voleva raggiungere il suo pubblico, era disposto ad assecondarlo, ma raccontava la storia che voleva lui. Nelle sue opere c’è una critica dura nei confronti della società inglese dell’epoca, quella società dove lui si muoveva con agio ormai, ma non poteva esserne davvero parte dopo quello che la vita gli aveva riservato. Eppure vendeva, a vagonate.
Letteratura, e denaro.
Come ci riusciva? Del talento mi pare di aver già parlato a sufficienza, ma non se ne parla mai abbastanza poiché è scomodo farlo. Si fa torto a un sacco di gente che pensa ci voglia poco a scrivere, e che basti volerlo. Se c’è qualcuno che voleva con determinazione essere astronauta, era il sottoscritto. Ci sono riuscito, secondo te?
La letteratura è comunicazione.
Dickens lo sapeva, lo aveva intuito, e praticava questa verità con determinazione. Il pubblico prima, la critica in un secondo tempo, ha dichiarato infine che sì, c’era del talento, una capacità quasi magica di raccontare storie, e di farlo con efficacia.
Che cosa produce uno scrittore? Una magia? Parla della realtà? Svela il mistero dell’uomo? Arricchisce se stesso e l’editore? Tutto questo e molto di più. Perché è un’arte che come le altre è sporca e compromessa. Soltanto chi vive su Marte crede che tutto sia leggero e bucolico. Se parli della vita (e Dickens che cosa diavolo faceva?) parli di roba pesante, scomoda, piena di compromessi.
Parli del sublime. Basta essere schizzinosi: abbracciamola.