Blanca lo amava, appassionatamente. Amava il suo viso, i suoi baffi, il tratto inconfondibile della mano che guidava il pennello sulla tela. L’avrebbero riprodotto in tanti, copiato, idolatrato, deriso talvolta, sarebbe stato omaggiato da tanti altri artisti, lei lo sapeva prima ancora che accadesse, nutriva infatti nel suo talento una fiducia cieca e poi, che onore: lei era la sua musa. A dispetto del nome, Blanca aveva lunghi capelli neri che le lambivano i fianchi disegnandole un’onda sulla schiena, un sorriso splendido che stentava ad esploderle sul viso, di una tale bellezza che avrebbe rischiaratole tutto il volto proprio come il bagliore d’uno scoppio. Era triste Blanca mentre nuda si rimirava nello specchio, per lui lei non era mai abbastanza, non andava bene al grande maestro poverina, tremava allora per il freddo della pelle nuda sfiorata da una brezza lussuriosa e dal timore che lui si trovasse un’altra da cui trarre ispirazione. Piangeva immaginando le setole traditrici immortalare una donna sufficiente all’artista più di lei, quei pennelli lascivi disegnare le curve di un altro corpo che non fosse il suo.
Si sedette a tavola, decisa come tutti i giorni a fare quanto in suo potere per diventare come lui la voleva, ma non ce la faceva, proprio non ce la faceva. Stomaco e determinazione si prendevano a pugni. Sul piano imbandito rifulgeva una brocca trasparente dal contenuto color rubino, vino rosso profumato ed inebriante per annaffiare le pietanze dai colori arcobaleno. Il basilico verde la invitava, il peperone giallo cercava di sedurla, le carote vogliose mostravano il capo invitante, la zucca lussuriosa prometteva si sfaldarsi sulla sua lingua e cederle senza nessuna resistenza, e così via gli altri cibi. Chiuse gli occhi e si costrinse a fare quel che andava fatto, nonostante tutto. Voleva o no che lui la rendesse immortale? La guerra durò molti giorni, il cibo le era nemico, condimenti, salse, sughi, dolci, frutta, pane, tutti le parevano soldati orrendamente allineati, pronti a colpirla in pieno petto privandola dell’amato ed insieme della possibiltà di lasciare la sua impronta nel mondo.
Quel giorno, il giorno del loro appuntamento, prese per la rabbia a sudare, non poteva permettersi questi cedimenti. Versò dell’acqua in una vasca e si lavò con cura ogni singolo lembo di pelle. Si imbellettò con colori vivaci e fece ogni cosa per mettere in risalto il suo fisico provando tutti i vestiti del suo guardaroba, combinandoli in ogni modo, scegliendo infine il più fasciante. Sperava in cuor suo che non appena l’avesse vista lui decidesse di suggellare il loro patto d’amore con un meraviglioso dipinto..
Arrivò da lui sul calar della sera, strada facendo però non aveva saputo resistere, entrata in un negozio di frutta aveva chiesto al commesso sbalordito un cespo d’insalata, tenere verdi sporche foglie fresche, le staccò prima ancora d’uscire e se ne infilò alcune in bocca, così, senza lavarle; la terra le si raggrumò tra i denti e lei la spostò con cura con la lingua, finalmente sorridendo sapendo che se lui l’avesse saputo l’avrebbe sgridata per l’inutile gesto. Bussò alla porta del suo studio, attese pochi secondi che le parvero eterni, lui le aprì. Appena vide Blanca il pittore la guardò con disappunto e lei capì che tutte le fatiche, i pranzi e le cene che erano stati un supplizio, i dolori alla pancia, tutto inutile. Le venne da piangere ma non lo fece e si maledì in silenzio. Lui le fece un cenno con la mano, in quel modo quell’uomo le chiedeva di spogliarsi e lei, pronta ad essere giudicata, si fece scivolare le spalline del vestito fino a farlo cadere per terra, chinò il capo pronta alla disapprovazione per le sue rotondità, per i suoi fianchi larghi, i seni grossi, le rubiconde braccia accoglienti, ma non per lui.