Un articolo di Giulia Pompili interessantissimo, che consiglio vivamente di leggere. Lucia Palmerini
La Tokyo Electric Power, società al centro dello scandalo per la gestione dell’emergenza dell’11 marzo scorso in Giappone, sin dagli anni Novanta, quando ha iniziato a produrre energia elettrica per uso domestico dal nucleare, aveva cercato di costruirsi un’immagine familiare e rassicurante puntando sui personaggi dei manga (i fumetti giapponesi) e dei cartoni animati. Il più famoso è sicuramente Denko-chan, e il suo nome si traduce letteralmente “ragazzina elettricità”. Durante gli spot che la Tepco mandava periodicamente nella zona del Kanto, la ragazzina – occhi da cerbiatta, coda di cavallo e fiocco rosso su grembiule e ciabatte – insegnava alle donne come non sprecare energia elettrica e rendere efficiente il lavoro della Tepco: per esempio sistemando ordinatamente le derrate nel frigorifero, o assicurandosi di aver spento gli elettrodomestici se non in uso. Denko-chan, da venticinque anni al servizio della Tepco con il suo dito indice sempre puntato a monito e la sua frase a effetto, “prenditi cura dell’elettricità!”, era diventata così famosa che la Tepco ne aveva fatto ogni sorta di gadget: bavaglini, pupazzetti, penne. Il personaggio creato dalla penna di Shungiku Uchida, famosa scrittrice e disegnatrice (in Giappone le due attività sono strettamente collegate) era talmente attivo da meritarsi addirittura una versione porno non autorizzata.
Un portavoce della Tepco, intervistato dal Wall Street Journal, ha detto: “Abbiamo sospeso il personaggio subito dopo la tragedia dell’11 marzo del 2011, ma abbiamo deciso di non rinnovare il nostro contratto con l’illustratore di Denko-chan per il prossimo anno fiscale (aprile 2012) come contributo alla razionalizzazione dei costi”. In realtà Denko-chan non è l’unica epurata dal sistema pro nucleare giapponese. Negli anni Novanta la propaganda per l’atomo di Tokyo aveva portato alla creazione di Pluto-kun, il ragazzo plutonio, simpatico pupazzetto con un casco verde in testa, un paio di antenne e il simbolo chimico del plutonio, PU, sulla fronte. La società di ricerca non governativa che lo aveva adottato come mascotte chiuse nel 1998 dopo una serie di incidenti nucleari. Nel frattempo, però, Mr. PU aveva già creato parecchi problemi – per esempio per quel video didattico trasmesso nelle scuole dove Pluto-kun stringe la mano a un ragazzo che durante la merenda invece del succo di frutta beve una bevanda a base di plutonio.
Poi c’era Terra-chan, un mappamondo sorridente con mani piedi e un berretto da baseball, posto all’ingresso del parco giochi della centrale nucleare di Tokai, gestita dalla società Japan Atomic Power. L’impianto di Tokai è meno famoso di quello di Fukushima, ma l’intera centrale non fu riattivata dopo il terremoto e il maremoto dell’11 marzo 2011 che causò dei danni al reattore numero 2. Terra-chan è ancora lì, all’ingresso del “giardino dell’Atomo”, un parco giochi dotato di laghetto, cascate e labirinti. Anche il parco è stato chiuso, e Terra-chan ha assunto i colori sbiaditi della mascotte in pensione.
L’incidente alla centrale nucleare di Fukushima, nonostante tutti gli sforzi delle società che gestiscono gli impianti di minimizzare, ha traumatizzato le coscienze dei giapponesi. Il governo di Tokyo è ancora lontano dall’approvare il referendum per l’abolizione del nucleare, nonostante le associazioni antinucleariste abbiano raccolto molte più firme di quelle richieste (trecentomila solo nella prefettura di Tokyo). Secondo la stampa giapponese le piccole comunità, evidentemente molto prima delle grandi metropoli, si stanno abituando senza traumi all’assenza dell’energia nucleare. Per esempio nella prefettura di Fukui, quella a più alta concentrazione di impianti. Nella baia di Wakasa ce ne sono quattordici. Quando qualche giorno fa è stato spento l’ultimo ancora in funzione, chiuso per manutenzione ordinaria, l’intera regione del Kansai si è dovuta confrontare con la produzione di energia alternativa. Secondo un sondaggio pubblicato dal quotidiano Yomiuri Shimbun giorni fa, l’ottanta per cento dei giapponesi non si fida delle relazioni del governo e delle società che gestiscono gli impianti. Se il Giappone sarà costretto presto a rivedere la politica energetica, dopo l’11 marzo qualcosa è cambiato definitivamente nelle coscienze dei giapponesi.
Pubblicato il 18 marzo da Il Foglio Quotidiano