Che fine ha fatto Planet Nine?

Creato il 26 febbraio 2016 da Media Inaf

Ricordate il “nono pianeta” (“decimo” per chi non ha rinnegato Plutone), l’ipotetico gigante ai confini estremi del Sistema solare protagonista, qualche settimana fa, delle prime pagine di mezzo mondo? Ipotetico perché per ora ha risposto solo all’appello dei modelli teorici, apparendo fra le righe delle tabelle sfornate dagli algoritmi degli astronomi, ma mai inquadrato da alcun telescopio. Ebbene, per chi si fosse messo in testa di trovarlo, c’è una buona notizia: grazie a un’analisi, condotta da un team guidato da Agnès Fienga dell’Observatoire de la Côte d’Azur, su dieci anni di dati trasmessi dalla sonda Cassini di NASA, ESA e ASI, sono state individuate le regioni di cielo più promettenti in cui cercare. E quelle, invece, senza speranza.

Ma che c’entra Cassini, una missione dedicata allo studio di Saturno e delle sue lune? I due astronomi che hanno dedotto – ancora è presto per parlare di “scoperto” – l’esistenza di Planet Nine ne avevano anche ricostruito la probabile orbita, calcolata in base alle perturbazioni determinate da questo ipotetico gigante – un balenottero da 10 masse terrestri – sugli oggetti che abitano la Fascia di Kuiper. Un’orbita molto eccentrica, con un semiasse maggiore di circa 100 miliardi di km e un’inclinazione di 30 gradi.

Indizi non di poco conto. Certo, è ancora come cercare un ago in un pagliaio, ma per rimanere nell’abusata similitudine si tratta d’un pagliaio non più a tre, e nemmeno a due, bensì a una sola dimensione. Un po’ come se dovessimo incastrare un contrabbandiere inafferrabile ma abitudinario: finché non lo individuiamo, non possiamo dire esattamente dov’è, ma sappiamo che strada dovrebbe percorrere – sempre che davvero esista, intendiamoci.

Crediti: CNRS

Ora è stato compiuto un ulteriore passo avanti. Lo studio di Fienga e colleghi, pubblicato questa settimana su Astronomy & Astrophysics, calcola le perturbazioni indotte dal pianeta – per diverse posizioni rispetto al perielio – sulle trasmissioni radio provenienti dalla sonda Cassini, in orbita attorno a Saturno dal 2004. In generale, l’analisi dei dati radio di Cassini permette agli scienziati di misurare in modo incredibilmente accurato – con un’incertezza di appena cento metri – la distanza fra la Terra e Saturno. Se aggiungiamo il nono pianeta al modello messo a punto dagli astronomi di Cassini, però, ecco che le discrepanze tra calcoli e osservazioni subiscono un’impennata (vedi la linea blu nella figura accanto). Ma una volta ricalcolati di conseguenza tutti i parametri del Sistema solare, le discrepanze rientrano nella norma (vedi la linea rossa), a parte per alcune posizioni di Planet Nine lungo la sua orbita: quelle dove la linea rossa supera il 10 percento di scarto, evidenziate nel grafico da una banda orizzontale grigia. La figura qui sotto mostra con maggior chiarezza l’utilità di questo risultato.

Planet Nine, ecco le posizioni dell’orbita nelle qual conviene cercarlo (in verde) e quelle invece in cui non c’è speranza di trovarlo (in rosso). Crediti: Media INAF

Per alcune posizioni lungo l’orbita, quelle il cui angolo rispetto al perielio risulta inferiore a 85 gradi o superiore a -65 gradi (lo spicchio in rosso nell’immagine qui sopra), le perturbazioni indotte dal nono pianeta sono in contrasto con le distanze osservate di Cassini. Stessa cosa per l’arco d’orbita compreso fra -130 e -100 gradi (l’altro spicchio rosso). Al contrario, la porzione d’orbita in cui l’angolo fra Planet Nine e il suo perielio è fra 104 e 134 gradi è quella più probabile (lo spicchio verde). Con un massimo attorno ai 117 gradi, in corrispondenza del punto qui ottimisticamente indicato con “P9”. Insomma, se volete passare alla storia come scopritori del nono pianeta, ora sapete dove vi conviene cominciare a cercare.

Per saperne di più:

Fonte: Media INAF | Scritto da Marco Malaspina