Perché non cogliere lo spunto per far trovare ai nostri figli un libro a tema, per celebrare, tra un bignè e una coccola, i papà anche con una bella lettura condivisa?
Nei prossimi giorni proverò – tempi e impegni permettendo – a fornire qualche suggerimento per albi allegri e gustosi che possano diventare, anche negli altri giorni dell’anno, un piccolo e piacevole terreno di incontro tra un papà lettore e un bimbo divertito ascoltatore.
Comincio oggi con un libro fresco fresco di stampa: “Che forza papà!” di Isabella Paglia e Francesca Cavallaro, edito da Fatatrac.
La coppia autrice-illustratrice ci è già nota per lo scoppiettante e allegrissimo “Di mamma c’è n’è una sola”, albo vivace ma delicato che racconta ai piccoli delle molteplici vie, diverse ma tutte animate dall’amore, per diventare madre, dal concepimento naturale, all’adozione, alla procreazione assistita.
La stessa tenerezza ed attenzione, come anche i medesimi buffi bambini – sorridenti, peperini e impertinenti – , la troviamo anche in questo secondo libro, ma stavolta i protagonisti indiscussi e assoluti sono i papà.
Il dialogo brioso tra i piccoli protagonisti che fa da traccia all’albo ricorda un po’ la celebre canzone di Gaber – avete presente quella col bambino ricco e il bambino povero che si scontrano a suon di “il mio papà…”? – ma qui non c’è alcuna traccia di contrapposizione in base al reddito: tutti i simpaticissimi ragazzini sono molto fieri dei loro rispettivi genitori e non desiderano altro che raccontare agli amici quanto siano in gamba, forti e coraggiosi.
Ma non tutti i bambini hanno un solo papà. Ben presto si introduce nella conversazione un piccolo che conosce solo il suo “secondo” papà – quello che vive con lui e la mamma – perché il primo, colui che l’ha generato, non l’ha mai conosciuto.
Infine un grazioso discoletto che asserisce che lui ha soltanto il papà, che è appunto “single” e che da solo, senza una mamma, l’ha cresciuto e accudito.
Insomma, alla fine l’intera combriccola di amici non potrà che concludere che l’importante non è la “tipologia” o la “natura” del genitore, ma la dimensione affettiva e che colui che gioca, si prende cura, rimedia ai piccoli danni fisici ed emotivi, dedica il suo tempo ed ovviamente ama, è senza dubbio e a tutti i diritti il papà.
E’ necessario che i bambini siano abituati alla diversità – e alla ricchezza della diversità – non tanto perché di natura la noterebbero, ma perché la società esterna – quella degli adulti o degli altri ragazzini che non hanno l’opportunità di avere modelli aperti mentalmente – tende, ancora oggi, a escludere, dividere, giudicare e ghettizzare.
Di primo acchito, sfogliando l’albo, mi sono detta che si avvertiva la mancanza della rappresentanza omosessuale, che forse avrei introdotto anche quel tema, tra i diversi modelli di famiglie rappresentate. Non mi sento in diritto di dare suggerimenti all’autrice e forse questa non era la pubblicazione pensata per lo scopo, ma se ci dovesse essere un seguito dedicato alle famiglie, magari ci sarebbe da pensarci.
Perché parlando d’amore è bello che si sorrida ed è bene che ogni bimbo possa sentirsi lieto e fiero della sua famiglia, quando c’è legame ed affetto, anche se gli altri la additano come stramba o diversa.
(età consigliata: dai 4 anni)
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