Che la guerra abbia inizio

Creato il 06 marzo 2015 da Albertocapece

La prendo alla lontana. Ufficialmente la seconda guerra mondiale è cominciata il primo settembre del 1939, ma in realtà essa è iniziata qualche mese prima, nell’aprile dello stesso anno quando una delegazione di uomini d’affari anglo statunitensi, si recò a Berlino per proporre ufficiosamente, a nome dei propri governi, il prestito di 1 miliardo dollari  – una cifra gigantesca per quei tempi – a tasso bassissimo e a lunghissimo termine. In cambio si chiedeva alla Germania di rinunciare a ulteriori espansioni , ma soprattutto di convertire gran parte della propria industria bellica alla produzione di beni di consumo, non certo per depotenziare i pericoli di guerra attraverso questa strada, ma per mettere fine  agli accordi  di clearing extra dollaro (* vedi nota alla fine del post)  su cui si basava il riarmo tedesco e che mettevano in pericolo l’impero anglosassone e con esso l’ordine mondale capitalista. Già questo tipo di scambi commerciali aveva fatto guadagnare alla Germania importanti posizioni in Sud America e in Medio Oriente, ma era stato all’origine delle crisi del Messico e del Venezuela, inducendo quei Paesi a nazionalizzare i loro settori petroliferi. Tutto questo è noto agli storici, ma viene tenuto accuratamente sommerso nelle vulgate a getto continuo sul conflitto, così come del resto il decisivo contributo sovietico alla vittoria viene ormai sfacciatamente taciuto.

In quell’aprile del 1939 la delegazione, attraverso vie non diplomatiche presentò un’offerta – ultimatum per la normalizzazione anglo capitalistica della Germania che fu rifiutato e portò al patto Molotov – Ribbentrop, innaturale sotto ogni punto di vista e per tutti i contendenti. Da notare che in quegli anni di riarmo la Germania spendeva attorno al 20% del bilancio statale, praticamente quanto gli Usa fanno da decenni. Ed oggi pare che molte delle equazioni di quel 1939 si ripropongano, mutatis mutandis, dopo la lunga stagione di guerra fredda e pace forzata successiva alla sconfitta del nazismo e all’ascesa dell’Urss.

Solo che oggi una guerra globale, oltre ad avere esiti incerti, oltre a presentare il pericolo di totale distruzione reciproca, significherebbe tassare di molto i ricchi per sostenere le spese belliche e aumentare il potere degli stati: la crisi del 29 fu davvero superata quando nel mondo sviluppato la tassazione arrivò nei suoi massimali al 90% permettendo una redistribuzione di reddito che poi sarà all’origine del boom del dopoguerra: il declino dello slancio si ebbe proprio negli anni ’70 con il progressivo declino delle tasse sui grandi profitti e  l’aumento invece delle stesse sui bassi redditi, liberando così il mostro finanziario.  Perciò chi tiene per la collottola le vicende mondiali, governi, gruppi di pressione, lobby inestricabilmente intrecciati preferisce ciò che Chomsky chiama la politica di Alice, vale a dire uno stato di diffusa belligeranza nel quale non è necessaria alcuna coerenza e nemmeno è richiesto il successo. Così poco importa se in Afganistan dopo 14 anni di guerra, un numero spaventoso di morti e enormi risorse buttate al vento i talebani abbiano il Paese in mano o che l’Irak e la Libia non esistano più dopo immense stragi o che l’Egitto sia in mano a una dittatura militare o che l’Isis venga combattuto e sostenuto insieme o che che a Kiev venga imposto un governo paranazista in attesa della dissoluzione del Paese. O che le sanzioni paranoiche contro la Russia danneggino i propri servi – alleati.

L’importante  è che il sistema del dollaro rimanga in piedi bastonando chiunque se ne voglia sottrarre e minacciando i Brics, che il sistema industrial -militare non resti a secco di commesse e di progetti, che la lotta di classe al contrario possa continuare prendendo tempo rispetto al collasso inevitabile in un’economia finanziaria dieci volte più grande di quella reale, cosa assolutamente evidente nonostante le chiacchiere da cui veniamo avvolti dai chierici dell’informazione. Che infine i cittadini dell’impero sottoposti a impoverimento e perdite di diritti abbiano un qualche nemico esterno dimenticando quello vero.

La terza guerra mondiale è già scoppiata senza che ne accorgessimo. Ma è una guerra a bassa intensità e a bassa percezione, dove tuttavia nessuno sa bene fino a che punto può spingersi e quali micce non debbano accese per evitare la strage globale. Poco importa chi siano gli amici e i nemici, ancor meno il loro folle turnover da una parte all’altra: i  veri nemici siamo noi. E l’unico modo di evitare il conflitto armato è di non stare più al gioco.

Nota. Gli accordi di clearing attutati dalla Germania pre guerra non erano altro che lo scambio compensativo fra materie prime importate in cambio di prodotti finiti, riducendo così a funzione marginale lo scambio monetario.


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