che succede a Pramollo?

Creato il 11 marzo 2010 da Gaia

Io non vado a sciare (o fare snowboard) da anni, per un solo motivo: costa troppo. Sullo sci ho opinioni contrastanti: da un lato, è un’attività fisica salutare, si sta all’aperto e nella natura, si apprezzano le montagne. D’altra parte, la costruzione di piste, impianti, parcheggi, strade, alberghi, insomma tutto quello che è necessario perché la gente possa andare a sciare, rovina le stesse montagne che vorrebbe valorizzare. Sarò fissata, ma per me le piste da sci sono una delle dimostrazioni pratiche della mie teorie sulla popolazione: la montagna, e la natura in generale, si apprezzano solo quando non si è, numericamente, in troppi. Se no diventa un assordante formicaio.
E’ un po’ che mi propongo di capire più da vicino cosa ha fatto il turismo invernale alle nostre montagne, e al momento non saprei nemmeno da dove cominciare, non visitando, appunto, le piste da molto tempo.

Oggi mi è arrivata nella posta la newsletter di Legambiente, e tra le varie cose, un rapporto preoccupato sul progetto Promotur a Pramollo. Io a Pramollo non so neanche quand è l’ultima volta che ci sono andata -ultimamente esploro valli solitarie, o per lo meno le più solitarie che trovo da queste parti, pensando sempre quello che ho scritto qui sopra, cioè che ci sono degli spazi che devono rimanere immacolati, e non essere costretti a scegliere tra le solite alternative: vuoi un centro commerciale, una pista da sci, o un parco naturale (la cui esistenza verrà poi giustificata in termini di quanti turisti riuscirà ad attirare…)? Va bene se rosicchiamo un altro pezzettino, qui, e uno qui?
Per cui lascio parlare il comunicato di Legambiente & co., di cui riporto qui sotto i pezzi salienti, sperando che li leggiate.

L’intervento di realizzazione di piste e impianti di risalita sul Canin ha comportato gravi danni al Sic, alla Zps [zona di protezione speciale] e all’Iba lì perimetrati: allo stato attuale, l’area, che ha subito un pesante oltraggio paesaggistico, risulta totalmente depauperata sotto il profilo faunistico; non a caso, gli uffici regionali avevano formulato una valutazione di incidenza negativa sull’intervento previsto.Appena conclusasi questa vicenda, viene messa a tema la realizzazione di strutture ricettive da 600 posti (più annessi), piste e impianti di risalita sul versante italiano di passo Pramollo, cioè in una zona ancora intatta paesaggisticamente, unica stazione italiana di vegetazione della wulfenia…

Posto che compito delle pubbliche amministrazioni è quello di gestire saggiamente il territorio per conservarlo alle future generazioni in un buono stato di conservazione, è ammissibile insistere in direzione di una antropizzazione spinta degli ambienti di montagna?

Il Friuli Venezia Giulia è un importantissimo crocevia ambientale, interessato dal convergere di tre bioregioni: quella alpina, quella continentale, quella mediterranea; l’altissimo tasso di biodiversità ne fa un caso raro a livello europeo. Per contro, il Friuli Venezia Giulia viene giudicato, da studi regionali, “a bassa vocazione per lo sci da discesa”. Di ciò fanno fede alcuni dati: lo sviluppo lineare dell’intero complesso delle piste da discesa regionali – dopo gli ingenti lavori di ampliamento degli ultimi anni – raggiunge i 116 chilometri, tra loro non raccordati; Dolomiti ski è dotato di 1200 km in rete, le sole piste di Nassfeld di 110 km.

Posto che le strategie di sviluppo debbono muoversi a sostegno delle vocazioni regionali, quale senso ha la politica di spesa cui stiamo assistendo? Il piano industriale Promotur è finanziato da 200 milioni di euro, blindati in cassa Friulia; si parla di un collegamento funiviario Varmost-Mauria del costo, per il pubblico, di ulteriori 14 milioni; sono accantonati, per le stazioni minori di Pradibosco e Sauris, complessivamente circa 10 milioni; Pramollo richiederebbe un investimento di 63 milioni. Dall’altro lato, la Finanziaria regionale 2010 taglia del 45% le risorse del settore Aree protette e biodiversità, con ciò portandolo a meno di 3 milioni, dunque a meno del costo del solo posteggio previsto al servizio della funivia di Sella Nevea, progettata e realizzata senza viabilità di accesso e, appunto, senza posteggi. Per fare un esempio: il Parco delle Dolomiti Friulane, che nel 2009 è diventato Patrimonio Unesco, nel 2010 ha visto il proprio stanziamento decurtato del 35% e portato a 920 mila euro.

Quale senso, dunque, hanno politiche di spesa pubblica che, mentre depotenziano un settore nel quale la nostra regione ha un vantaggio competitivo, rincorrono modelli di sviluppo oggettivamente irraggiungibili, e comunque contraddistinti da trend di mercato non favorevoli?

Posto che può non stupire, sul punto, il silenzio degli altri poli regionali e della stessa Promotur, messi a tacere da anni grassi di investimenti di ogni tipo, qual è il giudizio sulle compatibilità complessive del sistema da parte del Consiglio regionale e soprattutto della Giunta Tondo, chiamati ad esprimersi fuori da logiche municipalistiche, e con un rigore tecnico che le amicizie politiche non debbono oscurare?

Il progetto di impianto di arroccamento pretende, nelle intenzioni dei privati, un aiuto pubblico pari al limite di legge (70% del costo!).

Posto che fare imprenditoria privata in questo contesto di aiuto pubblico risulta piuttosto scandaloso e che ci portiamo pericolosamente vicini ai margini dell’aiuto di Stato (cosa che andrà comunque meglio verificata), quali garanzie vi sono che, una volta realizzato l’impianto, il privato (che si chiama anche KHBAG, in odore di fallimento) sarà in grado di sopportarne il costo, e che sul pubblico non verranno scaricati anche gli oneri di gestione magari sotto forma di mancato pagamento dei canoni concessori?

L’operazione sembra reggersi solo in virtù degli utili derivanti al privato dalla realizzazione di un “villaggio” in quota (e la strada di accesso al passo? Resterebbe tal quale?), con la conferma che lo sviluppo degli impianti ormai risulta evidentemente assoggettato a logiche di espansione immobiliare e che quindi è interno ad un modello di pianificazione gravemente disfunzionale, quello della città diffusa, che dalla pianura va a colonizzare le vallate alpine.

Posto che in regione siamo ben lontani dalla saturazione delle strutture ricettive esistenti (occupate per circa il 40% della capacità complessiva) e posto che l’attrattività di una residenza in quota è enormemente maggiore rispetto a quella rappresentata dall’abitato di Pontebba, quale prospettiva economica può aprirsi, a Pontebba, per l’utilizzo, di cui gli operatori parlano, dei 21 milioni messi a disposizione dalla Regione per lo sviluppo di albergo diffuso o di restauro e recupero edilizio a fini turistici? E quale garanzia c’è che Pontebba, ma anche altre località di fondovalle, non vengano ulteriormente desertificate dal richiamo di un polo turistico sul passo?

I firmatari

WWF FVG

Legambiente FVG

LIPU FVG

Mountain Wilderness FVG

Meteopoint Snc