Certo, portare una mandria di piccoli sacchetti di ormoni pronti ad esplodere in ogni momento all’opera è tempo perso. Lo so perchè, quando alle medie l'insegnante di Musica decise di portare la sezione 3H al Comunale, c’ero anch’io. E pur non essendo in fase ormonale come molti mei compagni (sono sempre arrivata in ritardo su tutto io, anche su questo) ricordo di essermi placidamente annoiata per un paio di pomeriggi, felice se non altro di aver avuto l’occasione di dare una sbirciata all’interno del teatro anche se questo significava sorbirsi l'Aida.
Poi a sedici anni ho visto Camera con Vista di James Ivory, e la mia vita non è stata più la stessa. Tutto in quel film era un inno alla bellezza: Firenze, la campagna inglese, i costumi del primo Novecento. Ma era soprattutto la musica stupenda di Puccini che mi faceva venire la pelle d’oca (mentre Julian Sands nei panni del “fusto” in abiti edoardiani faceva il resto…). Certo, a sedici anni amare l'opera non è cool, e mi vergognavo pure un po' (cosa avrebbero pensato di me le mie compagne di classe, tutte prese dal movimento New Romantic prima e dai Cure poi??), ma da allora O mio babbino caro dal Gianni Schicchi è una delle mie arie preferite. Che ho consumato il CD con le più belle opere di Puccini a forza di ascoltarlo e due anni fa ho avuto la fortuna di sentire Angela Gheorgiu cantarla (e l’ha fatto in un modo così sublime che mi sono commossa senza ritegno...
Ma l’opera, quella non l'avevo mai vista. Anzi, non avevo mai visto Il Trittico. Che a quanto pare non è molto rappresentato (l’ultima volta che la Royal Opera House di Londra l’ha rappresentato è stato nel 1965…). E ieri sera è stata un’eperienza... Bello e sanguigno Il Tabarro, bella e straziante la storia di Suor Angelica, ma io aspettavo solo Gianni Schicchi, emozionata come ad un primo appuntamento. E anche stavolta, in una Royal Opera House stipata fino all’inverosimile, mi è venuta la pelle d’oca che davanti alla bellezza mi commuovo sempre…
Potere dell'arte...