di David Incamicia |
“A 25 anni dal disastro di Chernobyl sono difficilmente quantificabili i danni che hanno subito la salute di tante persone e l'ambiente. Un drammatico evento, che ha acceso molti interrogativi sulla scelta del nucleare e che si ripropone con forza oggi, dopo il disastro di Fukushima in Giappone e in concomitanza con l'anniversario: come a dire che Chernobyl comincia ad allontanarsi nel tempo, ma non è definitivamente alle nostre spalle!”. È quanto afferma in una nota il Forum per i diritti dei bambini di Chernobyl, con sedi attive in varie regioni d'Italia, che dal 2000 offre a bambini provenienti dalle zone contaminate dalle radiazioni l'opportunità di trascorrere nel nostro Paese uno o più periodi di vacanza all'anno.
Esattamente venticinque anni fa, nella notte tra il 25 e il 26 aprile 1986, la più grande catastrofe mondiale nella storia del nucleare segnava in maniera definitiva le sorti di milioni di persone. L'orologio segnava l'una, 23 minuti e 44 secondi. Ancora oggi, i livelli di contaminazione in quelle zone sono alti in molti alimenti, come il latte e alcuni frutti. In Ucraina sono 18.000 i chilometri quadrati di terreni agricoli contaminati, a cui si aggiunge il 40% dei boschi, per un totale di 35.000 chilometri quadrati. L'associazione onlus Forum per i diritti dei bambini di Chernobyl cura anche l'invio di aiuti umanitari e offre assistenza sanitaria mirata a ragazzi che non potrebbero essere adeguatamente curati nei loro Paesi di origine. La promozione di scambi culturali, col fine di aumentare la conoscenza delle condizioni di vita delle zone contaminate e promuovere la consapevolezza del problema, è un ulteriore obiettivo che il Forum si propone. Sono tanti i "Bambini di Chernobyl" che hanno trovato una seconda famiglia nel nostro Paese, conoscendo la nostra cultura e apprendendo la nostra lingua. Bambini che hanno imparato in fretta come tutti i loro coetanei e che, soprattutto, hanno trovato una chance in più per crescere sani. I soggiorni a scopo terapeutico nel nostro Paese di bambini bielorussi e ucraini - come racconta un reportage di Sky Italia realizzato per il 25° anniversario della tragedia - sono cominciati nel 1993 con punte medie, stando alle cifre diffuse dal Censis, di 40 mila unità all'anno fino al 2002. Successivamente, anche a motivo degli anni trascorsi dal disastro, i numeri hanno subito una flessione: circa 30 mila unità all’anno. Nel 2010, infine, secondo i dati pubblicati dal Comitato minori stranieri del ministero del Welfare (istituito nel 1994 proprio in relazione ai progetti legati a Chernobyl), i bambini arrivati in Italia da Bielorussia e Ucraina sono stati 19.280.
L'età dei piccoli va dai 6 ai 17 anni e la fascia anagrafica prevalente è quella dagli 8 ai 12 anni. I pericoli legati alla contaminazione nucleare, infatti, dopo 25 anni ancora non sono passati. "Si tratta - spiega Massimo Tosti Balducci, specializzato in endocrinologia e medicina nucleare - di rischi legati alla contaminazione dei cibi dal cesio, ancora presente nella terra delle zone colpite dalle radiazioni". Quindi a distanza di tanti anni, i danni sarebbero più difficilmente evidenziabili ma rimangono legati certamente all’aumento del rischio di numerose malattie. Per i dieci anni successivi all’incidente invece, a parere sempre dell'esperto italiano, i danni per la salute sono stati legati anche alla presenza di iodio radioattivo, che ha causato un significativo incremento dei tumori alla tiroide nei bambini. "I benefici dei soggiorni nel nostro Paese sono molteplici - spiega ancora Balducci, già referente scientifico dei progetti portati avanti in questo ambito da Legambiente - e vanno da un’alimentazione più sana agli accertamenti medici accurati cui vengono sottoposti in Italia per evidenziare patologie. Al termine dei soggiorni italiani, infatti, nei bambini si è riscontrata una percentuale di Cesio diminuita del 50% rispetto all'arrivo.
Proprio Legambiente, però, ha scelto negli ultimi anni una maniera diversa per aiutare i bambini bielorussi, facendo in modo che questi non tornassero sempre dalle stesse famiglie e che venisse privilegiato chi non era mai partito. Un metodo alternativo per tentare di scongiurare le ricorrenti aspettative, tanto nei bambini quanto nelle famiglie, legate a una prospettiva di adozione. Così, dopo la vicenda più clamorosa dei coniugi di Cogoleto, che nel 2006 tennero nascosta la bambina bielorussa che era stata loro affidata, si è puntato all'organizzazione di soggiorni in loco dove i bambini sono comunque alimentati in maniera sana, assistiti e curati. Soggiorni che si svolgono nell'ambito del "Progetto Rugiada", che mira a sviluppare una sensibilità circa la salute dei bambini nei loro luoghi d’origine.
Dai bambini di Chernobyl, il pensiero corre inevitabilmente a quelli di Fukushima. La domanda che continua a ricorrere è se sia possibile ipotizzare rischi simili, dopo il terremoto che ha colpito la centrale nucleare giapponese. “Per quello che sappiamo - rispondono da Legambiente - sono due situazioni diverse. La radioattivià a Fukushima è fuoriuscita in quantità minore e soprattutto più diluita nel tempo e dunque nell’atmosfera. Chernobyl è stata invece come una pentola a pressione, esplosa all’improvviso. Ma su quelle che saranno le conseguenze per la salute in Giappone, non si possono fare previsioni". Solo in Giappone?
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