Chernobyl: a 29 anni dal disastro la situazione è ancora gravissima. Nuova centrale nucleare in Bielorussia

Creato il 26 aprile 2015 da Stivalepensante @StivalePensante

Cade oggi l’anniversario del disastro della centrale nucleare di Chernobyl, avvenuto il 26 aprile 1986, ma “a quasi 30 anni di distanza dall’incidente la situazione in Bielorussia, Russia e Ucraina è ancora gravissima”. E’ Legambiente a lanciare la dura accusa affermando che “ancora 5 milioni di persone vivono in zone radioattive, dove i livelli di contaminazione continuano ad essere elevati soprattutto nelle derrate alimentari, provocando tumori e leucemie soprattutto nei bambini, che sono i soggetti più vulnerabili”. Molto interessante l’e-Book scritto da Emanuela Zuccalà, “Giardino Atomico”, un lavoro tra reportage ed inchiesta che raccoglie documenti, informazioni e tante testimonianze di persone che vivono in quel territorio ancora contaminato.

(readaninterview.com)

Il 26 aprile del 1986 scoppiava il reattore nucleare numero 4 di Chernobyl, in Ucraina, allora una Repubblica dell’Unione Sovietica, ed a quasi 30 anni dal più grande disastro nucleare della storia la situazione in Bielorussia, Russia e Ucraina è ancora gravissima: 5 milioni di persone vivono in zone radioattive, dove i livelli di contaminazione continuano ad essere elevati soprattutto nelle derrate alimentari, provocando tumori e leucemie soprattutto nei bambini, che sono i soggetti più vulnerabili. “Anche se sono passati 29 anni dall’incidente – spiega Angelo Gentili, responsabile Legambiente solidarietà – la situazione continua a essere preoccupante e le persone, soprattutto i bambini, continuano ad ammalarsi. E come se non bastasse, a questo scenario allarmante si somma anche l’insensata costruzione della nuova centrale nucleare di Ostrovets, nel nord della Bielorussia, a soli 55 km dal confine con la Lituania”.

Dopo 29 anni ancora non risolta la questione legata alla messa in sicurezza della centrale. A 29 anni da quella devastante tragedia nucleare non è stata risolta nemmeno la questione, allora come oggi imminente, della messa in sicurezza della centrale di Chernobyl e continuano i costosissimi lavori di costruzione del nuovo sarcofago, alto 92 metri e lungo 245, dopo che quello in cemento posizionato, con ingenti perdite (dai 600.000 – 900.000 “liquidatori” mandati a suicidarsi ed ammalarsi per evitare che il disastro si trasformasse in un dramma planetario). Il sarcofago è stato lesionato e disgregato dalle radiazioni ed è una vera e propria bomba a orologeria che deve essere subito disinnescata. La struttura costa 2 miliardi di euro, ma l’Ucraina devastata dalla guerra civile e in bancarotta ha potuto contribuire solo per l’8% ai lavori, il resto doveva essere finanziato dalla Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo e dalla comunità internazionale. I lavori, iniziati nel 2010, sarebbero dovuti terminare quest’anno ma, a causa della mancanza di fondi, sono slittati almeno fino al novembre 2017 e mancano ancora 615 milioni dei fondi promessi.

Alcune testimonianze dei “liquidatori” mandati quel fatidico giorno, ad evitare che il disastro si trasformasse in un dramma mondiale. Sono diverse le testimonianze che sono state raccolte dalla giornalista Emanuela Zuccalà nell’e-Book “Giardino Atomico” (Infinito Edizioni). Si tratta di un reportage realizzato lungo il confine della “zona morta” attorno all’ex centrale, “in un viaggio di quattrocento chilometri tra la Bielorussia e l’Ucraina” con un’inchiesta che fa il punto sulle contraddizioni esistenti tra quanto affermano i documenti ufficiali con le rilevazioni di alcuni studi indipendenti, sugli effetti delle radiazioni nel luogo del disastro. Particolarmente toccante la testimonianza del figlio di uno dei “liquidatori” della centrale di Chernobyl, inviati a spegnere il rogo del reattore, a evacuare l’area e a costruire in fretta e furia il sarcofago protettivo sul nucleo: “Avevo sedici anni, nel mio villaggio facevo la fame. Mio padre aveva lavorato in Ucraina e io avevo sentito che qui in Bielorussia c’erano case abbandonate da occupare e campi liberi da coltivare. Così sono venuto a Khomjenki, ho scelto una casa, quella in condizioni migliori, e ho trovato lavoro in una stalla poco lontano. Adesso la dirigo io”. “Mi sono trasferita a Khomjenki perché c’è lavoro: siamo solo trenta abitanti, tanta gente è andata via perché i boschi sono contaminati. Io ho i noduli alla tiroide, mia figlia Natalja ha problemi di stomaco e Dimitri sente dei rumori al cuore. Ma stiamo bene qui”, afferma un’altra donna. Il volume ricorda come sul pianeta ci sono 442 centrali nucleari attive e 65 in fase di realizzazione. Una di queste è nella vicina Bielorussia, ampiamente colpita dalla nube radioattiva di Chernobyl.

L’impegno di Legambiente per Chernobyl con il Progetto Rugiada. Importanti sono le iniziative concrete come il “Progetto Rugiada”, con il quale continua l’impegno di Legambiente per aiutare i bambini di Chernobyl. “Ogni anno riusciamo a inserire 100 bambini provenienti dalle zone contaminate nel nostro progetto – racconta Gentili – e a garantire loro ospitalità in un centro all’avanguardia, situato in una zona non contaminata della Bielorussia, dove i bambini possono fare attività didattiche, mangiare cibo sano ed essere sottoposti a controllo sanitario. Inoltre, stiamo lavorando ad un progetto che prevede la creazione di serre controllate nelle scuole delle zone contaminate per la produzione di frutta e verdura non contaminata destinata agli studenti». Il “progetto Rugiada” è sostenuto dai circoli di Legambiente, dal contributo di Weleda e dall’otto per mille della Chiesa valdese. Per ulteriori informazioni consultare il sito legambientesolidarietà.org.


Potrebbero interessarti anche :

Possono interessarti anche questi articoli :