Anno: 2012
Distribuzione: M2 Pictures
Durata: 90’
Genere: Horror
Nazionalità: Stati Uniti
Regia: Brad Parker
Io non voglio fare il cattivo. Non è colpa mia. Giuro che mi sforzo di vedere un lato positivo in ogni cosa, ma i braccioli completamente graffiati della mia poltrona parlano chiaro: come se fossi stato seppellito vivo e avessi grattato disperatamente il coperchio della bara per cercare di uscirne. Dovevo capirlo immediatamente: quando pubblicizzano un film servendosi come biglietto da visita di un horror definito (da loro stessi) “pionieristico”, quale Paranormal Activity, è ovvio che l’horror ce l’hanno loro, nella testa.
Quindi, ricapitolando: un gruppo di giovani, una coppia e una candela, fa un viaggio in giro per l’Europa. Fanno tappa a Kiev, per far visita al fratello di Chris (Jesse McCartney… Jesse McCartney???), e decidono di fare “turismo estremo” a Pripyat, una città adiacente alla centrale di Chernobyl, abbandonata improvvisamente la notte del disastro nucleare avvenuto nel 1986, senza che gli abitanti avessero il tempo di raccogliere i loro effetti personali. Dopo qualche minuto di discutibili goliardate (dovreste vederli questi ragazzotti di trent’anni come si divertono e ridono a crepapelle per le buche che prende il furgone durante il tragitto, uno spasso), al momento di ripartire il furgone si rompe. I giovani si rendono conto di non essere soli e, con l’arrivo delle tenebre, comincia la loro odissea.
I dialoghi sono stati scritti da mia nipote, sei anni a luglio, e non c’è nulla da salvare, neanche a voler essere clementi. Si alternano urla isteriche a pessime proposte per superare il momento di difficoltà, fino ad arrivare a profonde riflessioni sul complicato rapporto fra i due fratelli proprio mentre il gruppo è inseguito da quattro o cinque cani radioattivi. È il classico horror in cui, a ogni soluzione scelta dal regista, lo spettatore sgrana gli occhi e dice fra sé: “Ma dai, veramente? Non scherziamo”. Giusto per intendersi meglio, trasuderebbe molta più tensione un lungometraggio che ha per soggetto uno sbronzo che cerca il letto al buio in piena notte.
Fra le pochissime cose positive va menzionato il lavoro alle musiche di Diego Stocco, un tocco di raffinatezza in un mare di mediocrità imbarazzante; la scenografia, davvero suggestiva, come il soggetto del resto; e alcune bellissime immagini notturne della città di Pripyat, ma per questi due ultimi aspetti bastava un semplice album fotografico. Neanche a parlarne del finale. A quanto pare questo è il primo lungometraggio di Brad Parker. È ancora in tempo. No, non per migliorare, ma per ritirarsi.
Riccardo Cammalleri