Il pomeriggio è stato dedicato al lavoro di gruppo: si sono, infatti, svolti i laboratori, in cui si abbiamo vissuto un momento di revisione e condivisione. La riflessione essenzialmente ha riguardato i temi trattati nella mattinata ma con una accezione decisamente più personale. L’attività infatti consisteva in un’analisi della propria esperienza di animazione, soffermandosi sulle occasioni in cui si manifestano le polarità trattate dai relatori. Così, divisi in piccoli gruppi, abbiamo riflettuto e condiviso i momenti in cui durante il servizio che facciamo, in parrocchia o nella nostra comunità, sperimentiamo con mano che il tempo è superiore allo spazio, l’unità è superiore al conflitto, la realtà è più importante dell’idea ed il tutto è superiore alla parte.
Grazie soprattutto all’eterogeneità delle provenienze dei componenti dei piccoli gruppi di condivisione, dai loro diversi modi di fare animazione e di vivere il carisma salesiano, sono emersi davvero degli ottimi spunti da ponderare; inoltre è maturata la consapevolezza che su molti aspetti dell’educazione, in cui crediamo di sapere già molto, abbiamo ancora molto da imparare, io per primo. È emersa la necessità di scavare innanzitutto dentro di noi, spesso infatti ci mancano i fondamenti : “abbiamo tutti la laurea ma non sappiamo leggere né scrivere”. Un piccolo passo in mezzo alle nostre difficoltà è meglio che un’intera vita fatta di un “bene” soltanto esteriore: come sottolineavano i relatori “non è possibile rinunciare mai al bene possibile per un irrealizzabile bene perfetto” .
La peculiarità che distingueva don Bosco da tutti gli atri era che non faceva fotocopie, non si poneva mai allo stesso modo con due ragazzi diversi, bensì aveva l’umiltà di riconoscere che non erano loro a doversi adeguare a quello che lui proponeva, ma lui a doversi “adattare” ai ragazzi che aveva di fronte, ognuno con una storia diversa alle spalle: solo conoscendoli meglio avrebbe potuto parlare alla loro vita e trasmettergli quel messaggio di speranza di cui lui era ed è portatore. Ecco quindi che anche noi dobbiamo iniziare con questi presupposti in quest’anno pastorale che ci aspetta, il fatto di frequentare corsi di formazione di qualsiasi tipo, che siano quelli per i futuri leader del TGS, che siano i vari gruppi ispettoriali proposti dall’MGS o le varie proposte rivolte ai giovani nelle nostre parrocchie, non ci deve dare l’idea (a me per primo) di essere sempre nel giusto, di essere dei bravi animatori per definizione, di non poter mai sbagliare e di fare sempre il meglio per i ragazzi che ci sono affidati. Don Bosco ci insegna che la vera maturità sta nel farsi piccoli e umili, nel cercare di plasmare la nostra proposta educativa sulle loro esigenze, su quello di cui hanno più bisogno: dobbiamo ricordarci che prima di tutto noi siamo lì per loro, con una particolare attenzione per gli ultimi e gli emarginati, lo stesso Vangelo dice che il “medico serve per gli ammalati e non per i sani”, perché solo se si sentono amati e voluti bene potranno a loro volta, un giorno, dare se stessi.
In conclusione, in quest’anno dedicato al tema della Misericordia cerchiamo di fare sempre un passo avanti invece di uno indietro, la soluzione più facile spesso non è la migliore soprattutto in ambito educativo. Questo incontro è stato davvero molto utile per mettere un po’ di ordine tra i mille propositi che ci si prende all’inizio dell’anno. Don Bosco infatti diceva: “prendetevi anche un solo piccolo impegno, ma verificabile”.
Stefano
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