Chi ben comincia #2: i deportati di Stalin

Creato il 28 gennaio 2014 da Nageki @nagikka

Mi hanno tolto tutto.
Mi hanno lasciato soltanto il buio e il freddo.
Ma io voglio vivere. A ogni costo.

Buonasera lettori della rete,
sono qui appostata di fianco alla finestra ed ogni tanto sbircio fuori, nella speranza di scorgere qualche fiocco di neve. Tutti gli anni la attendo impaziente durante il periodo natalizio, ma ahimè non vengo mai esaudita. Sotto sotto sono rimasta un'inguaribile bambinona che si esalta per il paesaggio imbiancato, il rumore della neve sotto ai piedi, il silenzio ovattato e la mia cagnotta che scorrazza felice zampettando per il giardino. Amo la neve, e voi? :)
Dubito debba spiegarvi il regolamento ogni volta, ad ogni modo quest'oggi è tempo della rubrica Chi ben comincia. Vi riporto dunque uno stralcio del primo capitolo di Avevano spento anche la luna, di Ruta Sepetys.
Mi raccomando, se lo avete letto fatemi sapere le vostre impressioni okay? :)
Il romanzo è narrato in prima persona da Lina, ragazzina quindicenne deportata nei kolchoz sovietici dagli uomini dell'NKDV (l'esercito sovietico) e nelle gelide terre della Siberia. Mentre in Germania Hitler sterminava milioni di ebrei, Stalin consolidava il suo potere deportando ulteriori innocenti, costretti a coltivare barbabietole e scavare fosse comuni con le proprie mani.
Un romanzo che fa luce su terribili atrocità, vissuti con gli occhi di Lina, una ragazzina privata della propria giovinezza.
Mi portarono via in camicia da notte.
Ripensandoci, i segnali c'erano tutti: foto di famigliabruciate nel camino, la mamma che nel cuore della notte cuciva l'argenteria e i gioielli più belli nella fodera del suo cappotto e il papà che non tornava dal lavoro. Il mio fratellino, Jonas, continuava a fare domande. Anch'io ne facevo, ma forse mi rifiutavo di riconoscere i segnali. Solo più tardi mi resi conto che la mamma e il papà intendevano scappare con noi. Ma non scappammo.
Fummo portati via.
14 Giugno 1941. Mi ero messa la camicia da notte e mi ero seduta alla scrivania per scrivere a mia cugina Joana. Aprii un nuovo blocco di carta avoriata e un astuccio di penne e matite, un regalo della zia per il mio quindicesimo compleanno.
La brezza serale entrava dalla finestra aperta e fluttuava sulla scrivania, facendo danzare le tende. Sentivo il profumo del mughetto che io e la mamma avevamo piantato due anni prima. «Cara Joana.»
Non fu un bussare. Fu un rimbombo cupo e insistente che mi fece sobbalzare sulla sedia. Dei pugni battevano sulla nostra porta d'ingresso. Dentro casa, nessuno si mosse. Io mi alzai dalla scrivania e sbirciai in corridoio. Mia madre era appiattita contro la parete, di fronte alla carta della Lituania incorniciata, con gli occhiu chiusi e il viso tirato da un'angoscia che non vi avevo mai visto prima. Stava pregando.
«Mamma», disse Jonas, un solo occhio visibile attraverso la fessura della porta in camera sua, «hai intenzione di aprire? Sembra quasi che vogliano buttarla giù»

Non ho ancora terminato la lettura di Avevano spento anche la luna, ma trovo sia un libro intensissimo in cui la narrazione degli eventi si alterna ai ricordi di Lina e della propria famiglia. Duro, difficile da digerire in quanto assolutamente reale ma proprio per questo necessita di essere letto. Ve lo consiglio vivamente.

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