5 gennaio 2015 di Redazione
di Paolo Vincenti
Caro amico ti scrivo così mi distraggo un po’
e siccome sei molto lontano più forte ti scriverò.
Da quando sei partito c’è una grossa novità,
l’anno vecchio è finito ormai
ma qualcosa ancora qui non va.
(“L’anno che verrà” – Lucio Dalla)E l’anno che è venuto è solo un anno che è venuto e l’anno che è venuto è solo un anno che è passato e l’anno che è passato è solo un anno che ho vissuto
e l’anno che è passato è solo un anno che se n’è andato via.
(“L’anno che è venuto” – Roberto Vecchioni)
“Mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte o se non vengo per niente?”. Confesso che per un momento mi ha sfiorato il dubbio amletico di Nanni Moretti in “Ecce Bombo”, quando ho declinato gli inviti di amici e parenti a festeggiare la notte di San Silvestro in grande stile, fra cenoni in case private o in locali à la page. Ma per quest’anno ho preferito restare a casa, dando a ciascuno di essi delle motivazioni differenti e il più possibile credibili. Agli amici che so essere votati ai valori della famiglia e della tradizione e amanti del calore del focolare domestico, ho detto: “no, non vengo, preferisco godermi le gioie degli affetti famigliari quest’anno”. A quelli che hanno i genitori molto anziani oppure li hanno perduti da poco, ho fatto sapere che preferivo restare a far compagnia ai miei anziani genitori ( i quali invece sono andati a divertirsi insieme ai loro amici ad un cenone organizzato). Agli amici scapoli impenitenti, che mi invitavano a festeggiare in un locale da ballo, ho risposto con aria finto sconsolata: “ehh.. sapeste che invidia mi fate! Purtroppo a me, con moglie e figli piccoli, certi divertimenti sono preclusi “( e mentre lo dicevo, i miei ragazzi si scatenavano con lo stereo acceso al ritmo di vari balli latini). Con gli amici colti, intellettuali di sinistra, ho sentenziato: “ma lo sapete che disdegno queste feste caciarone e volgari, io resto a casa a guardare un bel film di Nanni Moretti, come ‘Aprile’ ( lo rivedi ed è sempre nuovo), oppure di Gillo Pontecorvo, come il bellissimo ‘Kapò’”. Agli amici intellettuali di destra, ho notificato: “me ne frego delle feste e dei veglioni, resto a casa a guardare un film di Pasquale Squitieri, anzi meglio, di Renzo Martinelli, e penso che sceglierò ‘Barbarossa’. Sì, proprio così”. Agli amici simpatizzanti del Movimento Cinque Stelle ho fatto sapere: “rimarrò fra le mura domestiche a guardare un vecchio film di Beppe Grillo, “Cercasi Gesù”, uno dei migliori della cinematografia italiana, un film profetico!”(coi Cinque Stelle bisogna sempre calcare un po’ la mano). Infine, convincere mia moglie è stato facilissimo, puntando sul costo eccessivo delle quote di partecipazione alle cene organizzate ( “e che, di questi tempi, mica si possono buttare i soldi, eh..!”)
Così, raggiunto lo scopo prefissato, il 31 dicembre mi predispongo ad una tranquilla serata casalinga e alle 20.30 ascolto il discorso di fine anno del Presidente della Repubblica, trasmesso a reti unificate, in cui Napolitano annuncia le sue dimissioni per avanzati limiti di età. L’ultimo dell’anno è sempre tempo di bilanci, consuntivi, e troppo spesso questi sono in rosso, dunque meglio evitare il colpo apoplettico del default rinnovando, per una sera, la bolla euforica speculativa e mantenendo nei confronti del futuro una dotta ignoranza poiché di esso, come di Dio, non si può dire nulla. (Maghi astrologi e santoni esibiscano regolare dispensa prima di vaticinare). E dopo il messaggio presidenziale, via alla musica e ai sorrisi e canzoni con la trasmissione di Rai 1 “L’anno che verrà”, condotta da Courmayeur da Flavio Insinna ( uno che, per varietà di linguaggio, pare un Accademico della Crusca in confronto a Carlo Conti, il negro di Viale Mazzini). Per il deficit di bilancio di cui sopra, meglio evitare la trasmissione di Rete 4 “Terra”, che propone un resoconto dell’anno 2014 (da dimenticare). Su Rai 2, un film di fantascienza, che però i ragazzi non sembrano apprezzare (riescono a pronosticare se un film piacerà oppure no già dal primo frame, incredibile..). Purtroppo, non avendo nessuno dei dvd dei film di cui ho parlato agli amici e nemmeno l’abbonamento a Sky Cinema, c’è davvero poco da scialare, televisivamente parlando. Su Canale 5, una trasmissione omologa di quella di Rai 1: la festa organizzata da Gigi D’Alessio e Anna Tatangelo, nella centrale Piazza Plebiscito di Napoli. Su Rai 3, il solito circo di Montecarlo, di una tristezza infinita. E mentre sui canali generalisti, cantanti intrattengono, comici cantano, soubrette conducono e conduttori soubretteggiano, mi rimane Sky tg 24 a manetta, pressappoco come tutte le altre sere. E dunque via ai commenti più disparati al discorso presidenziale appena pronunciato, alle immagini della tragedia a bordo del traghetto Norman Atlantic nel canale d’Otranto e alla notizia dell’ennesimo bambino, Simone, scannato dalla madre a San Severino Marche. A questo punto, la depressione comincia a lambirmi. Mia moglie mi guarda fra il contrito e l’indispettito, per il fatto che pure la notte di capodanno le è toccato spadellare e lavare piatti; i miei figli mi guardano torvi perché avrebbero preferito stare a divertirsi con gli amichetti in qualche serata danzante e sfogano la loro vivacità repressa dando fondo a tutte le scorte di rauti e mortaretti di cui dispongono: in un impeto di euforia sansilvestrina fanno anche tremare i vetri ed esplodere due vasi di gerani della casa dirimpetto alla nostra, tanto che devo subire al telefono l’ira funesta degli anziani vicini bruscamente destati dal placido sonno. Inoltre, dei parenti che telefonano dopo la mezzanotte per dare gli auguri, suocera, sorelle, fratelli, cognati, nipoti, nessuno chiede di me, tutti evidentemente offesi dal mio rifiuto di unirmi a loro per i festeggiamenti. A questo punto, non so da quale andito della memoria,mi vengono in mente i versi del Dies irae di Tommaso da Celano (XIII Secolo): “Dies Irae, dies illa/solvet saeclum in favilla:/ teste David cum Sybilla. “Il giorno dell’ira, quel giorno che / dissolverà il mondo terreno in cenere / come annunciato da Davide e dalla Sibilla. /Quanto terrore verrà /quando il giudice giungerà/ a giudicare severamente ogni cosa”.
Quando si avvicina la fine dell’ anno, o di un evo, è facile che l’umanità venga condizionata da paure, timori ancestrali, e risulti più sensibile ad oscure profezie (le più gettonate, nel giro di boa del 2000, sono state quelle di Nostradamus). Per i cristiani in passato, c’era (ma c’è ancora) l’Apocalisse di Giovanni: “ed ecco si fece un gran terremoto, e il sole si fece nero, e la luna si fece tutta sangue, e le stelle caddero dal cielo sopra la terra […] e ogni monte e le isole si mossero dai loro luoghi. E i re della terra e i principi e i tribuni e i ricchi e i forti e ogni servo e libero si nascosero nelle spelonche e nelle pietre dei monti. E dicono ai morti e alle pietre: Cadete sopra noi e nascondeteci dalla faccia di Colui che siede sopra il trono e dall’ira dell’Agnello, poiché è venuto il grande giorno dell’ira”. Per i pagani, vi erano le profezie della Sibilla Cumana, a cui si richiama appunto Tommaso da Celano: “Teste David cum Sibylla”. Ogni passaggio importante, ogni svolta epocale della storia, porta con sé psicosi difficili da vincere. San Cipriano, nel 250 d.C. , voleva offrire la prova scientifica che le profezie, sia cristiane che pagane, erano prossime ad avverarsi, “il giorno del giudizio si avvicina”. Cipriano affermava che la secolare lotta fra Dio e il Diavolo era giunta all’ esplosione finale e che bisognava aspettarsi le trombe del Giudizio. L’umanità , nel Medioevo, si fece condizionare dalla suggestione che il dies irae fosse vicino e ad ogni nuova invasione barbarica, ad ogni epidemia, guerra o sconvolgimento politico, si faceva concreta la psicosi dell’Anticristo. In realtà, nell’anno Mille non risuonarono le bibliche trombe del giudizio universale, come non sono risuonate qualche anno fa, nel Duemila, e il mondo non è ancora precipitato nelle fiamme dell’Apocalisse. “La tromba diffondendo un suono mirabile/ tra i sepolcri del mondo / spingerà tutti davanti al trono. / La Morte e la Natura si stupiranno / quando risorgerà ogni creatura / per rispondere al giudice.”
Per il capodanno del 2000, torme di futurologi e cialtroni mediatici si scatenavano a prevedere apocalissi tecnologiche ( ricordate il millennium bug?). Quest’anno invece, a movimentare l’attesa della vigilia, solo le profezie sull’imminente fine del mondo di Ali Agcà, l’attentatore di Papa Woityla, lui sì una macchietta, che fa ridere più dei comici insipienti di Rai 1 e Canale 5. E mentre in tv cantano Fedez e Albano, Francesco Renga e Raf, e fra ricchi premi e cotillons scatta il countdown per la mezzanotte, ritorno ancora ai versi di Tommaso da Celano: “ Sarà presentato il libro scritto / nel quale è contenuto tutto, / dal quale si giudicherà il mondo. / E dunque quando il giudice si siederà, / ogni cosa nascosta sarà svelata, / niente rimarrà invendicato.”. I telegiornali trasmettono le immagini della nave Blue Sky che arriva a Gallipoli con 800 migranti clandestini, uno degli sbarchi più imponenti degli ultimi decenni, e intanto informano che va stringendosi il cerchio intorno alla madre assassina del piccolo Loris Stival, inchiodata alle proprie responsabilità. Così vado a dormire, fortemente scosso, mentre gli spari che risuonano nelle strade, nel mio blob onirico, si frammischiano ai rumori dei bombardamenti di qualche guerra nel medio oriente, e dei morti e feriti vittime ogni anno dei botti di San Silvestro. E fra “male erbe e sterile zizzania che ricoprono i campi”, come scriveva nell’XI Secolo il monaco Rodolfo il Glabro, in una orripilante descrizione della carestia che aveva colpito in quel tempo la Borgogna, “e viandanti che vengono assaliti e poi tagliati a pezzi, cotti col fuoco e divorati, persone che vagano per sfuggire alla carestia, trovano ospitalità lungo la strada e poi vengono sgozzate durante la notte e servono da nutrimento a coloro che le hanno accolte”, chiese che sono spogliate dei loro ornamenti, abitazioni depredate, invasione di cavallette, piaghe e pestiferi bubboni, singhiozzi, afflizione, gemiti disperati, il mio sonno è più agitato che mai. Basta, l’anno prossimo, al cenone organizzato, mi prenoto fin da novembre. Qualsiasi cosa, meglio degli incubi apocalittici, anche le stelle filanti, le marcette, i trenini e “ ay ay caramba” e “il mio amico Charlie Brown”! Molto meglio le trombette sfiatate pepperepè, che le trombe di Giosafatte!