Chi comanda a questo mondo? [VIII]

Creato il 12 marzo 2012 da Tnepd

A chi capitasse su questo testo senza aver letto i capitoli precedenti, consiglio di partire dal primo capitolo.

Insomma, il mondo è bello perché è vario, ma evidentemente non abbastanza. Infatti i più non riusciranno ad aprire gli occhi prima che sia troppo tardi.

Temo che risulterà vano lo sforzo elargito dai tenaci comunicatori di libero pensiero allo scopo di reindirizzare il corso degli eventi convincendo le persone a riconvertirsi alla ragione, al buon senso ed alla pace. E’ troppo difficile, impossibile – come detto – che la redenzione avvenga senza uno shock. No shock, no redenzione. Convinto di questo, chi auspica per l’umanità un “salto di consapevolezza” sta lavorando alacremente alla produzione di un bel botto globale.

Si provino a visualizzare le “masse” – intese come agglomerati di persone – e ad enumerarle se ci si riesce. Miliardi di individui, di cui buona parte analfabeti e massima parte aggrovigliati nei miasmi del sistema. E’ impossibile, sono troppi ed impreparati. Figuriamoci se li si riesce a riconvertire tutti al buon senso. In effetti non ci si riesce nemmeno con categorie più ristrette e che si presumerebbero più ricettive.

Basti pensare che il 99% degli analisti storico-politici considerati notevoli (quelli “pubblicati”) disquisiscono ancora in termini di Stati e nella contingenza attuale sostengono che l’Iran, la Cina e la Russia sono fuori dal ‘Sistema Occidentale’ o che – quanto meno – rispondono ad un padrone differente dagli Stati Uniti e dall’Europa. Globalisti per vent’anni, oggi si riscoprono revanscisti della favola della destra e della sinistra. Non può esistere localismo politico in un contesto economicamente globalizzato. Gli Stati nazionali non esistono più da un pezzo.

Nulla esiste più da un pezzo perché nulla è come la gente crede che sia, da generazioni. Tutto è reale ma nulla è vero.

La politica è un teatro di pupi, recitano tutti; l’economia è una barzelletta costruita affinché il pollame accumuli debiti (in ultima analisi inesegibili); la finanza è un casinò coi tavoli truccati; l’arte è decaduta ad intrattenimento e/o propaganda; i preti celebrano matrimoni e si fanno spompinare dai chierichetti tanto un vescovo tedesco insegna loro come farla franca; l-aria, le acque e le terre sono inquinate da sostanze tossiche che siamo noi i primi a far finta di non vedere; il sole è perennemente oscurato da scie di veleni spruzzati appositamente per noi. Ma che ci frega! Tanto le vaccinazioni ci hanno condannato ad essere handicappati per tutta la vita. La mia generazione e quelle successive sono spacciate dalla nascita. Quei babbei dei nostri genitori ci hanno fottuto l’esistenza al terzo mese. Siamo tutti sulla stessa barca. Bianchi, neri, gialli, giovani, vecchi, alti, bassi, belli, brutti, polli e somari. Siamo tutti sulla stessa fottutissima barca. Rendersene conto aiuta a sollevare un poco le palpebre.

Aprire gli occhi oggi, per come la vedo io, non significa soltanto rendersi conto delle evidenti storture del sistema e non significa nemmeno scoprirne qualcuna in più degli altri. Coloro i quali hanno compreso la futilità del discorrere di politica ‘nazionale’ in un mondo privo di poteri nazionali non sono affatto fuori dal coma. Coloro i quali hanno imparato ad osservare l’evolversi degli eventi umani, oltrepassando almeno in parte la coltre di menzogne e luoghi comuni di cui siamo quotidianamente sommersi dalla nascita alla morte, godono di un punto di vista favorevole ma ciò non è ancora sufficiente.

Aprire davvero gli occhi sulle dinamiche del potere, per chi ha già assolto i due punti precedenti, significa rendersi conto che non c’è modo di arrestare il processo, significa accorgersi ed ammettere che le forze in gioco sono così sproporzionate che né un singolo, né un gruppo più o meno organizzato, né uno Stato (se mai ne esiste ancora qualcuno) possono opporsi al programma stabilito. ‘Quelli a cui non frega un cazzo’ sono e saranno sempre la maggioranza preponderante della comunità. Cercare di spiegargliela ad uno ad uno, o cento per volta, non è la via.

Se siamo davvero consapevoli della longevità della gestione del potere mondiale e della diffusione virulenta del male dentro ed intorno a noi, se davvero riusciamo ad ammettere a noi stessi quanto siamo a tutt’oggi condizionati fino alla più banale delle azioni e alla più indubitabile delle convinzioni, se rigettiamo l’orgoglio ed accettiamo l’umiltà, se davvero ci lasciamo folgorare dal dubbio, allora – caro mio – benvenuto nel club di chi ha capito che non c’è verso di ‘sconfiggere i cattivi’.

E non sono di certo quattro blogger del terzo millennio i primi ad essersi resi conto di come gira la fiera, che i padroni vincono sempre. Se ne sarà ben accorto qualcun altro nel corso dei secoli che da Babilonia ci hanno condotto all’oggi. Qualcuno si sarà ben reso conto dell’inevitabilità della faccenda, che il banco vince sempre, che i lieto fine li hanno inventati loro perché tutta la letteratura scolastica (ossia la sola letteratura a cui accede il 90% dei non analfabeti italiani e del mondo) è roba loro. E sono loro le canzonette, il cinema, i media di massa, le banche, le multinazionali, gli eserciti, le religioni, i governi, i servizi segreti, le proprietà immobiliari, le riserve auree ed alimentari, i brevetti, le sementi, le terre e le foreste e dai! E’ tutta roba loro. E’ tutta roba loro!

Possiamo cliccare tutti i “Mi Piace” che vogliamo. A questi non gli torciamo un capello.

E se mai riesci ad aprire uno spiraglio in uno qualsiasi degli ambiti del potere, se la tua audience supera il limite permesso, se fai un passo oltre, se caghi fuori dalla tazza questi ti fanno sparire e nessuno si ricorderà mai di te, i tuoi parenti penseranno ad un incidente e ciao. La lista dei suicidati è lunga.

Dal canto mio considero l’attività di ricerca della blogosfera, con tutti i suoi inconvenienti, un’attività assolutamente meritoria ed utile, uno splendido escamotage per riempire il tempo. Cosa buona, insomma. A livello individuale può essere considerata una via per dare un senso al proprio vivere sociale, un fare la propria parte. Di certo è l’ultima spiaggia di buon senso che resta al mondo della comunicazione. Ma non sarà mai “la” soluzione o parte della soluzione perché non c’è una soluzione, perché non c’è una verità. La blogosfera non impedirà l’avvento dello shock. Lo shock è inevitabile.

Farsene una ragione e cominciare a discutere partendo da questa premessa può aiutarci ad interpretare meglio la domanda che ormai ci perseguita da otto puntate: “Chi comanda a questo mondo?

Chi è il capitano della tinozza da crociera su cui siamo tutti, volenti o nolenti, imbarcati?

Perché la prua punta dritta su quel grosso iceberg?

Scusi, mi può indicare la toilette?

Continua…


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