E’ un problema scomodo di cui si parla poco, anche se è vero che il fenomeno interessa percentuali minime di tutori dell’ordine e che siamo composti ancora in massima parte da persone oneste. All’emergere di ogni scandalo si somministrava all’opinione pubblica la storiella che “il corpo è sano e che si tratta di isolate mele marce”.
Opinione condivisa ma di fatto i nostri generaloni non hanno mai preso alcuna iniziativa per creare una reale azione ispettiva interna, probabilmente vista come una insidiosa limitazione al loro potere assoluto. Nell’Arma non vi è un ufficio demandato a compiere vere e proprie indagini interne, sia amministrative che penali, l’ispezione viene effettuata dai comandanti dei singoli reparti: vi è il superiore che va “in visita” ai comandi dipendenti.
Questi, spesso, oltre a non essere “eticamente attrezzato”, avendo come fine ultimo quello di fare carriera ad ogni costo, è legato da vincoli di amicizia con il titolare dell’ufficio che deve essere ispezionato. Più che a delle ispezioni assistiamo a delle visite di cortesia dove il comandante del reparto ed il superiore si scambiano quattro chiacchiere. Inoltre gli alti comandi sono immuni da visite: godono del dono dell’infallibilità.
Di fatto nessuno controlla se il personale viene impiegato correttamente (accade che questo viene “tolto dalla strada” con incarichi quali cameriere, carpentiere, faccendiere, lavapiatti, portalettere, idraulico, elettricista, meccanico, factotum ecc., mansione che “ci tiene al caldo, al riparo dai rischi del mestiere” e viene “gratificata” con una carriera priva di intoppi, in barba al cittadino), nessuno controlla sulla corretta assegnazione delle ore di lavoro straordinario (spesso vengono ripartite tra uffici a discapito del personale che svolge servizi operativi), sulla corretta gestione delle mense, su come vengono utilizzati i mezzi dell’amministrazione (auto di servizio, elicotteri,ecc) su come vengono gestiti alcuni fondi, ecc. ; nessuno controlla i nostri controllori, la casta degli ufficiali che, ripeto, godono del dono dell’infallibilità e della rettitudine morale (anche se i fatti di cronaca purtroppo dimostrano tutt’altro).
Chi comanda detta autoritariamente e, spesso, arbitrariamente, la sua legge. In tale contesto si ha paura di denunciare il collega corrotto, specie se riveste un ruolo di comando e questi continua ad agire indisturbato, senza alcun timor di pena. Chi rompe il velo dell’omertà e denuncia sa che verrà emarginato e marchiato a fuoco con appellativi quale “traditore”, “infame” o “servo sciocco” e che si gioca reputazione, dignità, carriera e sede di servizio. Si crea un circolo vizioso che crea omertà e malaffare interno che, in mancanza di strumenti per reprimerlo, è destinato a propagarsi. Non si può pretendere che a svolgere le inchieste interne sia il colonnello di turno, spesso comandante dello stesso reparto dove si deve indagare, o qualche suo collega compiacente nella giustizia delle procure militari, non esenti da condizionamenti verticistici.
Occorre creare subito nell’Arma un ufficio ispettivo interno: “la disciplinare”. Recentemente ho letto in un testo “Cocer” che si vuole formare questo ufficio ispettivo a livello comando generale, formato da chi ? Ma da generali, naturalmente. E’ la solita manovra di aggiramento delle alte gerarchie per mantenere accentrata la gestione del potere e mettersi al riparo da attacchi !
La disciplinare deve essere operante e valida per tutti i militari di ogni ordine e grado, deve essere costituita da un ufficio sganciato dalle gerarchie, dal sistema piramidale delle cordate; posto eventualmente a livello Ministero Interno, con poteri di investigazione.
Chiunque sbagli deve pagare, anche (ed a maggior ragione) se questi è un generale. Per il bene dell’intera comunità.
Antonio Cautillo per GrNet.it