Chi difende il cavaliere

Creato il 12 febbraio 2013 da Casarrubea

Silvio Berlusconi

Il cavaliere Silvio Berlusconi, in arte Papi, tessera P2 1816, è difeso nei vari procedimenti penali cui è sottoposto (in quanto perseguitato dalle toghe rosse, ovviamente) dagli avvocati Piero Longo e Niccolò Ghedini, padovani. Noi li conosciamo oggi come politici del Po(po)lo delle libertà, il secondo anche come facitore di leggi ad personam, ma vale la pena di fare l’ennesimo tuffo nel passato per vedere il background ideologico e culturale di questi due penalisti.

Niccolò Ghedini, classe 1959, è l’ultimogenito dell’avvocato padovano Giuseppe Ghedini, ex ufficiale di cavalleria e titolare di uno studio legale nel quale, alla sua morte avvenuta nel 1973, le due figlie cooptarono un giovane avvocato, all’epoca assistente universitario: Piero Longo, classe 1944.

In un articolo (G. Riva su “Ghedini la toga nera” in http://lerane.wordpress.com/2009/09/24/ghedini-la-toga-nera/) leggiamo che Longo iniziò la militanza neofascista al liceo e che fu per molto tempo legato ad ambienti di Ordine nuovo; lo troviamo tra il pubblico del processo svoltosi a Padova contro Franco Freda accusato di estorsione nei confronti di un camerata triestino, l’avvocato Gabriele Forziati, che era stato sequestrato e minacciato perché aveva saputo delle cose sugli attentati del 1969 che potevano coinvolgere i suoi sodali (fatti non chiariti all’epoca, ma soltanto successivamente, quando ormai i reati erano prescritti, oppure gli imputati erano già stati prosciolti in via definitiva e non potevano più essere giudicati). Naturalmente presenziare ad un processo non significa nulla, così come il fatto che Longo abbia assunto la difesa di molti ordinovisti sotto processo per la costituzione del movimento neofascista, di per se stesso non avrebbe molta pregnanza, non fosse che nella cronologia della fondazione Cipriani, curata da Vincenzo Vinciguerra (il terrorista di Ordine nuovo condannato all’ergastolo per la strage di Peteano del 1972) leggiamo che tra i 127 partecipanti ad un “corso di aggiornamento del MSI per dirigenti giovanili) svoltosi a Rieti il 5/9/69, assieme ad altri ordinovisti come Delfo Zorzi (accusato di essere responsabile della bomba di piazza Fontana, prosciolto, oggi vive da miliardario in Giappone), Massimiliano Fachini (pluridenunciato per diverse stragi, sempre prosciolto, morto in un incidente stradale nel 2000), e Graziano Gubbini (tra i dirigenti della struttura) c’è anche il nome di Piero Longo.

In seguito anche Niccolò Ghedini entrò nello studio legale di famiglia, e la sua prima causa importante fu la difesa, nel 1986, di Wolfgang Abel e Marco Furlan, il duo pluriassassino ed incendiario che si firmava Ludwig, e che era politicamente orientato verso quella destra che, mitizzando la purezza di una razza eletta teorizza di conseguenza la necessità di eliminare fisicamente chiunque non rientri nei canoni definiti. Fu nel corso di quelle udienze che Longo avrebbe presentato il giovane collega dicendo che avrebbe “fatto strada”.

Nel 1988 Ghedini fu chiamato a testimoniare nel processo per la strage di Bologna del 2/8/80, gli domandarono delle sue conoscenze nell’ambito dell’estremismo di destra padovano, da lui frequentato nei  primi anni ‘70 prima di approdare, diciottenne, al Partito liberale (all’epoca guidato dal futuro governatore del Veneto Giancarlo Galan). Ghedini descrisse alcuni dei suoi ex camerati, negando di avere conosciuto Massimiliano Fachini (uno degli ordinovisti che erano stati segnalati assieme a Longo al convegno di Rieti del 1969), ma ammettendo la conoscenza con altri, che pure erano stati indagati per i loro rapporti col duo Mambro-Fioravanti, poi condannati per la strage.

Dato che il mondo è piccolo, una delle sorelle Ghedini ha sposato l’attuale Procuratore capo di Trieste, Michele Dalla Costa, che al suo attivo in Veneto l’indagine su Felice Maniero, assieme al PM Roberto Staffa, riemerso questa volta ai dis/onori della cronaca per torbide vicende capitoline e di cui parliamo in altra parte del sito (http://www.nuovaalabarda.org/leggi-articolo-il_dottor_staffa_ed_il_caso_moncini..php)

Il Cavaliere, che oltre ad essere sotto processo, è anche in campagna elettorale, ed in una udienza i giudici gli hanno riconosciuto il “legittimo impedimento” a non presentarsi in aula, perché impegnato (come direbbe una nostra vecchia amica) ad imbobinare la gente. La prossima volta che, Dio non voglia, anche noi si dovesse presentarci in aula come imputati opporremmo come legittimo impedimento il fatto che dobbiamo essere presenti sul lavoro, che sarebbe comunque un motivo più serio, a parer nostro, e vogliamo vedere cosa ne dicono i magistrati giudicanti.

Claudia Cernigoi


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