Chi è senza colpa - the drop

Creato il 28 aprile 2015 da Jeanjacques

Devo ancora capire che razza di rapporto ha l'Italia, oltre che con la lettura in generale (stando alle statistiche, su dieci italiani sei non leggono manco un libro l'anno - e se siete fra quei sei sappiate che vi voglio molto male), con Dennis Lehane, forse uno degli scrittori 'moderni' che preferisco in assoluto. La mia storia d'amore con lui è nata quando avevo comprato in una bancarella dell'usato Pioggia nera e, nell'iniziarlo con un curioso scetticismo, ho finito per leggerlo tutto in tre giorni. Ma nel senso che ne avevo fatto una malattia, che mi staccavo dalle pagine solo per andare a mangiare o al gabinetto, leggendo una medie di centotrenta pagine al giorno. Poi documentandomi scoprii che dai suoi libri hanno tratto dei gran bei film come Shutter island di Martin Scorsese, Gone Baby Gone di Ben "SonoilnuovoBatman" Affleck e il capolavorissimo Mystic river di Clint Eastwood. La cosa mi ha portato a leggere quasi tutto quello che a scritto, sia esso interno che esterno alle avventure di Pat Kenzie, e ad innamorarmi del suo stile e dei suoi personaggi. Poi scopri che è anche sceneggiatore (ha scritto degli episodi per serie come Boardwalk empire e The wire) e che traggono un nuovo film dalle sue opere. Per me è di nuovo Natale.

Bob Saginowski gestisce un bar insieme al cugino Marv. Il locale però è anche un deposito di denaro da parte di alcuni malviventi, in attesa che lo riprendano per una grossa trattativa. Un giorno Bob ha modo di trovare nella spazzatura un cucciolo di cane abbandonato e, da quel giorno, le cose si complicano. Viene rapinato nel suo bar proprio dei soldi che deve tenere per i gangster del posto e inizia a interessarsi a una sua vicina di casa, il cui passato è ancora in agguato... ma Bob non è uno sprovveduto come sembra, per fortuna.

Il film è tratto dal racconto Animal rescue del nostro amico Lehane, che ne ha curato anche la sceneggiatura. Il libro omonimo che potete trovare nelle librerie è una versione ampliata che lo stesso Lehane ha tratto dalla sceneggiatura che ha scritto per questo film, una bieca operazione commerciale che mi ha fatto passare ogni voglia di leggerlo oltre, e qui dite pure che cado dal mondo dei sogni, a farmi perdere un poco dell'immagine di paladino della letteratura che avevo di Lehane, uno che con dei romanzi che possono benissimo essere considerati dei thriller da spiaggia come quelli aventi per protagonista l'impavido Pat Kenzie riesce a immettere delle tematiche complesse e per nulla scontate. Pertanto, io mi baso unicamente sulla pellicola del giovane regista belga Michaël R. Roskam, qui alla sua seconda fatica dopo Bullhead, nominato all'Oscar come miglior film straniero nel 2011. Una pellicola decisamente non innovativa od originalissima, ma comunque onesta e coerente fino in fondo. Un prodotto solido ed onesto che si farà amare dagli appassionati del genere e che intratterrà tutti quelli che vogliono gustarsi un buon film. La trama di partenza è avvincente e sconfinfera l'idea di guardarlo, mentre il suo svolgersi è avvincente e poco scontato, il che non dovrebbe essere una sorpresa vista la paternità letteraria dell'intero progetto. Che per dire, da ogni film tratto dai suoi libri sono uscite pellicole memorabili, qualcosa vorrà dire. Va anche detto che tutte le sue opere sono state trattate da registi fenomenali - che ci crediate o meno, per quanto ho avuto modo di vedere pure Affleck è destinato a far parlare di sé in futuro - e qui il discorso non cambia, perché Roskam dimostra di non essere uno sprovveduto. La messa in scena è classica e ben impostata, senza però essere priva di mordente, sostiene un ritmo mai eccessivamente rapido o lento, mantenendosi su una buona media che permette di enfatizzare tutti i momenti salienti e di soffermarsi anche su quelli più intimi e riflessivi. Le storie di Lehane alla fine sono tutte sorrette da dei personaggi ottimamente caratterizzati (pensate al capolavoro di zio Clint, i tre protagonisti a momenti mettono in secondo piano quella che era l'indagine, un mero pretesto per raccontare delle loro esistenze) e la stessa cosa avviene in questo momento. Oddio, forse la caratterizzazione non raggiunge le vette che alcuni lettori affezionati potrebbero sperare, ma un tris di attori coi fiocchi (Tom Hardy, Noomi Rapace e il compianto James Gandolfini in quella che è la sua ultima interpretazione) riesce a dare tutto quello che magari latita in fase di scrittura e regia, un affiatamento che raramente ho visto sul grande schermo con una tale taciuta potenza. Roskan e Lehane, però, alla fine dov'è che vogliono portarci? A mio parere, non solo in quella che è una semplice storia di crimine e criminali con un twist finale inaspettato ma comunque suggerito fin dall'inizio, ma anche a una riflessione sull'animo umano e sulle sue colpe. Tutti i personaggi hanno alle loro spalle un passato da nascondere, un qualcosa per cui devono o si sentono in colpa, e la cosa si riflette sul loro presente, sul loro vissuto quotidiano. Mio padre mi ha sempre detto che un uomo lo vedi dalle sue scelte e, in seconda analisi, da come decide di reagire ai suoi errori. Tutti infatti sbagliano, ma solo pochi hanno le forze di prendere la propria vita in mano e di farlo nella maniera più coerente possibile. In questo piccolo film ci ho trovato questo e a questo mi sono messo a pensare una volta che i titoli di coda hanno iniziato a scorrere. Certo, forse non tutto viene espresso al massimo della propria potenza e quella del cagnolino abbandonato è una metafora fin troppo consolatrice, ma ho terminato la visione con un pensiero sereno. Forse un mondo migliore non è possibile, ma nel nostro piccolo di uomini comuni possiamo sempre provarci.

Il fascino delle storie criminose vissute dalla gente normale è sempre imbattibile e questo film lo certifica appieno. D'altronde, porta la firma di un grande maestro.


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