Giordano Bruno potrebbe considerarsi antesignano notabile di questa specie chiamata indaco, giunta a edificare un nuovo mondo, un mondo di luce per esseri di luce che vedono e sentono con gli stessi occhi e la stessa mente sia gli universi visibili che quelli invisibili. Un grande pensatore, arso vivo per il vizio di pensare, un filosofo di una modernità quasi inquietante, ma soprattutto un uomo fuori del comune, uno spirito folletto, fantasioso, originale. Ciò che trasmetteva non era solo una immagine della vita ma una emozione del mondo. Giordano Bruno era un grande: in lui albergava la conoscenza dei mondi paralleli, della metempsicosi, delle energie sottili. Straordinario per quei tempi! Il filosofo Umberto Galimberti con lucida analisi evidenzia tale divina follia di Bruno contrapposta alla scienza e anche alla religione, laddove follia va naturalmente ad indicare quella capacità di andare oltre il velo di Maya cogliendo commosse tangenze con l’Assoluto. In effetti Bruno è veramente una occasione oggi per pensare "profondamente", dove la profondità non è quella che connota il pensiero tecnico-scientifico da secoli imperante in Occidente: essa va ricercata nello inconscio della scienza stessa "che è a un tempo ciò da cui la scienza scaturisce e ciò che la scienza rimuove". Innegabili sono i miglioramenti che la scienza ha apportato alla vita dell’uomo occidentale, ma sotto l’aspetto della felicità, della ricerca di una pace interiore, di una quiete della anima in piena armonia con la natura e più ampiamente con il Tutto, risulta più difficile parlare di progresso. Sembra quasi che la scienza abbia dislocato l’uomo dal suo habitat naturale - la fusione con la natura - facendolo sentire meno alienato di fronte a un computer che al cospetto di un tramonto. Allo stesso modo, la religione, per quanto antiscientifica possa sembrare (fides et ratio come un aut aut ), ha sovente cercato il connubio con la ragione, con la evidenza e la chiarezza del lumen naturale, perdendo in realtà la sua vera quidditas, la sua dimensione sacrale. Per questo motivo Giordano Bruno fu messo al rogo: la sua "nova filosofia" non era né scientifica, né strettamente religiosa, in quanto si fondava sulla magia naturale, sulla "prisca Aegiptorum sapientia." Bruno è infatti il vero sensitivo immerso nella fusis, convinto che si possano abbattere le barriere tra l’umano e il divino… niente è più positivo dello sfondamento dei limiti, dello spostare le pietre di confine per arrivare alla comprensione che l’uomo, la Natura e Dio sono la stessa cosa. Nello universo tutto è Vita, tutto è animato da uno stesso spirito vivificatore, "tutte le cose sono nell’universo e l’universo è in tutte le cose…in questo modo tutte le cose si armonizzano in una perfetta armonia". E’ una innegabile forma di animismo: per Bruno tra le piante, gli animali, gli uomini non c’è differenza se non di grado. La differenza è nel “Dorso della Forma”, sono fenomeni di un’unica sostanza universale. Pensare che il mondo sia là solo per l’uomo è un grave errore; il filosofo esce così dalla cultura occidentale cristiana e modula il suo sentire sul registro affine a quello buddista. Con l’ammirazione che ognuno deve a chi per le proprie idee ha saputo sacrificare la propria vita, Bruno andrebbe inserito in una sfera iniziatica, riferendosi non tanto alla sua laicità, bensì alla sua sacralità, al suo vedere la presenza divina in ogni cosa, alla sua ansia di ricerca che trascende il raziocinio nel suo identificarsi nella natura che è per lui un vero e proprio indiamento, un varcare il limite dell’umano per avviarsi "verso altra natura, altri corsi, altri mondi". La materia dunque non è inerte, ma viva, animata (pampsichismo) e costituisce uno dei centri archimedei del pensiero di Bruno: infatti il filosofo perviene a una concezione della materia universale come fonte dello infinito prodursi di tutta la realtà: simile alla pregnante che manda e riscuote da sé la sua prole, la materia contiene in sé tutte le forme, è "cosa divina e ottima parente, genitrice e madre di cose naturali, anzi la natura tutta in sustanza"; "fonte de l’attualità" di ogni cosa la materia per Bruno è Vita, materia infinita. Tra l’anima dell’uomo e quella delle bestie non c’è alcuna differenza dal punto di vista della sostanza. Potremmo dire che la magia naturale di Bruno si colloca in quella sotterranea corrente di pensiero che prende il nome di "pensiero per immagini" che, pur perdente in Occidente, costituisce la fonte segreta del sapere, fonte a cui si accede non per via logico-architettonica ma per pratica amorosa. La concezione che Bruno ha della forza dello Amore ribadisce la pregnanza e la attualità oggi di tale concetto in campo metafisico e metempirico. La forza di cui parla il Poeta "che move il sole e l’altre stelle", quella Forza "l'unica che muove infiniti mondi e li rende vivi". Quella magia che solo il vero saggio da sempre sente. L’amore, dice il filosofo, sa "comprendere" ciò che la ragione non sa "spiegare", là dove la scienza può spiegare tutto, senza nulla comprendere. L’astrofisica Giuliana Conforto, in uno studio irrinunciabile sulla futura scienza di Giordano Bruno, evidenzia come il pianeta si stia trasformando e come il filosofo nolano sia uno dei grandi saggi che l’abbiano previsto. Quella di Bruno è scienza del futuro, coscienza delle infinite potenzialità dello essere umano e della sua immortalità. Egli annuncia la nascita dell’uomo nuovo, libero da tabù e paure, capace di ricevere e di riflettere nelle sue opere l’intero messaggio vitale, oggi noto come DNA, quindi di creare un nuovo mondo di pace e vera giustizia. Bruno rivela il grande segreto, la magia della natura: la comunione naturale di ogni corpo con il messaggio genetico, che fu poi il motivo vero della sua condanna perché vanifica il ruolo della Chiesa come intermediaria tra l’uomo e Dio: Bruno rivela il ruolo centrale di protagonista dell’uomo nel progetto cosmico, prevede i tempi attuali e l’evento che ristabilirà l’antico volto: il risveglio dell’uomo alla coscienza della infinita e vera realtà: l’Amore. Tale Forza cosmica prende il nome in Bruno di Eroico furore. L’uomo nuovo è il furioso, l’ebbro di Dio e arso d’amore che con uno sforzo eroico (da eros) e appassionato giunge a una sorta di sovrumana immedesimazione con il processo cosmico per cui lo Universo si dispiega nelle cose e le cose si risolvono nello Universo, generando una sorta di copula d’amore tra lui e la Natura. Solo il fuoco della esperienza dell’Amore è in grado di aprire la strada alla visione di Dio, del Tutto, dell’unità. Scorrendo in particolare i suoi sette scritti magici, tra cui esemplare risulta essere la Lampas Triginta Statuarum, testo di eccezionale bellezza poetica e immaginativa, il lettore non può non cogliere questo moderno senso del Divino nello uomo come appartenenza al Tutto, scintilla perfetta di un Tutto unico e animato, questa affascinante concezione della metempsicosi di ascendenza orfico-pitagorica (la morte non è altro che una dissoluzione di legami, ma nessun spirito o nessun corpo celeste perisce: è solo un continuo mutare di complessione e combinazioni De Magia Naturali), questo senso etico di giustizia cosmica che spinge le anime a comunicarsi a corpi sempre diversi, in una sorprendente affinità con il Karma delle religioni orientali, nella commossa intuizione che l’anima possa istituire innumerevoli legami tra piani dell’universo. Bruno quindi prima dello stesso movimento romantico ha riportato l’attenzione sull’intima connessione del Tutto rispetto alla analitica scansione delle parti, in cui il pensiero logico-razionale per natura trattiene se stesso, smarrendo i vincoli che legano tra loro tutte le cose. Dunque, "non essendoci nello universo parte più importante dell’altra, non è concesso all’uomo quel primato che lo prevede possessore e dominatore del mondo, ma semplice cooperatore dell’operante natura". Alla enfatizzazione del soggetto Bruno contrappone un percorso opposto: non il primato dell’uomo, ma "il primato degli equilibri sempre instabili e sempre da ricostruire tra soggetto e oggetto, tra uomo e natura". La magia, che non è potere sulla natura, ma scoperta dei vincoli con cui tutte le cose si incatenano, secondo il modello eracliteo dell’invisibile armonia, è la proposta filosofica di Bruno, antitetica sia alla matematica sia alla religione. (G. Galimberti). Alla legge dell’uomo occidentale sul Tutto, la magia bruniana si volge alla legge del Tutto. Nel discorrere oggi delle idee straordinarie che Bruno ha consegnato alla modernità, non possono ad esempio passare ex silentio le due opere in chiave ermetica che si presentano come veri trattati di arte della memoria, la mnemo tecnica: De Umbris Idearum e Cantus Circaeus. Si veda la analisi sottile e raffinata che Gabriele La Porta ci offre nel suo libro: Giordano Bruno. Vita e avventure di un pericoloso maestro del pensiero. Le immagini descritte dal filosofo non avrebbero solo il compito di potenziare e raffinare la memoria visiva, ma rivestirebbero anche un significato propriamente magico. Infatti la loro contemplazione e la loro rammemorazione porterebbero in contatto con energie cosmiche primordiali, con la vera quidditas delle cose, con le realtà supreme e archetipe, infondendo nell’animo pace, quiete, serenità. Secondo l’acuto scrittore, Bruno si propone di suscitare una sorta di rivoluzione spirituale: seguendo le vie di un sapere esoterico, che ha tutti i caratteri di una illuminazione, l’uomo si libera dai pregiudizi, dalle passioni negative, dagli egoismi per diventare saggio, cioè in grado di percorrere la via della Forza, quella Forza che è trasparenza, libertà, verità, una scienza futura che savi come Bruno già conoscevano; una coscienza che comprende interamente il messaggio della Vita e soprattutto il ruolo cosmico, immortale dello essere umano. Come non ricordare poi la sua vulcanica intuizione cosmologica. Fu il primo a interpretare che la vita intelligente è distribuita un po’ dappertutto nell’universo, ponendo così le basi alla giustificazione dei trasferimenti di essa da pianeti in estinzione ma ad alto livello di tecnologia a pianeti non abitati ma tali da consentire la vita. A ragione Bruno viene visto come il primo ufologo, oggi le sue osservazioni sono considerate il punto di partenza per la ricerca di altre forme di vita nell’universo. Superando la rivoluzione copernicana, immaginava un universo infinito, popolato da un’infinità di stelle che, buttate giù le muraglie del cielo fisso e finito, corrono per ogni dove. Stelle come il nostro sole, ciascuna circondata da pianeti su taluni dei quali prosperano altre intelligenze, creature viventi senzienti e razionali. "Apri la porta attraverso la quale possiamo osservare il firmamento senza limiti" era il suo motto. "Così si magnifica l’eccellenza di Dio, si manifesta la grandezza de l’imperio suo: non si glorifica in uno, ma in soli innumerevoli, non in una terra, un mondo, ma in duecentomila, dico in infiniti". Un universo dunque senza limiti dai caratteri divini: infinito lo spazio, infiniti i mondi, infinite le creature, infinita la vita e le sue forme. Si potrebbe chiudere questa riflessione meramente propedeutica alla necessità di far risorgere le intuizioni bruniane, con una asserzione efficace del geniale filosofo che più volte sostiene di essere la reincarnazione di Ermes, il messaggero degli dei, sceso per aprire gli occhi agli uomini. "L’umanità ha bisogno di persone che testimonino la possibilità della fratellanza , in nome della conoscenza e della ricerca. Sono realista, se volete pessimista per il presente, ciò non toglie che bisogna testimoniare e gettare i semi per piante che fruttifereranno nel futuro. Non è possibile dire quando. Ma è importante lasciare un segno, dire parole, formulare pensieri, viver in una dimensione di segno opposto a quella dell’attuale imbecillità . E soprattutto non bisogna scoraggiarsi." Fonte: www.manuelaracci.com
Giordano Bruno potrebbe considerarsi antesignano notabile di questa specie chiamata indaco, giunta a edificare un nuovo mondo, un mondo di luce per esseri di luce che vedono e sentono con gli stessi occhi e la stessa mente sia gli universi visibili che quelli invisibili. Un grande pensatore, arso vivo per il vizio di pensare, un filosofo di una modernità quasi inquietante, ma soprattutto un uomo fuori del comune, uno spirito folletto, fantasioso, originale. Ciò che trasmetteva non era solo una immagine della vita ma una emozione del mondo. Giordano Bruno era un grande: in lui albergava la conoscenza dei mondi paralleli, della metempsicosi, delle energie sottili. Straordinario per quei tempi! Il filosofo Umberto Galimberti con lucida analisi evidenzia tale divina follia di Bruno contrapposta alla scienza e anche alla religione, laddove follia va naturalmente ad indicare quella capacità di andare oltre il velo di Maya cogliendo commosse tangenze con l’Assoluto. In effetti Bruno è veramente una occasione oggi per pensare "profondamente", dove la profondità non è quella che connota il pensiero tecnico-scientifico da secoli imperante in Occidente: essa va ricercata nello inconscio della scienza stessa "che è a un tempo ciò da cui la scienza scaturisce e ciò che la scienza rimuove". Innegabili sono i miglioramenti che la scienza ha apportato alla vita dell’uomo occidentale, ma sotto l’aspetto della felicità, della ricerca di una pace interiore, di una quiete della anima in piena armonia con la natura e più ampiamente con il Tutto, risulta più difficile parlare di progresso. Sembra quasi che la scienza abbia dislocato l’uomo dal suo habitat naturale - la fusione con la natura - facendolo sentire meno alienato di fronte a un computer che al cospetto di un tramonto. Allo stesso modo, la religione, per quanto antiscientifica possa sembrare (fides et ratio come un aut aut ), ha sovente cercato il connubio con la ragione, con la evidenza e la chiarezza del lumen naturale, perdendo in realtà la sua vera quidditas, la sua dimensione sacrale. Per questo motivo Giordano Bruno fu messo al rogo: la sua "nova filosofia" non era né scientifica, né strettamente religiosa, in quanto si fondava sulla magia naturale, sulla "prisca Aegiptorum sapientia." Bruno è infatti il vero sensitivo immerso nella fusis, convinto che si possano abbattere le barriere tra l’umano e il divino… niente è più positivo dello sfondamento dei limiti, dello spostare le pietre di confine per arrivare alla comprensione che l’uomo, la Natura e Dio sono la stessa cosa. Nello universo tutto è Vita, tutto è animato da uno stesso spirito vivificatore, "tutte le cose sono nell’universo e l’universo è in tutte le cose…in questo modo tutte le cose si armonizzano in una perfetta armonia". E’ una innegabile forma di animismo: per Bruno tra le piante, gli animali, gli uomini non c’è differenza se non di grado. La differenza è nel “Dorso della Forma”, sono fenomeni di un’unica sostanza universale. Pensare che il mondo sia là solo per l’uomo è un grave errore; il filosofo esce così dalla cultura occidentale cristiana e modula il suo sentire sul registro affine a quello buddista. Con l’ammirazione che ognuno deve a chi per le proprie idee ha saputo sacrificare la propria vita, Bruno andrebbe inserito in una sfera iniziatica, riferendosi non tanto alla sua laicità, bensì alla sua sacralità, al suo vedere la presenza divina in ogni cosa, alla sua ansia di ricerca che trascende il raziocinio nel suo identificarsi nella natura che è per lui un vero e proprio indiamento, un varcare il limite dell’umano per avviarsi "verso altra natura, altri corsi, altri mondi". La materia dunque non è inerte, ma viva, animata (pampsichismo) e costituisce uno dei centri archimedei del pensiero di Bruno: infatti il filosofo perviene a una concezione della materia universale come fonte dello infinito prodursi di tutta la realtà: simile alla pregnante che manda e riscuote da sé la sua prole, la materia contiene in sé tutte le forme, è "cosa divina e ottima parente, genitrice e madre di cose naturali, anzi la natura tutta in sustanza"; "fonte de l’attualità" di ogni cosa la materia per Bruno è Vita, materia infinita. Tra l’anima dell’uomo e quella delle bestie non c’è alcuna differenza dal punto di vista della sostanza. Potremmo dire che la magia naturale di Bruno si colloca in quella sotterranea corrente di pensiero che prende il nome di "pensiero per immagini" che, pur perdente in Occidente, costituisce la fonte segreta del sapere, fonte a cui si accede non per via logico-architettonica ma per pratica amorosa. La concezione che Bruno ha della forza dello Amore ribadisce la pregnanza e la attualità oggi di tale concetto in campo metafisico e metempirico. La forza di cui parla il Poeta "che move il sole e l’altre stelle", quella Forza "l'unica che muove infiniti mondi e li rende vivi". Quella magia che solo il vero saggio da sempre sente. L’amore, dice il filosofo, sa "comprendere" ciò che la ragione non sa "spiegare", là dove la scienza può spiegare tutto, senza nulla comprendere. L’astrofisica Giuliana Conforto, in uno studio irrinunciabile sulla futura scienza di Giordano Bruno, evidenzia come il pianeta si stia trasformando e come il filosofo nolano sia uno dei grandi saggi che l’abbiano previsto. Quella di Bruno è scienza del futuro, coscienza delle infinite potenzialità dello essere umano e della sua immortalità. Egli annuncia la nascita dell’uomo nuovo, libero da tabù e paure, capace di ricevere e di riflettere nelle sue opere l’intero messaggio vitale, oggi noto come DNA, quindi di creare un nuovo mondo di pace e vera giustizia. Bruno rivela il grande segreto, la magia della natura: la comunione naturale di ogni corpo con il messaggio genetico, che fu poi il motivo vero della sua condanna perché vanifica il ruolo della Chiesa come intermediaria tra l’uomo e Dio: Bruno rivela il ruolo centrale di protagonista dell’uomo nel progetto cosmico, prevede i tempi attuali e l’evento che ristabilirà l’antico volto: il risveglio dell’uomo alla coscienza della infinita e vera realtà: l’Amore. Tale Forza cosmica prende il nome in Bruno di Eroico furore. L’uomo nuovo è il furioso, l’ebbro di Dio e arso d’amore che con uno sforzo eroico (da eros) e appassionato giunge a una sorta di sovrumana immedesimazione con il processo cosmico per cui lo Universo si dispiega nelle cose e le cose si risolvono nello Universo, generando una sorta di copula d’amore tra lui e la Natura. Solo il fuoco della esperienza dell’Amore è in grado di aprire la strada alla visione di Dio, del Tutto, dell’unità. Scorrendo in particolare i suoi sette scritti magici, tra cui esemplare risulta essere la Lampas Triginta Statuarum, testo di eccezionale bellezza poetica e immaginativa, il lettore non può non cogliere questo moderno senso del Divino nello uomo come appartenenza al Tutto, scintilla perfetta di un Tutto unico e animato, questa affascinante concezione della metempsicosi di ascendenza orfico-pitagorica (la morte non è altro che una dissoluzione di legami, ma nessun spirito o nessun corpo celeste perisce: è solo un continuo mutare di complessione e combinazioni De Magia Naturali), questo senso etico di giustizia cosmica che spinge le anime a comunicarsi a corpi sempre diversi, in una sorprendente affinità con il Karma delle religioni orientali, nella commossa intuizione che l’anima possa istituire innumerevoli legami tra piani dell’universo. Bruno quindi prima dello stesso movimento romantico ha riportato l’attenzione sull’intima connessione del Tutto rispetto alla analitica scansione delle parti, in cui il pensiero logico-razionale per natura trattiene se stesso, smarrendo i vincoli che legano tra loro tutte le cose. Dunque, "non essendoci nello universo parte più importante dell’altra, non è concesso all’uomo quel primato che lo prevede possessore e dominatore del mondo, ma semplice cooperatore dell’operante natura". Alla enfatizzazione del soggetto Bruno contrappone un percorso opposto: non il primato dell’uomo, ma "il primato degli equilibri sempre instabili e sempre da ricostruire tra soggetto e oggetto, tra uomo e natura". La magia, che non è potere sulla natura, ma scoperta dei vincoli con cui tutte le cose si incatenano, secondo il modello eracliteo dell’invisibile armonia, è la proposta filosofica di Bruno, antitetica sia alla matematica sia alla religione. (G. Galimberti). Alla legge dell’uomo occidentale sul Tutto, la magia bruniana si volge alla legge del Tutto. Nel discorrere oggi delle idee straordinarie che Bruno ha consegnato alla modernità, non possono ad esempio passare ex silentio le due opere in chiave ermetica che si presentano come veri trattati di arte della memoria, la mnemo tecnica: De Umbris Idearum e Cantus Circaeus. Si veda la analisi sottile e raffinata che Gabriele La Porta ci offre nel suo libro: Giordano Bruno. Vita e avventure di un pericoloso maestro del pensiero. Le immagini descritte dal filosofo non avrebbero solo il compito di potenziare e raffinare la memoria visiva, ma rivestirebbero anche un significato propriamente magico. Infatti la loro contemplazione e la loro rammemorazione porterebbero in contatto con energie cosmiche primordiali, con la vera quidditas delle cose, con le realtà supreme e archetipe, infondendo nell’animo pace, quiete, serenità. Secondo l’acuto scrittore, Bruno si propone di suscitare una sorta di rivoluzione spirituale: seguendo le vie di un sapere esoterico, che ha tutti i caratteri di una illuminazione, l’uomo si libera dai pregiudizi, dalle passioni negative, dagli egoismi per diventare saggio, cioè in grado di percorrere la via della Forza, quella Forza che è trasparenza, libertà, verità, una scienza futura che savi come Bruno già conoscevano; una coscienza che comprende interamente il messaggio della Vita e soprattutto il ruolo cosmico, immortale dello essere umano. Come non ricordare poi la sua vulcanica intuizione cosmologica. Fu il primo a interpretare che la vita intelligente è distribuita un po’ dappertutto nell’universo, ponendo così le basi alla giustificazione dei trasferimenti di essa da pianeti in estinzione ma ad alto livello di tecnologia a pianeti non abitati ma tali da consentire la vita. A ragione Bruno viene visto come il primo ufologo, oggi le sue osservazioni sono considerate il punto di partenza per la ricerca di altre forme di vita nell’universo. Superando la rivoluzione copernicana, immaginava un universo infinito, popolato da un’infinità di stelle che, buttate giù le muraglie del cielo fisso e finito, corrono per ogni dove. Stelle come il nostro sole, ciascuna circondata da pianeti su taluni dei quali prosperano altre intelligenze, creature viventi senzienti e razionali. "Apri la porta attraverso la quale possiamo osservare il firmamento senza limiti" era il suo motto. "Così si magnifica l’eccellenza di Dio, si manifesta la grandezza de l’imperio suo: non si glorifica in uno, ma in soli innumerevoli, non in una terra, un mondo, ma in duecentomila, dico in infiniti". Un universo dunque senza limiti dai caratteri divini: infinito lo spazio, infiniti i mondi, infinite le creature, infinita la vita e le sue forme. Si potrebbe chiudere questa riflessione meramente propedeutica alla necessità di far risorgere le intuizioni bruniane, con una asserzione efficace del geniale filosofo che più volte sostiene di essere la reincarnazione di Ermes, il messaggero degli dei, sceso per aprire gli occhi agli uomini. "L’umanità ha bisogno di persone che testimonino la possibilità della fratellanza , in nome della conoscenza e della ricerca. Sono realista, se volete pessimista per il presente, ciò non toglie che bisogna testimoniare e gettare i semi per piante che fruttifereranno nel futuro. Non è possibile dire quando. Ma è importante lasciare un segno, dire parole, formulare pensieri, viver in una dimensione di segno opposto a quella dell’attuale imbecillità . E soprattutto non bisogna scoraggiarsi." Fonte: www.manuelaracci.com
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