Magazine Diario personale
Chi fermerà la musica? Quelli che non si svegliano. (Lo avevano capito anche i Pooh).
Da Danielabigi81E mi massacrava i timpani per due sostanziali motivi:
1- Non ne capivo assolutamente nulla di musica a 11 anni. Cosa vuoi pretendere.
Sò ragazzini.
Ascoltavo gli 883 come tutti quelli della mia età, Bon Jovi, i Thake That e le compilation di Natale di Radio Dee Jay con tutte quelle porcate disadattative lì. Molella, Fargetta e compagnia.
In vetta alla mia cultura musicale spiccava, al massimo, un pallido Michael Jackson e un biondo, folto Sting.
Anche ora, probabile, che di musica non ne capisca nulla, ma con una differenza: posso dire di avere avuto una Sostanziale e Approfondita educazione, in merito.
Un po' come quando smetti di ingurgitare tegolini e patatine perchè scopri le crostate fatte in casa e i tortelli caserecci. Insomma, diciamo che qualche differenza inizi a percepirla (oltre a limitare le problematiche gastroinstestinali).
2- Mio fratello suonava con una rigorosa disciplina quotidiana, su per giù, 8/10 ore. Filate.
Accompagnato - nelle giornate fortunate - da quello che ricordo essere un simpatico marchingegno, sconosciuto ai non addetti, denominato, in gergo tecnico, metronomo.
Per quanto fosse bravo - e credo lo fosse - sono tante quelle ore. Per chi suona e per chi, volente o nolente, ascolta.
Che sì, il pianoforte è uno strumento sublime, meraviglia delle meraviglie, dolce suono, armonia leggiadra, soave pace dei sensi e inno alla rilassatezza spirituale.
Ma non otto ore, tutti i santi giorni. No. Cambiereste idea anche voi se sentiste le terminazioni nervose del vostro timpano lacerarsi, oh appassionati di pianoforte!
Credo avessero cambiato idea sulle meraviglie del piano anche i quattro fratelli di Keith Jarrett, dopo una visita dall'otorino.
(Nonostante tutto, nonostante il suo sterminato, infinito e sempiterno Essere in quanto Genio, pertanto Creatore Onnipotente di Capolavori Improvvisati).
Cioè, sempre per via dell'esempio di prima, la crostata è buona.
Quando ne mangi quattro intere di traverso, potrebbe diventare un problema.
Ero piccola anche quando mio fratello e il suo Gruppo, gli allora Bossa Nostra, uscirono con l'album "Solaria", nel 1996. Non ricordo molto di quel periodo.
Nonostante la mia giovane età, cio' che porto sempre con me da allora - e il merito va tutto a mio fratello - è la passione per la Musica.
Anche se non la so leggere, non la so comporre e non la so suonare, posso ascoltarla. Un sottofondo che mi ha sempre accompagnato. Il pianoforte, i vinili, le musicassette, i cd, i concerti a cui mi ha accompagnato. I testi, la storia, chi ha suonato cosa. Le differenze sostanziali e quelle marginali. I musicisti che hanno la M maiuscola e quelli un po' meno bravi ma che hanno contribuito, nel loro piccolo, a non fermare mai questa meravigliosa arte. Evolvendosi ed evelvondola giorno per giorno.
Ecco, proprio l'altra sera.
Sono andata con mio fratello a sentire Fabio Bagni e Giordano Gambogi alla Casa di Nonna Pia a Bibbiano.
Bagni e Cambogi, insieme, non li avevo mai sentiti.
Quando c'è questo duo, ecco, come dire, non si puo' parlare, non si puo' scrivere, distrarsi nè commentare niente. Solo stare lì. Fermi. Un po' rapiti ed incantati.
E, semplicemente, Ascoltare.
Quando hanno suonato "Wish you were here" - che ce l'ho nel cuore - ho iniziato a pensare, ecco adesso mi commuovo.
E quando Giordano ha dedicato a mio fratello "Fragile" di Sting, a quando la suonavano insieme, un tempo lontano diciott'anni - quando io ne avevo undici - e, dicevo, appunto, non me lo ricordo.
Ma c'è un particolare che ricordo bene.
Ascoltavo spesso "Fragile" perchè l'avevo sentita così bella dal vivo. Lì nei pressi di Reggio Emilia.
E qualcuno mi disse, questa è una canzone di Sting, ascoltalo.
Poi, mi sono commossa.
Fabio Bagni, Giordano Gambogi e Stefano Ripa.
Lampedusa 2008.
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