Il primo grafico proposto ci rappresenta una cosa assai nota: l'aumento dello spread di Italia e Spagna rispetto al bund tedesco è stato determinato dalla vendita dei titoli di stato da parte degli investitori esteri.
(attenzione: la scala di sinistra, che misura lo spread, è una scala inversa)
Infatti, come ci conferma questo secondo grafico tratto dal "Rapporto sulla stabilità finanziaria" della Banca d'Italia del 6 novembre scorso, gli investitori esteri nel periodo di massima tensione sul debito sovrano hanno venduto circa 200 miliardi di euro di titoli di stato italiani (grafico di sinistra).
E' chiaro che, contraendosi la domanda (estera) dei titoli di stato, lo spread è aumentato fino ai livelli ben noti a tutti e rappresentati nel grafico successivo, dove viene anche evidenziato:
1) il periodo temporale in cui gli investitori esteri hanno venduto i 200 miliardi di euro di titoli di stato (riquadro rosso);
2) il crollo dello spread successivo al discorso di Draghi del luglio 2012, nel quale affermò che la BCE avrebbe fatto tutto il necessario per preservare l'euro (freccia nera).
E da chi è stata assorbita l'offerta dei titoli di stato a seguito della diminuzione della domanda estera?
Dalle banche italiane che, da gennaio 2011 fino a luglio 2013, hanno incrementato le loro posizioni in titoli di stato di circa 200 miliardi di euro, contribuendo (grazie alle 2 operazioni LTRO della BCE e al minacciato piano OMT di Draghi) ad abbattere lo spread fino ai livelli attuali.
Credo che ce ne sia abbastanza per affermare definitivamente che il fondo ESM non sia stato per nulla determinante ai fini della diminuzione degli spread. A meno che non si voglia sostenere la tesi secondo la quale banche italiane abbiano acquistato i 200 miliardi di BTP grazie alla "garanzia" del fondo salva stati. Cosa tutta da dimostrare e comunque per nulla vera considerata l'esiguità delle risorse a disposizione dell'ESM (700 miliardi di euro a regime) rispetto agli stock di debito pubblico di Italia, Spagna, Grecia e Portogallo che, sommati, esprimono multipli assai superiori (vicini ai 4000 miliardi di euro) rispetto alle capacità del fondo ESM.
Ma se ciò non dovesse essere sufficiente, giova ricordare lo studio di Paul de Grauwe, docente della London School of Economics (certamente più autorevole di me che non sono un economista, ma anche di molti altri "economisti" che dicono di esserlo) dove viene affermato in modo scientifico la fortissima correlazione tra lo spread iniziale -prima delle parole di Draghi del luglio 2012- e la diminuzione successiva. In altri termini, quei paesi che più avevano visto salire lo spread sono anche quelli che l’hanno visto scendere in modo più consistente. Quindi i mercati scommettevano “contro” alcuni paesi (cioè sull’uscita di essi dall’euro), ma quando la possibilità di scommettere si è ridotta a causa della “garanzia”, seppur potenziale, della BCE, allora proprio i paesi che erano stati maggiormente bersagliati sono stati quelli ad esserne (relativamente) più beneficiati. L’Italia per prima, al di là dell’austerità.
E QUI potete trovare lo studio completo di DE GRAUWE
Conclusioni: Affermare che il fondo ESM abbia determinato la diminuzione dello spread e, conseguentemente, un risparmio in termini di minor costo per gli interessi sul debito, oltre a costituire un falso assoluto, è una tesi assai difficile da dimostrare. Di conseguenza, risultano del tutto privi di senso i calcoli secondo i quali, l'Italia, dall'adesione al fondo ESM avrebbe tratto enormi vantaggi in termini economici. Poi ognuno di voi è libero di credere quello che vuole. Ma dinanzi alle evidenze, la difesa di posizioni ideologiche che non hanno nulla a che vedere con la realtà dei fatti, è un esercizio assai inutile e dannoso.
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