Chi ha incastrato Annabelle Bronstein? #10

Creato il 30 aprile 2015 da Signorponza @signorponza

Preso dalla sconforto cerco di fingere vaghezza. Come se ne fossi capace. In realtà mi viene da ridere. Non so poi bene perché. Cioè, lo so. Ma cosa gli viene in mente alla gente? Insomma io mi ricordo perfettamente di lui. L’ho visto che ci stava spiando col binocolo dal balcone del palazzo di fronte. Cosa pensa che siamo tutti rintronati? “Che cosa ti fa sorridere? Il fatto che ti abbia chiesto una sigaretta?” mi dice con un tono stizzito. Ma sticazzi. “No, mi fa sorridere il fatto che nella mia testa mi ti immaginavo col binocolo appeso al collo. Ecco cosa mi fa sorridere” e sbotto a ridergli in faccia mentre gli passo una sigaretta.

Mi guarda impietrito, come se avessi appena scoperto l’acqua fresca. “Mi di cosa stai parlando?” con occhi basiti. Sì, dai. “Niente, niente, hai ragione, devo aver bevuto troppo… Scusami!” la chiudo lì. Accendo la macchina ma lui non si sposta. “Senti io sono Patrizio. Molto piacere” ed allunga la mano per stringermela. “Patrizio…” esito “io sono… in ritardo, e devo salutarti. Ti auguro una buona giornata”. Sorrido con un ghigno malefico e tiro su il finestrino. Mentre lui si gira mi cade l’occhio sul mio specchietto guidatore e noto che dalla tasca dei pantaloni gli esce fuori qualcosa. Anzi, è per metà fuori e si tratta chiaramente un distintivo della polizia.

OHMIODIOOOOO. Ma è uno sbirro. O un tenente. O un commissario. Patrizio, il commissario. O uno della squadra mobile. O i Ris. Ros. Pom. Pim. Ossignore che cosa eccitante. Riabbasso il finestrino e torno sui miei passi, perché una roba del genere mi ha sempre intrigato: “Scusami. Sono un cafone. Io sono Fabrizio, piacere!” dico sorridente. Lui si rigira verso di me e continua a parlare “Senti visto che sei stato così gentile posso offrirti la colazione?” Esito. In realtà non scherzavo quando dicevo che era tardi. “Ok, ma una cosa veloce, giusto un caffè” gli dico allegrotto.

Al bar parliamo del più e del meno. Patrizio mi dice di essere un informatico, a cui piace scrivere. E che visto che si trova senza lavoro sta seriamente pensando di provarci con la scrittura. Che ve lo dico a fare, io con gli occhi a cuore ASAP. Bono, dolce ed anche scrittore. Ma vi rendete conto che fortuna incontrarlo. Certo un po’ stalker. Con la mania del binocolo. Ma chi può biasimarlo. Hey fermi tutti, ma allora quel distintivo che gli sbuca dalla tasca? Mmmm. Non sono affatto convinto. Usciamo fuori dopo aver preso rispettivamente un caffè io e un cappuccino con il latte di soia lui, e ci fumiamo una sigaretta. Sì, gliene offro un’altra.

Inizia a parlarmi della sua serata. Del fatto che sarà da solo e che praticamente mi vorrebbe a cena da lui. Io basito. Insomma se alzo lo sguardo posso vedere l’appartamento dei miei due fidanzati, e sto lì a ciarlare e a farmi offrire colazioni da uno sconosciuto. Bono, sì, ma pur sempre sconosciuto. Fingo una telefonata inaspettata e taglio lì la conversazione. “Perdonami era il lavoro. Devo proprio andare”. Patrizio non dice niente e mi prende la mano, “Dai per piacere, ceniamo insieme questa sera!”. Io perso nei suoi occhi azzurri ho solo annuito e detto a gran voce “Dammi il tuo numero”.

Di corsa salgo in macchina e fuggo via in preda ad un attacco di devastante vergogna. Vado a lavoro e faccio finta che un bono devastante non mi abbia appena invitato a cena da lui. Ma soprattutto cosa dico ai miei fidanzati? Tecnicamente non ne sto tradendo uno, ma addirittura due. Insomma che gran puttanone che sono.

Più tardi quella sera…

In teoria non devo minimamente attirare l’attenzione. Mi sono fatto una doccia calda, ed un bagno nel mio profumo preferito: Fierce di Abercrombie & Fitch. Perché Beyoncé ci ha comunque insegnato qualcosa. Decido di parcheggiare la macchina a Lepanto e prendere la metro per un paio di fermate. Indosso lo stesso cappello che ha Britney nel video di Everytime. Sono certo che nessuno mi noterà. Per il ritorno ho già deciso di prendere una Car2Go per tornare indietro. Ho studiato tutto nei minimi particolari. E sono comunque profumato come un mignottone. Devo stare attento a non farmi vedere da Mimmo o Pietro. Ho preso una bottiglia di ottimo vino rosso e in men che non si dica sono già davanti la porta di casa di Patrizio.

Suono e mi apre questo figo devastante. Jeans chiaro e camicia bianca. Anche lui è profumato. Non riconosco il profumo purtroppo. Nel mio naso sento solo il mio Fierce. L’entrata si apre in questo salotto molto grande tutto bianco, le luci sono soffuse e ci sono candele accese di ogni grandezza profumate alla vaniglia in ogni angolo. Io sono sconvolto. Ma che davvero una persona ha potuto fare tutto questo per me? Così pare signori. Patrizio mi invita subito alla tavola, apparecchiata magistralmente, dove è gia pronto l’aperitivo: olive, ritagli di pizza e crostini al tartufo. Il prosecco fresco è già nei bicchieri.

Oddiomatiamo! Parliamo del più e del meno io e Patrizio, e mi sembra proprio che siamo in sintonia. Io gli dico di quello che mi piacerebbe fare nel futuro, gli parlo dei miei progetti da grande scrittrice. E lui non esita a raccontarmi i suoi. Mi racconta la traccia del romanzo che vuole scrivere, un sogno nel cassetto lasciato lì da troppo tempo. Lo sostengo, ha una storia buona tra le mani. Deve scrivere. Trangugio qualsiasi cosa sul tavolo e faccio fuori tre bicchieri di prosecco a canna praticamente. Si, sono già ubriaco.

Passiamo a cenare, che con tutte queste candele alla vaniglia è uno spettacolo. Anche se inizio a non avere più olfatto. Patrizio scompare in cucina. Io penso la prima volta seriamente ai miei fidanzati. Sto con un tizio stimolante e bono da morì e sto pensando a quello che penserebbero loro di me. Come se una troppia può considerarsi una cosa seria. Vengo interrotto da Patrizio che serve il pollo arrosto con le patate. E stappa subito un vino. Che cena magnifica. Io non esito e mangio con le mani, trovando la sorpresa nello sguardo di Patrizio, che mi segue a ruota e poggia le posate. Lo so, sono una popolana.

A cena finita però Patrizio mi fa un discorso inaspettato. “Senti, ci sta raggiungendo un mio amico, be’ ecco, volevo farti una sorpresa. Volevo proporti una cosa a tre, divertente per tutti!”. COSA? La settimana dei threesome. E tutte le mie aspettative? Sapevo che c’era qualcosa che non andava. Me lo sentivo. Sarà stato l’alcool. Sarà stato il nervoso. Io ho preso la mia giacca di pelle, senza proferir parola, e me ne sono andato. Ovviamente ho sbattuto la porta di casa, perché chi non mi vede, mi deve comunque sentire. Senza dire una parola. La cosa esaltante, che siccome non volevo aspettare l’ascensore, invece che scendere giù per le scale, sono salito di un piano. E mentre ero lì sul pianerottolo pronto a chiamare l’ascensore per scendere, mi sono accorto che era già occupato.

E saliva su. Inutile dire che nella mia testa ho iniziato a cantare a squarcia gola L’ascensore di Ambra. Ci stava tutta. Ma quell’ascensore si è fermato al terzo piano. Era il numero tre amico di Patrizio. Mi sono sporto per vedere chi era, anzi per vedere a cosa avevo sbattuto la porta in faccia più che altro. E il dramma è sempre dietro l’angolo. O dietro la porta di un ascensore. Non finirò mai di dirvelo. Mi sporgo e lo vedo uscire. E’ Antonello. Antonello il fotografo. Strozzo un urlo in gola, chiamo l’ascensore e fuggo via.

Un colpo di scena tira l’altro, tanto che mi verrà un infarto prima o poi. Stay tuned. Stay pienah.

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Una storia vera di Annabelle Bronstein, il logo è di Guytano__.


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