Durata: 104'
La trama (con parole mie): siamo nella Los Angeles del 1947, ed Eddie Valiant, ex poliziotto e detective privato specializzato in sbornie che fu paladino dei personaggi dei cartoni animati fino alla morte del fratello Theodore, avvenuta qualche anno prima, è ingaggiato da Maroon, proprietario degli Studios per i quali lavora la star Roger Rabbit, per fotografare l'avvenente moglie del coniglio in atteggiamenti intimi con Marvin Acme, l'uomo che possiede la mitica Cartoonia.Quando quest'ultimo viene fatto fuori e la colpa ricade su Roger, Eddie si ritroverà al centro di un intrigo che prevede tradimenti, speculazioni edilizie, soldi e morte, e l'unica via di salvezza per lui sarà mettere la bottiglia da parte per tornare a fare quello che l'aveva reso famoso, cercando di portare a casa la pelle che le numerose parti in causa e lo spietato giudice Morton vorrebbero fargli.
Ricordo la prima volta che vidi Roger Rabbit: era l'inverno del 1988, una domenica pomeriggio, e la mia zia più giovane - che allora poteva avere qualche anno meno di me oggi - venne a Milano per una delle nostre consuete gite del weekend che spesso e volentieri finivano con visione in sala seguita da abbuffata di patate fritte da Burghy - per chi ancora ne ha memoria -.Rimasi letteralmente folgorato: attori in carne ed ossa comparivano fianco a fianco ai personaggi dei cartoni animati, l'intrigo pareva quello di un film "da grandi", si rideva e si tratteneva il fiato in egual misura, e soprattutto, Baby Herman e Roger Rabbit valevano il prezzo del biglietto fin dalla strepitosa apertura.Sono passati quasi due decenni da quel momento, e non conto le volte in cui sugli schermi di casa Ford è passata questa meraviglia firmata Robert Zemeckis: lo stupore e la folgorazione sono rimasti gli stessi, e continuo ad essere convinto che si tratti di uno dei migliori prodotti che il genere - e parlo sia di animazione, sia di noir - abbia conosciuto nella storia recente della settima arte.Ambientazione perfetta, effetti speciali prodigiosi - parliamo del 1988, un'epoca in cui l'uso della computer graphic era ancora una sorta di miraggio -, una sceneggiatura che omaggiò i romanzi di Chandler e Spillane così come Capolavori quali Il mistero del falco o Il grande sonno, una galleria di personaggi perfetta ed una trama avvincente e ben ritmata: non c'è un ingranaggio che non funzioni in questa macchina in grado di mettere d'accordo grandi e piccini, critica e pubblico, appassionati dei classici dell'animazione così come di detective stories.E se l'Eddie Valiant interpretato da Bob Hoskins è il detective per eccellenza che ci si aspetterebbe - triste, solo, outsider, dedito all'alcool -, Roger Rabbit è una vera e propria rivelazione: un personaggio irresistibile, dalla carica comica pazzesca - il suo arrivo a casa dell'investigatore e le manette sfilate mi fanno ancora oggi sbellicare dalle risate - e dalla dolcezza clamorosa, spalleggiato da due compari indimenticabili - Baby Herman, "con le voglie di un cinquantenne e il pisellino di tre anni", e Benny il taxi - e soprattutto da una partner assolutamente perfetta, il charachter che, in parte, fu responsabile del successo della pellicola nonchè l'indiscusso sex symbol numero uno del mondo dei cartoni: Jessica.La compagna di Roger, tra curve mozzafiato ed una voce da solista jazz, è il primo personaggio del genere - "non sono cattiva, è che mi disegnano così", una sua celebre battuta - a sprizzare sensualità da ogni poro, una sorta di versione matita e colore di Rita Heyworth con il piglio ammiccante della "modernità" come se non bastasse resa ancora più profonda da alcune battute disseminate all'interno della pellicola, dallo scambio con Valiant sul valore come amante di Roger al pensiero di Betty Boop, che giudica Jessica "una ragazza fortunata" proprio in quanto moglie del maldestro coniglio Roger.Le sequenze da citare, comunque, sarebbero decine, anche perchè fino ad ora non ho dato alcuno spazio al perfido giudice interpretato da Christopher Lloyd e alle esilaranti faine al suo servizio, al Club Inchiosto e tempera con il suo particolare whisky on the rocks o alla camaleontica Cartoonia, per non parlare della terribile salamoia - unica sostanza a poter uccidere un cartone -, della "farfallina" e delle reazioni di Roger al bourbon. Ma, come per altri supercult di qualità enorme, in quel caso non si smetterebbe praticamente mai di andare avanti con intere sequenze citate a memoria.Resta impresso nel cuore e nella mente un titolo splendido, senza dubbio una pietra miliare per il Cinema: e più che domandarsi come mai la stessa tecnica non sia praticamente più stata utilizzata per operazioni simili, viene da chiedersi dove sia finita la meraviglia che rese un noir d'autore fruibile ed avvincente anche agli occhi di un bambino di nove anni che, nel pieno della Milano da bere, non riusciva ancora a cogliere la frecciata rivolta al protagonista "in carne ed ossa" della pellicola da parte dei detectives della polizia: "Ma tu non eri Eddie Valiant? O adesso ti fai chiamare Jack Daniels?".Ora quella battuta la capisco bene, conosco il genere ed il Cinema, e sicuramente non sono più quel bambino timido in giro per mano con la zia figa.Eppure il senso di meraviglia quando Chi ha incastrato Roger Rabbit mi passa davanti è come un'onda lunga che non vuole saperne di raggiungere la spiaggia per spegnersi lentamente.
MrFord
"Get out of here,
get me some money too.
You're sittin down and wonderin what it's all about.
If you ain't got no money, they will put you out.
why don't you do right,
like some other men do?"Jessica Rabbit - "Why don't you do right" -