COLOUR FROM THE DARK – ITA 2008, 92’. Regia di Ivan Zuccon.
Il film prende spunto da un racconto di H.P.Lovecraft ( 1890 – 1937 ), The colour out the space, uno fra i preferiti dello stesso autore, nel quale in seguito alla caduta di un meteorite l’acqua di un pozzo viene contaminata e così pure la famiglia che se ne serve, compresi i campi coltivati e le bestie che allevano. Il racconto si basa tutto sui cambiamenti cromatici che colpiscono i frutti e la vegetazione tutta, oltre che la trasformazione fisica che colpisce la zona intera. Ho trovati curiosi un paio di passi: “I fiori di campi diventavano sinistri e minacciosi”, e fin qui; “e gli alberi insolenti nelle loro perversioni cromatiche”. Insolenti?. Oppure: “Gli aster e le verghe d’oro fiorirono opachi e distorti, e le rose, le zinnie e le malverose, avevano un aspetto così blasfemo che il figlio maggiore di Nahum, Zenas, le tagliò”. Il film viene ambientato in Italia, nel 1943, nelle campagne, dove vive una famiglia composta da marito, moglie e la sorella di lei, quest’ultima di vent’anni circa, ma mentalmente ancora bambina, incapace anche di parlare, e con una bambola di pezza che crede viva. Gli effetti dell’acqua all’inizio paiono miracolosi, raccolti prosperi in tempi record, il ginocchio dell’uomo completamente guarito, e soprattutto la sorella di lei che finalmente parla e comincia a prendere coscienza di non essere più una bambina. Poi però le influenze della cosa venuta dallo spazio si fanno minacciose. Qui il film prende tutta un’altra piega rispetto al racconto e da un lato la cosa si fa meno interessante, dall’altro per renderlo al meglio sarebbero serviti più soldi per gli effetti speciali, almeno credo. La donna infatti diviene completamente posseduta, un demone assassino, e cominciano a fioccare i morti. Si potrà trovare poco coerente la possessione demoniaca con gli effetti di un meteorite, ma almeno il film compensa con buone dosi di brividi. Efficace ance la resa visiva, o meglio, per buona parte del tempo ho trovato troppo sparati i colori nelle scene all’aria aperta, però poi si apprezzano meglio nel contrasto cui si assiste nel finale, quando calerà la coltre di polvere e morte, dovuta agli effetti del contagio portato da questa strana forza aliena.
INSIDIOUS – USA 2010, 103’. Regia di James Wan.
Beh, era da molto tempo che un film non mi spaventava come lo ha fatto questo. Non proprio come lo fecero Shining o The ring, ma pure Profondo rosso ( visto alle 4 di notte, in casa dei miei nonni, da solo, che poi quando finiscono i film ti scappa sempre di fare pipì e il bagno sta in fondo al corridoio ), ma ci si avvicina. Si parte con i classici del genere, famiglia che si stabilisce in una nuova casa, uno dei figli cade ed entra in uno strano coma. Dai test risulta tutto a posto, però lui non si sveglia. Cominciano ad avvertirsi rumori, oggetti che si spostano da soli e allucinazioni varie. La madre è terrorizzata e la famiglia si trasferisce di nuovo. Ma anche nella nuova casa sarà lo stesso, così si ricorre prima a un prete, ma subito dopo a due acchiappa-fantasmi un po’ nerd un po’ no, i quali vista la situazione preoccupante ricorrono alla loro sensitiva di fiducia. Qui comincia la parte finale del finale, magari troppo confusionaria ma sempre all’altezza. Mi sono piaciuti molto i momenti di tenerezza famigliare, su tutti una scena in cui la madre mette su un disco ( se non sbaglio questo di Ludovico Einaudi ) e poi prende il sacco della spazzatura e lo porta fuori, e la camera prima la segue da vicino e poi la lascia allontanare fuori casa mentre il disco si interrompe e parte un’altra musica, tipo quelle anni ’30 non so, e quando la donna sta per rientrare dalla finestra vede una figura che balla in casa e poi scappa. Poi quando arrivano gli acchiappa-fantasmi diventa una figata, mi sono andato a prendere da mangiare per finire di vederlo. Chissà magari sto esagerando e in realtà è poca cosa, però mi ha preso e dunque lo consiglio.
ALTITUDE – CAN/USA 2010, 90’. Regia di Kaare Andrews.
Questo film chiede molto allo spettatore in termini di “sospensione della credulità” ( così mi ricordo che si dice ), e inoltre dal momento che le cose si fanno più incredibili viene meno anche la tensione, che è data proprio dalla fattibilità degli eventi narrati ( ma quanto scrivo male! ). Però non è male affatto. La situazione vede 5 giovani partire con un aereo affittato per andare a vedere un concerto; a pilotare il velivolo una dei 5, che perse la madre, anch’essa pilota, proprio in un incidente aereo, che uno dice giustamente “ma allora ce fai?”. Gli altri passeggeri sono il cugino di lei, una coppia di fidanzati e il nuovo ragazzo della pilota, molto teso all’idea di partire e lettore di Sartre, che uno pensa “e ‘sti cazzi” e invece no, a 10.000 e più metri d’altitudine fa la differenza eccome. In volo cominciano ovviamente i problemi e la situazione precipiterà fino ad un finale molto creativo.
PREY – FRA 2010, 85’. Regia di Antoine Blossier.
Horror francese di buona fattura, senza tanti fronzoli, concentrato il più possibile sulla violenza animale e umana. C’è una coppia che sta per avere un bambino; oh, sarà il quarto film horror francese che mi capita che comincia con una incinta, che è vero che grazie a buone politiche hanno aumentato la natalità ma non c’è da farlo notare sempre. Comunque il bambino non lo può avere perché la sua famiglia possiede una grossa azienda di fertilizzanti e lei deve stare dietro al lavoro, le cose vanno male e ha bisogno di altri sei mesi, di figli ne faranno altri dice. Lo dice suo padre, e il marito ci deve stare. Solo che c’è stato un incidente in una riserva, dei cervi ammazzati dai cinghiali e così parte una spedizione di caccia in famiglia, e l’uomo, medico, si aggrega con loro. Il problema è che il fertilizzante è stato reso tossico, ha contaminato le falde acquifere facendo strage di animali e rendendo i cinghiali ancora più cazzuti. Ma non finisce qui, anche in famiglia non si sa chi è più bestia, per cui fino alla fine non si può stare tranquilli. Girato in larga parte di notte, non è neanche violentissimo, rispetto alle ultime uscite che facevano a gara nello spargere sangue, quindi adatto ai più, si può dire.