Il romanzo racconta la storia di Luna, Luca e della loro madre Simona. Luca è il figlio maggiore, perfetto in ogni cosa che fa, amato e adorato da tutti. Luna è una bambina intelligente, un po’ ingenua e credulona, sempre alla ricerca di avventure. E soprattutto, è albina e per lei che dal fratello ha ereditato l’amore per la spiaggia e il mare è una vera tortura. Simona li ha avuti da un uomo misterioso, con cui ha avuto due brevi, ma indimenticabili, rapporti. Sono una famiglia felice, loro tre. Finché non succede qualcosa di terribile, che li destabilizzerà completamente. Attorno a loro ruotano altri personaggi: il piccolo Zot, che arriva da Chernobyl, che parla l’italiano degli anni ’60 e che subito si ritrova preso in giro e isolato dai suoi compagni, proprio come Luna; c’è Sandro, che ha quarantanni ma ancora non ha ben capito cosa vuole fare della sua vita, e che si affeziona molto a Luca, e poi si innamora di Simona. Insieme a lui ci sono i suoi amici di sempre, quarantenni insicuri e un po’ sfigati proprio come lui. E poi c’è Nonno Ferro, che si prende cura di Zot a modo suo. Questi personaggi in un modo o nell'altro convergono e si ritrovano insieme, uniti, in un gruppo molto improbabile ma che, in qualche modo, riesce a sopravvivere.
Non mi aspettavo mi sarebbe piaciuto così tanto, vi dicevo. Non mi aspettavo di ritrovarmi così immersa nella storia, sebbene a tratti un pochino prevedibile, e, soprattutto, di affezionarmi così tanto ad alcuni dei suoi personaggi. Luna è incredibile, certo, ma ancor più incredibile, per me, è stato il piccolo Zot, questo bambino all'apparenza ingenuo e sfortunato, che forse, con la sua fisarmonica sgangherata, le sue canzoni stonate e la sua inconsapevole poesia, della vita ha capito più di tutti gli altri. Non pensavo nemmeno che avrei capito così tanto Sandro, anche se ogni tanto un paio di schiaffi glieli avrei dati volentieri, e la sua paura di muoversi che lo ha portato a stare fermo, a non compiere mai scelte, a disimparare in qualche modo a vivere. Così come mi è piaciuta tantissimo Simona, con il suo amore passeggero e all'apparenza un po’ (tanto) incosciente, che però le ha portato i doni più belli che potesse avere e che ora deve lottare in ogni modo per non riuscire a perdere. (Che invece avrei adorato Nonno Ferro lo sapevo già).E poi c’è il mare, c’è tanto, tantissimo mare, che condiziona suo malgrado le vite di tutti, portandosele via o riportandole indietro a chi credeva di non averne più.
Io credo molto nella bellezza delle piccole cose, nella poesia che ogni piccolo gesto piò racchiudere in sé. E questo libro ne è pieno, per chi la sa cogliere. E Fabio Genovesi è stato davvero bravo nel creare questa storia, nel mettere insieme tanti problemi (l’affrontare un lutto, il sentirsi diversi, l’aver paura di scegliere e di muoversi, l’affrontare cose più grandi di noi, capire finalmente se stessi e l’amore, solo per citarne qualcuno) e raccontarsi senza mai scadere nel patetico, nel banale, nel già letto e già sentito.
Insomma, Chi manda le onde è stato per me un libro molto bella. Di quelli che non riesci a smettere di leggere, anche se è notte fonda o hai mille altre cose da fare. Un libro che ti fa venire voglia di sole, di mare, di luna, di amici, di follia e di amore. Un libro assolutamente da leggere.
E ora che ho finito questa recensione, sebbene siano passati molti anni, forse è davvero ora anche per me di rispondere a quella cartolina che mi è arrivata dalla Germania una mattina d’estate, tramite un palloncino atterrato in giardino. Chissà perché ho aspettato così tanto.
Titolo: Chi manda le ondeAutore: Fabio GenovesiPagine: 391Editore: MondadoriAnno: 2015Acquista su Amazon:formato brossura:Chi manda le onde