Chi nega il libero arbitrio cade in contraddizione

Creato il 01 settembre 2013 da Uccronline

Nel 2012 il prof. Michele Forastiere ha svolto su questo sito web una lunga trattazione (divisa in quattro parti: prima, seconda, terza e quarta) sul libero arbitrio, prendendo in considerazione le obiezioni di alcuni studiosi riduzionisti e rispondendo ad esse.

Il dibattito è interessante e coinvolge molti studiosi. La filosofia riduzionista di Daniel Dennett, ad esempio, sostiene che la mente è uguale al cervello e il pensiero è semplicemente il risultato della scarica dei neuroni. La psicologia per loro dunque è una forma di biologia, come ha commentato ironico Mark Latkovic, docente di Teologia Morale e sistematica presso il “Sacred Heart Major Seminary”. «Il pensiero presuppone un cervello funzionante», ha spiegato, «ma non può essere ridotto ad esso». Esso, «come spiegato da pensatori che vanno da Aristotele, Aquino, Mortimer Adler e Benedict Ashley, è un potere spirituale o immateriale della persona umana (e solo di ess), non una proprietà materiale».

Il problema centrale è che Dennett e i riduzionisti sono fortemente in contraddizione. La visione materialista del cervello, ha spiegato il teologo, «si fa beffe della impresa scientifica stessa, in quanto il ricercatore del cervello materialista regge la sua ricerca come prova che noi pensiamo con il nostro cervello e si appella a tale evidenza per convincerci della verità della sua posizione. Nel fare questa mossa, il materialista è attirato da una libera volontà che, nella sua visione del mondo, in realtà non dovrebbe esistere: è anch’essa un’illusione. Ma se la libertà è un’illusione, allora il suo appello scientifico non è scientifica, oltre che impraticabile. Egli è, in altre parole, catturato in una contraddizione». Spiegando in altre parole: se il materialista ha ragione quando nega che il pensiero è un processo immateriale, allora non dovrebbe tentare di convincere nessuno verso il suo modo di intendere le cose. Se ha ragione lui, infatti, tutti noi siamo già determinati: alcuni di noi saranno determinati a “pensare” che lui ha ragione lui e altri che si sta sbagliando, tutto a seconda della particolare attività fisiochimica succede nel nostro cervello. Quando il materialista vuole convincerci che ha ragione lui, in quel momento sta assumendo che il libero arbitrio esista e che il pensiero è immateriale.

Lo stesso tentativo di negare il libero arbitrio nasconde l’esistenza dello stesso e falsifica la pre-determinazione, altrimenti non ci sarebbe bisogno di un’apologetica specifica. Tale contraddizione viene definita “self-referential arguments” ed è stata evidenziata da Robert Doyle, fisico e filosofo docente alla Harvard University.

Lo stesso Doyle è stato intervistato recentemente da “Avvenire”, in occasione della sua ultima pubblicazione (disponibile liberamente su Internet su www.informationphilosopher.com) su tale argomento. «La domanda centrale del classico problema mente-corpo è come una mente immateriale possa muovere un corpo materiale se le catene causali sono limitate all’interazione tra oggetti fisici», ha spiegato Doyle. «In sintesi, il mio modello prevede una mente immateriale come pura informazione all’interno del sistema fisico che elabora quell’informazione, ovvero il cervello. In questo modo, si arriva a un fisicalismo non riduttivo e un dualismo emergentistico». «L’informazione – dice Doyle – è fisica ma immateriale. Non è né materia né energia, anche se ha bisogno di entrambe per la sua manifestazione. L’indeterminismo della fisica quantistica “rompe” la catene causali usate per ridurre i fenomeni biologici alla fisica e alla chimica e gli eventi mentali agli eventi neuronali. Ma ciò non vuole dire che le nostre scelte siano casuali».


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