Non credo che chi legga libri sia necessariamente più intelligente o abbia più cultura di chi non ne legge. Credo siano intelligenze e culture diverse. Ci sono molti modi per "farsi una cultura". Guardare la televisione, ad esempio, o frequentare la rete, e stare in mezzo alla gente sono mezzi alternativi per nutrire il proprio cervello.
Con un pizzico di spirito critico e attenzione ci si fa una cultura che è diversa da quella che vive nei libri e che è del tutto rappresentativa del mondo in cui viviamo. A volte è addirittura più rappresentativa. Non bisogna dimenticare che, in genere, i libri li scrivono soggetti blandamente sociopatici con problemi ossessivi: restare chiusi in casa, in silenzio a mettere in fila cinque o seicento pagine sulla vita di un orfano, di un serial killer o di un sovrano morto e sepolto da cinquecento anni è un'attività che qualunque psicoterapeuta guarderebbe con sospetto.
Eppure i lettori di libri hanno una capacità che i non lettori stanno perdendo. L'abitudine a star fermi, seguendo con gli occhi linee e linee di parole scritte da altri, senza poter intervenire per poter cambiare il corso degli eventi, ne fa degli straordinari ascoltatori. I non lettori si abituano a saltellare di voce in voce, di link in link, di canale in canale, intervenendo, toccando, rivoltando. Ascoltano solo per trovare il punto giusto nel quale intervenire, elaborando il proprio intervento mentre tentano di ascoltare. Sfiancati, riescono a farsi un'idea solo generale di cosa stia accadendo attorno a loro. Un'idea mobile e instabile.
Con questa modalità perdono la capacità di concentrarsi, di ascoltare, di soffermarsi sul dettaglio. E così ci troviamo degli esseri verticali (quelli che leggono) e quelli orizzontali (quelli che non leggono) il cui dialogo è spesso frustrante. Il verticale puntualizza, insiste precisa. L'orizzontale, spazia, collega e spesso si distrae.
Alla fine ci si manda a quel paese, con la sensazione che l'uno sia un ossessivo estremista l'altro un inconsistente farfallone. Ma né l'uno né l'altro in possesso esclusivo del sapere.