La trama (con parole mie): Billy è un ottimo giocatore di basket che ha fallito la grande occasione e si diverte a girare di città in città scommettendo sulle partite di strada in attesa che la sua donna possa avere la grande occasione in tv e diventare campionessa di un gioco a premi.
Arrivato a Los Angeles si imbatte in Sidney, figlio delle realtà delle periferie, sbruffone dall'ego smisurato, e vince con lui una sfida giocando sul suo apparente svantaggio di "uomo bianco": sarà l'inizio di un'amicizia che porterà i due ad iscriversi ad un torneo in coppia per poter guadagnare la cifra utile ad entrambi per far riprendere una direzione sensata alla propria vita.
Ovviamente, le cose non andranno proprio da copione.
Personalmente, ho avuto un rapporto davvero curioso con il basket.
Fino ai quattordici anni, essendo alto praticamente un metro e un bluray a fronte di compagni di scuola in diretta dalle periferie dai connotati - e probabilmente anche dalle fedine penali - di quarantenni, il mio rapporto con la pallacanestro è sempre stato piuttosto conflittuale, tanto da lasciarmi ben ancorato al calcio e ai ricordi di quando, da bambino, con le mie scivolate in pieno stile Holly e Benji da terzino destro un pò bastardo facevo volare anche avversari due o tre volte più grossi di me.
Poi arrivò Slam dunk - il fumetto, non il cartone animato -, che, unito ad una crescita vertiginosa nel giro di un'estate - una ventina di centimetri almeno - tra i quindici e i sedici anni, portò una rivoluzione nel mio rapporto con lo sport in quegli anni dominato in lungo e in largo dagli inarrestabili Bulls di Michael Jordan.
Nel fumetto di Takehiko Inoue trovai il consueto riferimento di "cattivo" preferito in Mitsui, che divenne un modello per il mio modo di giocare basato principalmente sui tiri da tre - anche perchè, nonostante l'altezza non fosse più quella di un lillipuziano, con il mio metro e settantacinque non potevo certo pensare di fare della schiacciata il mio punto di forza -, e fu l'inizio di un triennio di campetti di cemento, pesi alle caviglie, tre contro tre selvaggi, un sacco di fatica e altrettanto divertimento.
Ma per quale motivo, starete pensando, mi sono dilungato in questo sproloquio da tempi andati legato al basket "di periferia"?
Semplicemente perchè, pur non essendo affatto un film memorabile, credo che Chi non salta bianco è sia indubbiamente il miglior prodotto legato a questo sport assolutamente entusiasmante nella sua accezione da strada, quella lontana dai parquet e dalle grandi stelle, giocata a suon di provocazioni e qualche spinta di troppo di fronte ad un anello dalla rete metallica - in genere, quelle normali vengono irrimediabilmente strappate a tempi di record, spesso da gente che non gioca e non coglie l'importanza delle stesse per chi le usa come un mirino quando fa partire il tiro - e sempre e comunque fino all'ultimo punto - in questo caso, difficile parlare di secondi -.
Se, infatti, Space Jam si concentra sull'aspetto ludico di questo sport e Voglia di vincere sui sogni di gloria di qualsiasi giovane giocatore, Chi non salta bianco è ci trasporta nell'atmosfera street di quei primi anni novanta a metà tra il "Fight the power" dei Public Enemy e le spacconate in pieno stile amicizia virile che tanto piacciono a noi maschietti sempre in cerca di un buddy con cui aggirarci per i bassifondi a fare culi a strisce a destra e a manca.
Divertente e ben realizzato nelle fasi di gioco, il film si concentra anche sull'aspetto - tipicamente anni novanta anche questo - da commedia romantica destinata a non finire così bene del periodo, risultando tutto sommato abbastanza credibile ed attuale anche ora, nonostante quella che è stata l'epoca della mia adolescenza risulti oggi una scheggia impazzita di un'altra epoca a tratti apparentemente più distante dei precedenti ed incredibili eighties.
Ottima la colonna sonora, che passa da Hendrix ai Cypress Hill, discreti sia Harrelson che Snipes - che risulta più credibile come cazzone in stile Eddie Murphy piuttosto che come duro spaccaculi da film action -, godibile al massimo la vicenda: insomma, un filmetto che intrattiene da scoprire o riscoprire con gli amici più stretti in una serata da sbronza o, perchè no, prima o dopo una bella partita, pensando quasi di essere di fronte ad un fratellino - molto, molto minore, sia chiaro - di Point break.
MrFord
"L. a. Lakers fast break makers
kings of the court shake and bake all takers
back to back is a bad ass fact a claim that remains in tact
m-a-g-i-c see you on the court
buck has come to play his way and his way is to thwart
m-a-g-i-c magic of the buck."Red Hot Chili Peppers - "Magic Johnson" -