Chi obbliga gli autori a trasformarsi in promotori

Creato il 08 settembre 2011 da Autodafe

di Cristiano Abbadessa

In una piccola casa editrice l’attività di promozione pesa necessariamente sulle spalle dell’editore e dell’autore, congiuntamente. Non avendo un ufficio stampa ammanicato con tutti i grandi media del settore e non avendo la pila di euro da mettere sul tavolo delle agenzie di promozione (o di pubblicità), il piccolo editore non può che costruire con fatica un percorso fatto di relazioni, contatti, organizzazioni di eventi, recensioni e virtuosi passaparola. L’autore, dal canto suo, svolge in parte le stesse mansioni, magari con una maggiore attenzione all’ambito territoriale, sia in termini di rapporti coi media locali che di opportunità di eventi.
Buona parte del percorso promozionale dell’opera edita da un piccolo editore passa, inevitabilmente, per il web. Più aperto e ricettivo, per ora meno legato a grandi logiche di mercato e potere, a volte sinceramente democratico e in ogni caso molto curioso, il popolo della rete, anche nelle sue forme maggiormente organizzate, offre (o dovrebbe offrire) spazi ideali per il primo lancio di un’opera poco visibile nelle librerie e rappresenta la sede opportuna per avviare il passaparola che promuova a un pubblico più vasto i titoli meritevoli di attenzione.
Poiché, si diceva, all’autore spetta principalmente, per forza di cose, il lavoro sul territorio che gli è prossimo, la maggior parte dello sforzo per la promozione sul web dovrebbe ragionevolmente toccare all’editore. Purtroppo non è così. E non per volontà degli editori.
Il fatto è che vi sono numerosi siti letterari, spesso vere e proprie community di un certo valore e di notevole capacità di attrazione, che escludono a priori l’editore dalla possibilità di prendere contatti. Sono disponibili, e sollecitano, a che gli autori inviino le loro opere e si propongano per una recensione, ma non accettano che queste segnalazioni provengano dall’editore. Sono orgogliose comunità di autori o aspiranti tali, in prevalenza, ed escludono qualsiasi contatto “impuro”, ovvero che non abbia l’autore come interlocutore diretto.
Purtroppo, così facendo non è affatto detto che si faccia un favore all’autore, al quale tocca di fatto sobbarcarsi una fetta di lavoro promozionale che l’editore potrebbe svolgere con maggiore agio (avendo fra l’altro da promuovere più titoli e potendo quindi fare una sorta di “economia di scala” nella gestione dell’attività promozionale).
Forse lo scopo iniziale di questi siti è nobile, perché intende dare maggiore visibilità agli autori. Però si avverte anche quel sottile fastidio di chi tratta gli editori (tutti, senza distinzioni) come la controparte. Ora, a parte il fatto che per la piccola editoria (ma talora anche per la grande) il rapporto con l’autore non può obbedire a schematizzazioni tanto rozze, va sottolineato che in questo modo non si favorisce in alcun modo l’autore. Perché l’editore, visto a volte come colui che specula e guadagna sull’altrui talento, non incassa di più o di meno a seconda che la promozione sia svolta da lui stesso o dall’autore. E la percentuale dell’autore, parimenti, non è più alta sulle vendite che indirettamente (e in modo peraltro difficilmente verificabile) sono state determinate da una promozione svolta da lui in prima persona. Quindi, se la nuova e maggiore visibilità procura più vendite, nulla cambia nella ripartizione degli incassi tra le parti coinvolte. Ma cambia che l’editore, per paradosso, si ritrova sollevato da un lavoro che viene invece scaricato sulle spalle dell’autore; e proprio da coloro che degli autori si proclamano paladini e che hanno l’aria di guardare all’editore come al bieco padrone delle ferriere.
A volte, poi, questa preclusione genera problemi organizzativi di cui si potrebbe fare a meno.
Perché, per esempio, i siti che accettano l’invio di e-book pongono l’autore in una condizione di impossibilità: infatti, i distributori online di e-book mettono a disposizione degli editori (ovviamente degli editori: è un rapporto tra imprese) dei servizi di distribuzione del prodotto validato, come una sorta di ufficio stampa. Ma l’autore non ha accesso a questo servizio, e può al massimo far girare la propria copia dell’e-book; il che rischia di essere come inviare delle fotocopie al recensore, in luogo del libro stampato.
In ogni caso, la maggior parte delle community letterarie predilige ancora la vecchia carta, e chiede quindi l’invio di una copia del libro. Rigorosamente inviata dall’autore, ovviamente. Peccato, perché un editore potrebbe inviare, con minore costo, tre o quattro titoli in una sola volta, mentre così abbiamo tre o quattro autori che devono inviare ciascuno la propria opera. Siccome, poi, l’autore, già seccato di essersi dovuto pagare la spedizione, chiede giustamente all’editore di reintegrargli la copia che ha spedito come saggio, ecco che l’editore deve a sua volta accollarsi la spedizione di tanti libri quanti i suoi autori sono riusciti a farne circolare. Praticamente, le spedizioni vengono in questo modo raddoppiate o triplicate per raggiungere il semplice scopo di avere una copia sul tavolo del recensore.
Diciamo che Poste Italiane o i vari corrieri non sarebbero stati capaci di ideare un sitema più conveniente, per loro.


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