Chi perde un amico

Da Robertodragone

Sì, ci ho parlato ieri, agente. Mi ha chiamato di mattina. Io ero a letto con la mia ragazza quando il cellulare ha squillato. Non ho risposto. Sa, ero, per così dire, impegnato con la mia ragazza. Subito dopo la chiamata è arrivato un sms, così ho pensato che, se ciò che volevano dirmi per telefono poteva essere anche scritto in un sms, perché hanno prima chiamato? Ok, mi scusi, sarò più conciso. Dopo una mezz’ora, diciamo, ho letto l’sms ed era di Bruno, diceva di vederci per pranzo al Palozzon, un locale che frequentavamo insieme anni fa. Se ci andasse, agente, chieda di Elena e le dica che la mando io. Il servizio è ottimo, tuttavia è un po’ costoso. Sì, mi scusi. Allora, ho provato a richiamare Bruno per disdire l’appuntamento, ma non sono riuscito a rintracciarlo. Ho sbuffato, non avevo molta voglia di vederlo. Sì, ma un tempo, ora non ci frequentavamo più come una volta. Direi che non era più il mio migliore amico. Dove ero arrivato? Ah sì. Beh, era quasi orario di pranzo, così mi sono vestito. Ha idea cosa significa alzarsi dal letto la domenica mattina prima che sia mezzogiorno? Dico quando non è di servizio. Ah, va bene. Mi sono diretto al Palozzon con tutta calma, e nonostante fossi in anticipo di quasi tre quarti d’ora, Bruno era già lì. Saltando i soliti convenevoli… Ah, beh, l’ho trovato un po’ sciupato, sembrava non dormisse da settimane. Inoltre era dimagrito, e non che egli fosse chissà quale cicciabomba prima, quindi ieri era praticamente uno scheletro che camminava. Non ci vedevamo da mesi, durante i quali ci siamo sentiti rare volte su facebook. Io ho likeato qualche suo sfizioso link, lui no, non likeava mai nulla. Comunque, sembravamo due sconosciuti. Come stai, come va il lavoro, l’amore, e bla bla. No, certo che la prendo sul serio, agente. Intendo dire che ci siamo posti a vicenda le solite domande che dei vecchi amici si fanno dopo tanto tempo che non si vedono. Beh, tipo gli chiesi se avesse ancora paura dei buio, sa, così per dire. Quando gli chiesi cosa avesse, perché era tutto pallido e si guardava intorno come se ci fosse qualcuno a spiarci, Bruno scoppiò in lacrime. La gente seduta agli altri tavoli ci guardò, che pensasse che io e Bruno fossimo due amanti e che io lo stavo lasciando? A questo ho pensato. Rincuoravo Bruno, dicendogli, prima di calmarsi, poi di smetterla che ci stava facendo fare una figura di merda. Non frequento più il Palozzon, ma avevo comunque una reputazione da difendere. Bruno ha smesso di piangere dopo qualche attimo, come se quel pianto fosse uno starnuto. Ho avuto l’impressione che ultimamente piangesse spesso. Non so perché. Sembrava una crisi, una veloce crisi, che lo aveva fatto scoppiare in lacrime all’improvviso. Alla fine del pianto si è scusato, io ho sorriso alla gente che ci guardava dicendo loro che Bruno era stato appena lasciato. No, non lo sapevo ancora che Giulia lo aveva lasciato veramente, la mia era una scusa per non apparire l’amante che lasciava il suo ragazzo in un locale in. Lo sguardo di Bruno era assente, guardava il vuoto. Sembrava fosse una statua, oppure uno di quei mimi che interpretano le statue nelle piazze o nelle vie. Poi a un certo punto iniziò a parlare. Mi disse che non sapeva con chi parlare né che cosa dire, ma che voleva parlare con qualcuno. Era depresso, confuso, disse, e non dormiva da settimane. Glielo avevo detto, agente. Ho un ottimo intuito. Dice che potrei fare il CSI? Ok. Poi mi chiese aiuto. Voleva che gli sciogliessi qualche nodo, che ascoltassi i suoi lamenti per poi rincuorarlo un po’, voleva solo un po’ di compagnia. Non sapevo che dire, così continuò.

Una mattina ti svegli e ti senti stanco, non vuoi alzarti dal letto perché sai che giornata ti aspetta, e non vuoi viverla. Ma non hai scelta. Ti ritrovi a pensare a ciò che hai perso, così, una mattina qualunque, poi ti guardi allo specchio e ti trovi con la barba lunga, un uomo diverso, con le borse sotto gli occhi, uno sguardo stanco e arrabbiato. Ti chiedi, tu che sei sempre stato attento alla tua crescita e al tuo cambiamento, quando sei diventato tu e come hai fatto a non accorgertene. Ma soprattutto ti chiedi quando hai perso il controllo di te stesso, e come hai potuto permette alle situazioni di schiacciarti tanto da farti diventare piccolo piccolo. Se ci pensi un solo attimo, la tua vita ti sembra una strada senza via d’uscita, la quale ti pone scelte che non ti piacciono né ti appagano. Ti chiedi dove tu possa trovare un po’ si serenità, ma non sai risponderti. E come ne esci? Non ti piace un lavoro lo lasci; non ti piace la casa e la cambi, o la rinnovi; non ti piace la ragazza e la molli; ma come fai a uscire da qualcosa che… Che sei tu? Ti confesso di non aver provato tutte le strade possibili, ma perché sono stanco. Come se avessi novant’anni, mi sento sempre apatico, annoiato, e ho voglia di urlare contro chiunque. La colpa è solo mia, ma non so perché, do la colpa anche alle persone per avermi reso quello che oggi sono. Purtroppo però, loro continuano a vivere sereni perché per loro non sei nient’altro che un No detto. Te che invece hai dovuto vivere il loro No lo subisci per tutta la vita. Giulia mi ha lasciato, vuole il divorzio. Perché va a letto con un altro. Mi chiedo come abbia potuto rovinare tutto, eravamo così legati, infiniti, felici. Poi così, da un punto in bianco, si è fatta chiavare da un altro cazzo. Non le donne, ma dico chi le capisce, le persone. Quando hanno ciò che per una vita hanno chiesto, allora tendono a rovinarlo, solo perché possono. Per dimostrare che, anche nel caso di un matrimonio, situazione chiusa e monotona, esse hanno scelta. E anche se non voglio far soffrire, anche se non voglio distruggere, distruggono e intristiscono persone. Le altre persone, sì, perché guai chi tocca la loro felicità. Gente che lascia senza motivo per poi lamentarsi quando succede loro la stessa identica cosa. Che falsità. Sono stanco. Ma Giulia è solo l’ultimo dei miei problemi. Sono confuso, ma non so su cosa. Non so dove andare a parare per ritornare a essere un po’ sereno, giusto un po’. Ritrovare quell’equilibrio che tanto mi piaceva, che tanto mi stava bene, mi calzava a pennello. Non so cosa voglio da te, amico mio, forse solo che mi ascolti. Ti va, vecchio amico mio?

Elisabetta, la mia ragazza, mi aveva detto che la sera mi avrebbe dato una cosa. Pensavo a cosa potesse essere. Io credevo fosse un nuovo completino intimo, sa, mi piacciono bianchi con i merletti. Invece era… Ah sì, beh, alzai lo sguardo e lo trovai che mi fissava. Improvvisamente, gli dissi che lo capivo, e che sarebbe andato tutto bene. Lui sorrise, poi così, si alzò e se ne andò. No, non lo fermai. gli urlai solo un ciao, e gli dissi che ci saremmo visti presto. No, non avrei mai immaginato che avrebbe fatto un gesto così estremo. Ma sa, alcune persone a volte si perdono, e impazziscono. Tu ci puoi fare poco. Io ho tentato di aiutarlo! Infondo mi sono alzato presto dal letto.


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