Sul palco – che non è un vero palco, perché non è sopraelevato, ma pavimento allo stesso livello del pubblico – c’è una bellissima sediapoltrona bianca, un leggio (da cui cadranno vari fogli) e un pianoforte. Mell Morcone accompagna il poeta, nei panni di Tom Waits (cit.), artista amato da Cinaski. Diverse sono le influenze e gli inframezzi musicali nel corso di questa Contraddizione (Jannacci, De André, Bruno Lauzi) che non è una contraddizione, ricordiamolo, perché da sempre gli spettacoli di Cinaski sono stata accompagnati dalla musica, espressione contigua di ciò che scrive e recita.
Cinaski parla di cose di tutti i giorni, come i suoi gatti, la pioggia e il lavoro, e di cose assolutamente lontane da tutti i giorni, come un faro e delle ostriche. Lo fa in modo sincero e diretto, aiutato dalla sua voce calda e dalla sua vena ironica. Lo fa con la schiettezza delle cose semplici, ed è bellissimo, proprio come dice uno dei suoi versi e come diciamo noi forse non più tutti i giorni. Perché nonostante non sia affatto facile vivere questa vita, in questo paese, con questi elementi politici e sociali, lui non rinuncia ad alzarsi dal letto senza il sorriso o ad uscire di casa senza ritornarci. La sua forza, la sua energia, nasce già da quell’atteggiamento che definirei quasi “allegro”, (altri direbbero forse beat, recuperando il senso originario del termine), e che si rivela positivo già quando la mattina vede l’alba, che sia appena alzato o che stia per andare a dormire. Uno sguardo poetico puro che è il motore della sperimentazione e della non rassegnazione. Parlare, scrivere, leggere, senza sapere se farà del bene o del male, ma facendolo, spontaneamente. E spontaneamente, non si può che ringraziare di questo occhio così lucido e pieno di verve, così capace di traffigere il cuore con le sue parole e immagini.
Così come non si può dissociare Vincenzo Costantino Cinaski dalla musica non lo si può dissociare dai suoi trascorsi, essendo passato alle cronache per aver portato John Fante nei bar, teatri e osterie milanesi, per aver ripreso Ginsberg, Carnevali, Kerouac, Bukowski (e altri ancora), prima che diventassero così di moda e per averne parlato alla sua maniera, forte e chiara. Il Teatro della Contraddizione ospita le sue serate da oltre un anno, dandogli completamente carta bianca, per ammissione dello stesso Marco Maria Linzi.
E se tutto ciò vi sembra assurdo o finto, fidatevi, non c’è simulatezza in questo teatro e in questi teatranti, ma la semplicità di chi guarda lungo, di chi guarda oltre. Semplicità, facoltà che si è quasi completamente perduta e come invece sono le cose belle davvero, insegna Cinaski. Come le poesie che ti riappacificano con il mondo.
I progetti di Cinaski proseguono qui e raggiungeranno varie zone di questa sgangherata penisola; la rassegna in Contraddizione chiude per la fine della stagione teatrale, con la certezza, già dichiarata, di essere perpetrata l’anno prossimo.