David Bowie è morto. Sinceramente una notizia che, una volta smaltita la sorpresa, mi ha lasciato curiosamente freddo. Come se, in un certo senso, la morte di Bowie fosse un semplice episodio, sia pur rilevante, in una vita interminabile. No, non intendo dire banalità tipo «Resterà sempre con noi» o «È andato a comporre musica direttamente per Dio», ma semplicemente osservare che Bowie ci ha abituato a una tale quantità e varietà di apparizioni da suscitare il dubbio - immotivato ma impossibile da rimuovere - che egli fosse comunque "altrove" rispetto al resto del mondo. Non è affatto male per un personaggio dalle mille facce, divenuto tutt'uno con l'essere umano che lo impersonava. Le apparizioni di Bowie in veste di attore sono state numerose - dal marziano de L'uomo che cadde sulla Terra al re dei Goblin in Labyrinth, a Niklas Tesla in The Prestige al Maggiore in Merry Christmas mister Lawrence - ma tutto sommato non così abbondanti da lasciare un ricordo indelebile, ma in qualità di compositore e cantante ha fatto davvero di tutto o quasi. È passato da Space Oddity a The man who sold the world (un riferimento al romanzo di Cordwainer Smith, uno dei tantissimi richiami alla letteratura fantascientifica del Nostro) e Hunky Dory a Ziggy Stardust and the Spiders from Mars, creando non pochi dubbi sulla sua sessualità - come si trattasse di qualcosa di realmente importante -, a Diamond Dogs e poi a Heroes e alla Berlino della fine degli anni '70. Seguì il Bowie anni '80 di China Girl e di Blue Jean e poi l'esperienza biennale con i Tin Machine. Poi gli anni '90 aperti con Outside, disco, ancora una volta, assolutamente inatteso. E poi la parte più recente - e l'ultima - della carriera, con gli album The Next Day e Blackstar. Tutti dischi che ho quantomeno ascoltato più volte, anche se devo ammettere una particolare passione per Outside e per i Tin Machine.
Ma se provate a ricostruire mentalmente le apparizioni di Bowie nei vari decenni ne avrete un ritratto complesso, ricco di sfumature e ricchissimo di influenze. Provare a stilare anche solo per sommi capi l'elenco di tutti i musicisti con i quali ha collaborato nel corso della sua vita sarebbe come stendere l'elenco telefonico di una città di media grandezza. Ma la sensazione di non avere ancora terminato di conoscerlo è comunque presente e questo breve e superfluo commento è soltanto l'ammissione di una felice sconfitta. David Bowie accompagnerà questo mondo ancora per bel pezzo, persino quando io non ci sarò più. Il che è seccante, ammettiamolo. ... Per chiudere tre pezzi scelti nella lunghissima carriera di Bowie. Il primo è Space Oddity:
Il secondo è con i Tin Machine, Under the God: