golpe Tejero, 1981
Quelli che hanno più di quarant’anni forse ricorderanno che il 23 febbraio 1981 un manipolo di militari spagnoli al comando del colonnello della Guardia Civile Antonio Tejero irruppe nel Parlamento di Madrid mentre il Congresso stava votando la fiducia al nuovo governo di Leopoldo Calvo Sotelo, rischiando di mandare la Spagna sotto una dittatura. Non scrivo per l’effetto di un’emozione isterica, ma ho tutta la sincera preoccupazione che non siano pochi gli elementi di vicinanza di quell’episodio alla situazione che stiamo vivendo e a quei pronostici effettuati dal Piano di rinascita democratica della Loggia P2 di Licio Gelli. Chi sono i golpisti di oggi? I partiti che cercano di porre rimedio al precipizio nel quale siamo caduti, o quelli che spingono la situazione fino al limite di rottura e di insostenibilità? Questa volta non ci sono colonnelli e generali con le pistole in pugno che tengono sotto scacco un intero Parlamento. Le forme e i tempi sono diversi e le tecniche golpistiche si sono raffinate. Sarà una esagerazione la mia, ma voi come lo chiamate lo sbarramento che il M5S ha messo contro la nascita di un governo? O meglio, come definireste l’elezione di uno stuolo di deputati e senatori che ricevono il mandato da un esterno di non rispondere alla Nazione, bensì a un estraneo che li ha fatti eleggere? Chi fosse interessato a prenderne visione forniamo, qui di seguito, il testo del famigerato Piano di rinascita con il commento che ebbe a farne Marco Travaglio: http://st.ilfattoquotidiano.it/wp-content/uploads/2010/07/Il-Piano-di-rinascita-democratica-della-P2-commentato-da-Marco-Travaglio.pdf?adf349
Il lettore troverà non pochi punti di contatto con quanto sta accadendo ai nostri giorni, nel gioco della finzione che diversi soggetti (partiti e movimenti), oltre ai fantasmi che se ne stanno dietro le quinte, vanno assumendo con il loro silenzio oppure con le loro azioni sconcertanti quali sono l’occupazione di un organo inviolabile qual è il Parlamento ridotto a scenario di un teatrino, o a luogo di bivacco; oppure l’impedimento a costituire un governo mentre tutti precipitiamo nel caos; o ancora la sostituzione dei parlamentari con il potere decisionale esterno di chi vuole imporsi come titolare di diritti di comando e di potere quando formalmente non ne ha nessuno.
In Sicilia c’è un antico proverbio che definisce l’atteggiamento di chi vuole farsi ragione pur trovandosi dalla parte del torto e senza averne i requisiti. Ed è questo: “Pigghiari di ‘ncapu pi nun cariri” (sopraffare l’altro per non soccombere). E’ la tattica che sta usando qualcuno per realizzare il piano suo e della sua combriccola.
Giuseppe Casarrubea