E' deprimente osservare il ricorso a battute da bar d'alta quota per dare una botta al cerchio della libertà di espressione e una alla botte della libertà religiosa!
Se ci pensiamo bene non c'è dicotomia tra queste due libertà perché in definitiva la libertà religiosa è una libertà di espressione, per cui sfugge la necessità di conciliare queste due libertà oppure questo goffo tentativo di conciliarle denuncia una di quelle situazioni in cui si parla di una cosa ma si pensa a un'altra. Equivoci che capitano quando non si chiamano le cose con il giusto nome!
Se di libertà vogliamo parlare dobbiamo ammettere sia la libertà di credere in una religione sia la libertà di non credere a nessuna religione e magari trovarle ridicole. Se di libertà vogliamo parlare dobbiamo fare la massima attenzione ai casi in cui una libertà esclude un'altra libertà ma per fare questo dobbiamo essere intellettualmente onesti e chiamare le cose con il loro nome.
Da parte mia penso che le religioni non siano ridicole, infatti penso siano tragiche, sebbene nel mio pensiero il tragico e il comico siano inscindibili. Contrariamente a qualche convinto positivista non credo affatto che liberarsi delle religioni migliori l'umanità, un "esperimento" in questa direzione la storia lo ha già offerto e l'esito è stato tutt'altro che felice. Ad ogni modo basta poco per capire che ridicolizzare una religione può essere di cattivo gusto, ma in sé non impedisce di professare quella religione, quindi non limita la libertà religiosa. Peraltro se si crede in Dio non serve un fine teologo per capire che pensare che sia possibile offenderlo con una vignetta è un pensiero blasfemo, se non altro perché lo stai considerando un po' coglione se lo devi difendere da ogni bava di vento ricorrendo perfino alla violenza. In questo caso una libertà verrebbe davvero limitata.
Allora di cosa stiamo parlando? Di banale permalosità? Di una forma di suscettibilità infantile?
Se tengo a qualcosa è assolutamente normale il mio desiderio che quella cosa non sia "giocattolizzata" ma non sono preso da accessi morbosi per sentirmi offeso da chi la "giocattolizza" se non limita la mia libertà di coltivare la mia aspirazione, semplicemente lo ignoro! Senza ricorrere a esempi banali e fuori luogo, come l'offesa alla mamma o al papà, nello specifico di cosa stiamo parlando? Da un lato stiamo parlando di gente che lavorava in un giornale satirico che pubblicava vignette senza fare proselitismo o opera di dissuasione nelle moschee, nelle chiese, nelle sinagoghe o in qualunque altro tempio. Le vignette potevano piacere o non piacere ma di fatto non impedivano a nessuno di esercitare il proprio credo religioso. Dall'altro lato stiamo parlando di psicopatici che conoscevano quelle vignette, le osservavano, le cercavano attivamente, in definitiva le desideravano per coltivare la propria morbosità, per poter dire "quel giocattolo è mio e non si tocca."
Allora, se chiamiamo le cose con il loro nome chi sta giocattolizzando cosa?