Parto dalla fine, non me ne vogliate, ma visto che nonostante sia stato a Chiang Mai tante volte questa è la prima in cui ne parlo ho deciso di iniziare tirando le somme di questo ennesimo viaggio... poi vi racconterò i come, i dove, i cosa e i perché.
In realtà potrei riassume tutto con la frase che mi ha accolto al Chiang Mai Elephant Camp del Pandatour:
" ...qui gli elefanti noi ce li abbiamo, li compriamo e li affittiamo per voi turisti... "
niente di più e niente di meno!
Potrei finire così queste considerazioni a caldo dei 3 giorni che ho trascorso nelle foreste che separano Chiang Mai dalla Birmania. Una visione senza dubbio disincantata ma quantomeno onesta e realistica di quello che è la Thailandia, un paese che vive di turismo e che offre ai suoi visitatori pacchetti ben confezionati per tutti i gusti e tutte le tasche. Sembrava quasi di essere in un'autoconcessionaria e che invece di parlare di elefanti stessero per mostraci delle macchine.
Avessi potuto avrei immortalato le espressioni basite dei turisti che mi stavano accanto. Ma ho preferito girare il coltello nella piaga e, alla prima occasione, ho chiesto all'istruttore quanti elefanti vivono ancora in completa libertà in Thailandia
..."Qui al nord nessuno, qualche decina nella zona di Khao Yai..."
Almeno un paio di persone hanno sgranato gli occhi e pensato di andarsene prima ancora di vedere un elefante da vicino. Probabilmente si aspettavano una realtà diversa, fatta di foreste incontaminate e animali allo stato brado.
Io ho sorriso e ho pensato che il tipo che avrei avuto come istruttore per la prima giornata, dall'aria sbarazzina e l'accento così 'British' da far dimenticare le sue origini - tradite solo dagli occhi a mandorla - quantomeno non stava cercando di prenderci per il culo e tanto meno di ' vendere ghiaccio agli eschimesi '.
Un buon inizio. Una premessa inattesa ma che dentro di me speravo!
Se m'avessero accolto raccontando cazzate fin dall'inizio credo che, indipendentemente dalla bellezza dei luoghi e dalla bravura degli istruttori, non mi sarei goduto questa esperienza. Invece ho imparato molto in soli 3 giorni... e non solo a proposito di elefanti.
Le persone che ho incontrato qui amano i loro elefanti! Li amano nonostante la catena che gli mettono al piede o l'uncino che usano quando necessario per tenerli sotto controllo. Li amano perché per loro rappresentano l'unico 'bene', l'unica possibile fonte di guadagno, l'unica realtà lavorativa a cui possano ambire. Per molti non c'è nulla al di fuori dell'essere un mahout - la parola stessa che usano l'hanno adottata per noi turisti visto che quella in tailandese, che da quanto ho capito sarebbe quan chang ควายช้าง (letteralmente colui che guida l'elefante) nessuno la conosce e così, si adattano a usare quella più famosa.
Per tutte queste persone l'elefante non è un animale ma è un membro della famiglia:
ne ricordano il nome, l'età; ne sanno descrivere il carattere e le abitudini, le simpatie e antipatie, quello che gli piace e quello che invece detestano o di cui hanno paura.
Ne riconoscono la pericolosità senza sottovalutarla mai! L'aspetto pacato, l'occhio languido e le movenze al rallentatore ingannano... Giocando con Linchee - la più giovane dei loro 11 elefanti, di soli 2 anni e mezzo - ho capito che gli oltre 40 mila muscoli della loro proboscide possono scaraventare un uomo a diversi metri senza il minimo sforzo. Sotto le 3 o 4 tonnellate di peso di un esemplare adulto, delle ossa di una persona non resterebbe che la polvere.
Queste gente, spesso di umili origini, ha saputo reinventarsi un lavoro. Quando sono arrivati i trattori e i camion a fare i lavori pesanti anche nelle montagne, a loro non restava che cercare un'alternativa e, di certo, abbandonare un membro della famiglia, non era l'alternativa che volevano. Ecco che sono sorti i "campi di elefanti"... piccoli zoo dove questi animali, invece che spostare tronchi o trasportare oggetti, portano a spasso i turisti. Ce ne sono tanti, non solo qui in Thailandia. Ne ho visitati diversi e di certo questo del Pandatour non è il migliore per etica e presupposti ecoambientalistici. Sono quantomeno onesti e raccontano le cose come stanno, senza infiocchettare il loro campo elefanti per venderlo come il migliore. Mettono a disposizione di chi viene in queste terre tutto un ventaglio di possibilità, dalla mezza giornata da vero turista su un'instabile portantina adagiata sul pachiderma, ai 10 giorni da volontario che spala la merda la mattina e va a dormire con le ossa rotte la sera. Avessi potuto avrei comunque scelto la seconda opzione ma invece ho dovuto accontentarmi di una via di mezzo!
Ovviamente alla fine dei conti c'è sempre un adeguato compenso monetario che serve a coprire le spese per gli oltre 200 kg di cibo quotidiano che ogni singolo elefante manda giù, gli stipendi delle tante persone che mandano avanti la baracca anche quando per via delle piogge i "volontari" scarseggiano e, perché no, un po' di guadagno per le tasche di chi ha avuto il coraggio di mettere su il tutto e ci mette il suo impegno quotidiano.
Io avevo fatto una lunga ricerca su dove andare e quanto stare ma, come al solito, alla fine ho fatto un po' contrario di quello che avrei voluto...lasciando al caso la possibilità di insegnarmi ancora una volta come dietro ogni realtà si celano mille verità. E così tirando le fila mi rendo conto che voglio solo ringraziare Den che mi ha fatto da guida in questo percorso, spiegandomi le basi dell'essere un mahoud, facendomi capire l'uomo che c'è dietro un lavoro così antico, immortalando con la sua macchina fotografica alcuni dei momenti più belli al campo e togliendomi con una spallata da sotto il sedere di un elefante che aveva candidamente terminato il suo ciclo digestivo!
Grazie di tutto e arrivederci a presto!