Su “Il Foglio” è stato recentemente recensito un libro del 2009 (“Buoni genitori. Storie di mamme e di papà gay”) dell’infaticabile tuttologa Chiara Lalli, colei che passa con tranquillità dal sostenere che l’anima non esiste, che l’istinto materno non è una naturale e innata competenza femminile, che in fondo abortire è bello, finendo col legittimare il “regalo di neonati” (pratica subdolamente chiamata “gestazione per altri”).
Nel suo libro la Lalli parla dei fortunati bambini rifilati a coppie gay dopo essere stati sottratti alle loro madri, definite dalla Lalli “prestatrici” d’utero, spiegando di non capire gli “stereotipi e pregiudizi”, diffusi anche tra omosessuali eretici, tipo quello “tra i peggiori”, secondo cui “la figura materna” sarebbe “indispensabile”! (p. 237).
Dunque la retorica anti-femminista di Chiara Lalli è chiara: la madre, dunque la donna, non è indispensabile perché non avrebbe nulla di specifico da rivendicare come proprio. A questo punto sorge una domanda: a cosa servono le tanto decantate quote rosa? Se la donna non è indispensabile in una famiglia, come ci insegna la Lalli, figuriamoci in un partito politico oppure in un’azienda (magari a gestione familiare)!
La redazione