Un mese è passato da quel 28 febbraio, il giorno in cui Chiara ha riscoperto la vita, quella vera, dopo che la madre l’aveva imprigionata in casa per otto anni. La notizia e le foto dell’abitazione dove era stata rinchiusa hanno fatto il giro dell’Italia ma oggi la giovane, a piccoli passi, sta cercando di rinascere da quell’inferno.
Quello di Chiara, però, potrebbe non essere l’ultimo caso: «In realtà – spiega al Corriere Francesco Blasi, segretario dell’associazione Sergio Piro (da sempre impegnata per il rispetto dei diritti della persona con disagio psichico) questo potrebbe essere un grande problema. A Napoli, e più in generale in Campania, mancano le strutture intermedie per questi pazienti. A breve una soluzione potrebbe essere quella di farla soggiornare in una comunità riabilitativa, ma non può essere una soluzione definitiva. Ecco perché insisto nel dire che quella della salute mentale deve essere una filiera, che non può interrompersi così bruscamente. Sarebbe bene che de Magistris ne prendesse atto, che il sindaco rendesse operativo l’osservatorio per la salute mentale così come richiesto dalla nostra associazione. Il sindaco, del resto, è la prima autorità sanitaria di un Comune, ed è proprio lui che firma i trattamenti sanitari obbligatori».