Mi è capitato più volte di leggere, nel corso degli ultimi anni, su molte riviste patinate e specializzate, commenti irriverenti nei confronti delle nuove produzioni artistiche figurative per chiese nuove o antiche. Principalmente la questione delle critiche verte su di un punto che, almeno all’apparenza sembra essere interessante, ovvero l’anacronismo del figurativo nella contemporaneità. Tale considerazione spinge poi ad ulteriori sviluppi tacciando di accademismo gli artisti figurativi contemporanei che si cimentano nella ricerca difficile di una “nuova carne per la trasmissione della Parola” come afferma Papa Francesco nella Evangelii Gaudium. Il passaggio della esortazione apostolica che riguarda magistralmente l’arte sacra è molto complesso e molto articolato e quindi, visto che sta passando sotto silenzio tra i più -sia nei commenti che negli approfondimenti che molte parrocchie e centri culturali stanno proponendo ai fedeli in questi mesi-, ritengo necessario porlo all’attenzione citandolo per intero. Si tratta del numero 167 che è inserito nel capito III dal significativo titolo L’annuncio del Vangelo, nel quale prima di parlare di arte come riflessione kerigmatica, puntualizza in tre capitoli che l’intero popolo di Dio è chiamato ad annunciare il Vangelo, che le omelie e le predicazioni vanno ben preparate ed infine, come esito per l’uscita della Chiesa nel mondo allo scopo di evangelizzarlo, si parla dell’annuncio tramite l’arte.Ma leggiamolo insieme attentamente: «È bene che ogni catechesi presti una speciale attenzione alla “via della bellezza” (via pulchritudinis).[129] Annunciare Cristo significa mostrare che credere in Lui e seguirlo non è solamente una cosa vera e giusta, ma anche bella, capace di colmare la vita di un nuovo splendore e di una gioia profonda, anche in mezzo alle prove. In questa prospettiva, tutte le espressioni di autentica bellezza possono essere riconosciute come un sentiero che aiuta ad incontrarsi con il Signore Gesù. Non si tratta di fomentare un relativismo estetico,[130] che possa oscurare il legame inseparabile tra verità, bontà e bellezza, ma di recuperare la stima della bellezza per poter giungere al cuore umano e far risplendere in esso la verità e la bontà del Risorto. Se, come afferma sant’Agostino, noi non amiamo se non ciò che è bello,[131] il Figlio fatto uomo, rivelazione della infinita bellezza, è sommamente amabile, e ci attrae a sé con legami d’amore. Dunque si rende necessario che la formazione nella via pulchritudinis sia inserita nella trasmissione della fede. È auspicabile che ogni Chiesa particolare promuova l’uso delle arti nella sua opera evangelizzatrice, in continuità con la ricchezza del passato, ma anche nella vastità delle sue molteplici espressioni attuali, al fine di trasmettere la fede in un nuovo “linguaggio parabolico”.[132] Bisogna avere il coraggio di trovare i nuovi segni, i nuovi simboli, una nuova carne per la trasmissione della Parola, le diverse forme di bellezza che si manifestano in vari ambiti culturali, e comprese quelle modalità non convenzionali di bellezza, che possono essere poco significative per gli evangelizzatori, ma che sono diventate particolarmente attraenti per gli altri»[1]
[1] Qui inserisco di seguito tutte le note del numero 167 della Evangelii Gaudium :[129] Cfr Propositio 20.[130] Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Decr. sui mezzi di comunicazione sociale Inter mirifica, 6.[131] Cfr De musica, VI, XIII, 38: PL 32, 1183-1184; Conf., IV, XIII, 20: PL 32, 701.[132] Benedetto XVI, Discorso in occasione della proiezione del documentario “Arte e fede – via pulchritudinis” (25 ottobre 2012):L’Osservatore Romano (27 ottobre 2012), p. 7.
[2]R.Papa, Discorsi sull’arte sacra, Cantagalli Siena 2012; ed in pubblicazione R.Papa, La missione dell’arte e Papa Francesco, Cantagalli Siena, 2015. [3] Gv 1,39