Segretario nazionale del Sap gli ha permesso di esprimere "La piena soddisfazione per l’assoluzione di tutti gli imputati" con una disinvoltura che abitualmente può trovare applicazione esclusivamente in uno stadio dove l’unica forma di dolore può derivare abitualmente da un goal mancato e non già dalla morte violenta di un giovane celebrata in un’aula di Giustizia. "Bisogna finirla in questo Paese di scaricare sui servitori dello Stato la responsabilità dei singoli, di chi abusa di alcol e droghe, di chi vive al limite della legalità. Se uno ha disprezzo della condizione di salute, se uno conduce una vita dissoluta, ne paga le conseguenze". Queste parole, in un contesto democratico che ne apprezzasse il loro peso, sortirebbero reazioni, conseguenze, interrogativi e dibattiti sul loro senso, sull’utilità e gli effetti di questa allegra scampagnata lessicale sul dolore di una famiglia nonché una minima inchiesta semantica sul concetto di vita dissoluta e al limite della legalità. Sarebbe da attendersi dal Segretario la spiegazione su quanto realmente produca paura in questo Paese e se l’abuso di alcol e droghe sia causa di morte per lesioni e se vi sia qualcosa di più dissoluto di un diritto calpestato. Andrebbe preteso che ci chiarisse se quelle parole siano rappresentative di tutto l’universo della Polizia o invece siano la personale interpretazione di un dramma o la recensione di un abominio. E ancora gli andrebbe richiesto se il silenzio seguito alle sue parole sia l’indicatore di un Paese dove domina sul diritto l’incertezza, sulla complessità della vita l’omologazione, sui drammi umani l’assenza di indignazione e l’ignavia. Per questo chiedo scusa alla famiglia Cucchi per questo oltraggio infinito, per questa deriva che non può rappresentare la totalità degli appartenenti alle forze di polizia neppure quelli a cui per regolamento è precluso il diritto di indignarsi e di affrancarsi dalla convivenza col divieto di opinione. Nel dubbio, semplicemente nel dubbio.
Chiedo scusa alla famiglia Cucchi per questo oltraggio infinito.
Creato il 04 novembre 2014 da FreeskipperSegretario nazionale del Sap gli ha permesso di esprimere "La piena soddisfazione per l’assoluzione di tutti gli imputati" con una disinvoltura che abitualmente può trovare applicazione esclusivamente in uno stadio dove l’unica forma di dolore può derivare abitualmente da un goal mancato e non già dalla morte violenta di un giovane celebrata in un’aula di Giustizia. "Bisogna finirla in questo Paese di scaricare sui servitori dello Stato la responsabilità dei singoli, di chi abusa di alcol e droghe, di chi vive al limite della legalità. Se uno ha disprezzo della condizione di salute, se uno conduce una vita dissoluta, ne paga le conseguenze". Queste parole, in un contesto democratico che ne apprezzasse il loro peso, sortirebbero reazioni, conseguenze, interrogativi e dibattiti sul loro senso, sull’utilità e gli effetti di questa allegra scampagnata lessicale sul dolore di una famiglia nonché una minima inchiesta semantica sul concetto di vita dissoluta e al limite della legalità. Sarebbe da attendersi dal Segretario la spiegazione su quanto realmente produca paura in questo Paese e se l’abuso di alcol e droghe sia causa di morte per lesioni e se vi sia qualcosa di più dissoluto di un diritto calpestato. Andrebbe preteso che ci chiarisse se quelle parole siano rappresentative di tutto l’universo della Polizia o invece siano la personale interpretazione di un dramma o la recensione di un abominio. E ancora gli andrebbe richiesto se il silenzio seguito alle sue parole sia l’indicatore di un Paese dove domina sul diritto l’incertezza, sulla complessità della vita l’omologazione, sui drammi umani l’assenza di indignazione e l’ignavia. Per questo chiedo scusa alla famiglia Cucchi per questo oltraggio infinito, per questa deriva che non può rappresentare la totalità degli appartenenti alle forze di polizia neppure quelli a cui per regolamento è precluso il diritto di indignarsi e di affrancarsi dalla convivenza col divieto di opinione. Nel dubbio, semplicemente nel dubbio.
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