Come ha ben descritto un filosofo attuale: ‘Generalmente, dal punto di vista psicologico, elargiamo ai bambini e ai giovani le nostre limitazioni, le nostre prigioni mentali, le nostre incompiutezze e le nostre ansie”. D’altronde è inevitabile: si trasmette ciò che siamo, oltre a ciò diciamo. I bambini, poi, sono particolarmente sensibili all’incoerenza, per cui anche se il messaggio verbale è irreprensibile - il comportamento o l’emozione che lo accompagnano fanno la differenza. Di fronte all’incoerenza o incongruenza, come minimo il bambino entra in confusione. Dunque, tanto per tornare alla saggezza popolare ’s’insegna con l’esempio’ - e aggiungerei s’insegna con ciò che siamo - come persone, come totalità del nostro essere.
E questo è in effetti il punto dolente: sappiamo veramente ciò che siamo? Abbiamo consapevolezza delle emozioni e dei pensieri che ci muovono, dei moventi dei nostri discorsi o comportamenti? Aldilà dei pistolotti psicopedagogici, che cosa trasmettiamo prevalentemente intorno a noi, nel nostro ambiente familiare? Armonia, una certa serenità e benessere o insoddisfazione, stress e rabbia? Non parlo ovviamente dell’episodio singolo di frustrazione o irritabilità, parlo del generale clima emotivo che ci contraddistingue.## Vedi post precedente e post successivo
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