"Chissà che faccia avrà", ha detto mamma a papà. E lui ha azzardato un'ipotesi, secondo la quale dovrei assomigliare a mio fratello, ritratto in una foto appesa al muro e in cui è visibilmente arrabbiato. Si tratta di uno scatto che fa parte di una sequenza di immagini risalenti a quando il mio fratellino aveva appena un mese e che lo ritraggono mentre passa, nel giro di alcuni secondi, dal sorriso a uno sguardo fra il pensoso e il preoccupato e, successivamente, al pianto e all'urlo più rabbioso. Papà fece queste foto durante una passeggiata con lui in pineta e si capisce bene come il suo intento non fosse quello di catturare un lato aggressivo del carattere di mio fratello, ma il forte temperamento così fuori luogo in quel corpicino di nemmeno sessanta centimetri disteso nella carrozzina. Un temperamento che ora papà ritrova in me, in certi momenti, quando scalcio con forza contro il corpo di mamma e quando rispondo con i miei movimenti alle loro carezze, come se volessi spostare la mano che mi tocca. Ecco perché papà dice scherzosamente che la mia è una faccia arrabbiata e lo afferma anche con un pizzico di orgoglio: intende dire che ho un carattere forte e reattivo e questo è un bene secondo i miei genitori.